André Vauchez

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André Vauchez nel 2013.

André Vauchez (1938 – vivente), medievista francese.

Il santo[modifica]

  • Così l'eremita italiano Giovanni Bono (morto nel 1249), che aveva passato la maggior parte della propria esistenza vicino a Cesena, in Romagna, quando avvertì l'approssimarsi della fine, tornò nella sua città natale, Mantova, a un tempo per un sentimento di fedeltà alla sua patria e per combattere, con l'influenza postuma delle sue reliquie, gli eretici che a Mantova tenevano allora delle salde posizioni. (pp. 376-377)
  • Fin dai primi secoli del cristianesimo, in effetti, l'idea di un patronato speciale esercitato dai servi di Dio sul luogo dove si trovavano le loro reliquie aveva riscosso un grande successo. Ben presto ciascuna città episcopale, cominciando da Roma con Pietro e Paolo, aveva avuto il suo sanctus proprius, custode accreditato delle sue mura e dei suoi abitanti. (p. 384)
  • A partire dal secolo XIII, questa aspirazione al patrono si ampliò estendendosi alle comunità profane: la più piccola città, la più modesta confraternita vogliono ormai avere un santo patrono proprio. Questo stato d'animo si manifestò con particolare vigore in regioni come l'Italia comunale o la Germania del Sud, dove il particolarismo e il patriottismo cittadino erano specialmente sviluppati; ma la rivendicazione non fu meno appassionata nei paesi periferici della cristianità, meno provvisti degli altri in fatto di santi e reliquie. (p. 384)
  • La ricerca sfrenata di un patronato da parte di individui e di gruppi portò allora allo sviluppo di due forme particolari di devozione: il culto civico e il culto dinastico. Il primo si trova soprattutto nelle regioni dove le città godevano di una reale autonomia politica; il secondo nei paesi di tradizione monarchica, dove la coesione nazionale era più forte. (p. 384)
  • L'esempio di san Sebaldo, patrono di Norimberga, chiarisce bene le forme e la natura della religione civica: si tratta di un eremita di origine sconosciuta, che visse nella regione a metà del secolo XI, all'epoca della fondazione della città per opera dell'imperatore Enrico III. (pp. 384-385)
  • [Sulla chiesa di San Sebaldo] Le autorità comunali fecero costruire in suo onore una grande chiesa che fu consacrata nel 1273. La festa di san Sebaldo, il 19 agosto, sarà ormai celebrata solennemente ogni anno e beneficerà di una indulgenza a partire dal 1256. Ma non lasciamoci ingannare: non si trattava di devozione popolare, ma di una religiosità politica, legata al patriziato cittadino che vedeva in Sebaldo il difensore della grandezza e dell'indipendenza della città. (p. 385)
  • Testi posteriori fecero di Sebaldo un nobile che aveva abbandonato parenti e castelli per vivere povero e nascosto, poi il figlio del re di Danimarca venuto lì a morirvi in incognito. Di fatto è solo dopo il 1350, quando gli artigiani ebbero accesso al governo della città, che san Sebaldo diventò popolare. (p. 385)
  • Quindi l'importante sviluppo che conobbe alla fine del Trecento il culto di san Sebaldo servì a legittimare il disegno delle classi in ascesa di far accedere agli affari pubblici un maggior numero di cittadini. (p. 385)
  • La chiesa che gli era consacrata fu ingrandita e statue e vetrate cominciarono a raffigurarlo, mentre prima d'allora era rimasto privo di iconografia. La sua Vita fu tradotta in tedesco; il nome Sebaldo diventò comunissimo a Norimberga e finalmente la sua effigie fu incisa sulle monete della città all'inizio del Quattrocento. (pp. 385-386)

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