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Ammiano Marcellino

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Le Rerum gestarum di Ammiano Marcellino

Ammiano Marcellino (circa 330 – post 397), storico romano.

Storie

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Dopo i narrati successi di quella insuperabile spedizione,[1] mentre languivano ancora gli animi d'ambe le parti, affievolite dalla varietà delle fatiche e dei pericoli; mentre non era per anco cessato il suonar delle trombe, né s'eran condotti i soldati agli alloggiamenti d'inverno; la procellosa fortuna, infuriando, suscitò altre tempeste nella Repubblica, per le molte e crudeli scelleratezze di Gallo Cesare: il quale trovatosi inopinatamente elevato, sul cominciare della sua gioventù, dall'ultimo squallore delle miserie[2] alla principesca grandezza, trapassando i termini della commessagli potestà, ogni suo fatto bruttava con eccessiva ferocia. E lo facevan superbo la stirpe reale, e la comunanza del nome coll'Imperatore[3]; e ben si vedeva che se gli fosse bastata la forza sarebbesi ribellato all'autore della sua fortuna.[fonte 1]

Citazioni

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Veritatis absolutio semper est simplex.
  • Per fuggire il fumo, va a cadere nella fiamma.[fonte 3][4] (XIV, cap. 11, par. 12)
De fumo ad flammam.
[M]agna cura cibi, magna virtutis incuria.
  • Non ci sono belve tanto infeste agli uomini quanto i più dei cristiani sono esiziali a se stessi.[fonte 5] (XXII, cap. 5, par. 4)
[N]ullas infestas hominibus bestias, ut sunt sibi ferales plerique Christianorum expertus
  • Il Serapeo, il cui splendore è tale che le semplici parole possono solamente sminuirlo, è talmente ornato di grandi sale colonnate, di statue che sembrano vive e tanta moltitudine di altre opere, che niente altro, eccetto il Campidoglio, simbolo dell'eternità della venerabile Roma, può essere considerato più fastoso al mondo. (XXII, cap. 16, par. 12)
[...] Serapeum, quod licet minuatur exilitate verborum, atriis tamen columnariis amplissimis et spirantibus signorum figmentis et reliqua operum multitudine ita est exornatum, ut post Capitolium, quo se venerabilis Roma in aeternum attollit, nihil orbis terrarum ambitiosius cernat.

Queste cose sono venuto narrando secondo le mie forze e per quanto poteva un uomo vissuto fra l'armi e greco di nazione, cominciando dal principato di Nerva sino alla morte di Valente; e facendo professione di verità non ho mai osato (così mi pare) corromperla di mia saputa né col silenzio né colla bugia. Scrivano il resto uomini più abili, fiorenti di età e di dottrina: i quali pigliando (se vogliono) cotale incarico, esercitino per mio consiglio la lingua a più nobile stile.[fonte 1]

Note

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  1. Contro Magnenzio.
  2. È noto che Gallo e Giuliano furon tenuti da Costanzo, mentr'erano giovanetti, in una prigionia da schiavi. Gallo poi avea venticinque anni quando fu sollevato al grado di Cesare.
  3. Fu detto Costanzo Gallo.
  4. Il popolo volendo fuggire la servitù degli uomini liberi, cade nell'acerbissima schiavitù dei servi. (2006)

Fonti

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  1. a b Le storie di Ammiano Marcellino tradotte da Francesco Ambrosoli, Fontana, Milano, 1829.
  2. Citato in 5000 Proverbi e Motti latini, p. 615
  3. Citato in 5000 Proverbi e Motti latini, p. 548
  4. Citato in Fernando Palazzi, Silvio Spaventa Filippi, Il libro dei mille savi, Hoepli, Milano, 2007, p. 999, n° 7920. ISBN 978-88-203-3911-1
  5. Citato in Silvia Ronchey, Ipazia: La vera storia, Rizzoli, Milano, 2010, p. 13. ISBN 978-88-17-04565-0

Bibliografia

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Altri progetti

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