Andrea Perrucci

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Perrucci è noto anche come "canonizzatore" della Commedia dell'Arte, qui in una raffigurazione fiamminga cinquecentesca.

Andrea Perrucci, alias Casmiro Rugiero Ocone (1651 – 1704), drammaturgo, librettista e gesuita italiano, autore e teorizzatore della commedia dell'arte.

Dell'arte rappresentativa, premeditata e all'improvviso[modifica]

  • Dove il Matto stimandosi Medico, così dice al Servo, come ammalato, adoperando la vescica gonfia, ò il bastone: Recipe di malanni due drappesi, | Un'oncia di catarro, ò tosse asmatica; | D'ernia ventosa, sanguigna ed acquatica, | Di cancari, e di gotte ana due pesi. | Misce con acqua di gomme francesi | Fior di descenzo e polvere lunatica, | Con scrupoli di colica, e fatica, | Poni di male Pasque un par di mesi. | Vi sian trocisci di rabbia canina | Con lepra buona, e rogna, che ti gratti, | con l'anticore, e peste che sia fina. | Siano in rompiti il collo indi disfatti: | Credi, se piglierai tal medicina, | O che sani, ò che crepi, ò che ne schiatti.
  • Fuoco che Donna dà è sempre infernale.
  • [Riferito alla Commedia dell'arte] Il soggetto non è altro che la tessitura delle scene sopra un argomento formato, dove in compendio si accenna un'azione che deve dirsi e farsi dal Recitante all'improvviso, distinguendosi per atti e scene. [...] Questi soggetti o son fatti apposta per rappresentarsi all'improvviso o sono presi da commedie distese dagli antichi o moderni, ridotte a stilo di potersi rappresentare all'improviso per rifuggire il tedio d'un lungo concerto, che richiede la Comedia premeditata, e per rimediar subito ad una ricreazione con quei personaggi, che si haveranno alla mano [...] potendosi anco in poco tempo rappresentare più, e diverse Commedie all'improviso, quando nella premeditata sarà sempre la stessa doppo una lunga fatiga.
  • [Dichiarazione programmatica dell'intento 'prescrittivo' della opera teorica sulla commedia dell'arte] Io però se prendo a dar norma d'arte rappresentativa, mi protesto di quella voler scrivere, che chiamò Tullio: "Imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis";[1] e che serva ad morum salubrem expurgationem, come autenticò lo Stagirita, che vaglia ad erudire le menti, a far detestare i vizii, & ad abbracciare le virtù, con portare sulle scene, gli esempi dell'enormità punite, e dell'azioni gloriose premiate.
  • I Vecchi son come gli alberi, che quando non fanno più frutti si tagliano per lo fuoco.
  • Le bravure alle volte sogliono esser premeditate per accomodare à luogo, e tempo delle quali ne hà composto un tomo [Le bravure del Capitan Spaventa (o, Cento Bravure del Capitan Spavento)] Francesco Andreini marito della rinomata Isabella, al quale ce ne rimettiamo per non esser lunghi.
  • [Riferito alla Commedia dell'arte] Le facezie ridicole consistono negli spropositi, o deformità della natura, nei volti contraffatti, caricature di naso, fronti aguzze, calvizie, orecchie lunghe, storpi di gambe, i quali difetti, contraffacendosi con maschere e con abilità, tanto sono compatibili e commiserabili nel vero, tanto sono ridicoli nella finzione. Ridicolissimo sarà uno Zanni con occhi piccini, volto nero e ciglia irsute, buffo in tutte le posture; così come un Pulcinella tutto un pezzo, sgarbato di persona e sciocco in tutti i gesti.
  • Per scoprir, per parlar la mente adopro, | Penso assai, poco tento, e nulla scopro.
  • Tanti fiumi di grazie Amor mi versa, | che in mar di gioir l'alma è sommersa.
  • Un affamato desio non si nutrisce con lo sguardo.
  • Un occhio assetato mal si sazia con gli sguardi.

[Andrea Perrucci, Dell'arte rappresentativa, premeditata e all'improvviso, 1699]

Idea delle Muse[modifica]

  • [Perrucci si lamenta dell'ingratitudine della sua patria]

Indi al patrizio stuol del fatto acquisto
Chiedo l'onor; darmi no'l vuol: ma quale
Patria ama l'Uom, se fu nemica a Cristo?
Sì Patria ingrata: l'Augel tuo regale
M'ha contro te di fulmini provisto
Né mi dà per fuggirsi altro, che l'ale

(Idea delle Muse, foglio 75: incipit di Musa Calliope)

Citazioni su Andrea Perrucci[modifica]

  • [Sul valore poetico del poema L'Agnano zeffonato] Molto diversamente dobbiam parlare del poemetto L'Agnano Zeffonnato, del quale Andrea Perruccio, e Fardella Siciliano vivente tra noi ci arricchì, e che quantunque non sia un perfetto lavoro, è però pieno di molti pregi, e di non volgari poetiche bellezze. (Ferdinando Galiani)
  • [Sul valore poetico del poema L'Agnano zeffonato] L'edizione è tanto scorretta quanto brutta. È verisimile, che la povertà, in cui visse l'autore non gli permise pubblicare il suo poema in miglior forma. [...] Certamente non merita questo grazioso poema di cader nell'oblio; anzi è da annoverarsi tra i più distinti, e preggevoli del nostro dialetto o si riguardi la ricchezza della fantasia, o la felice imitazione dell'Ariosto, del Tasso, e soprattutto della Secchia Rapita del Tassone, che sembra esser quello, che più d'ogn'altro ha preso ad imitare. (Ferdinando Galiani)
  • [Sulla leggenda popolare da cui trae spunto il soggetto del poema L'Agnano zeffonato] Il soggetto è fondato sopra una antichissima tradizione del nostro volgo, il quale è persuaso, che nel luogo ove oggi è il suddetto Lago d'Agnano[2] vi fosse stata una città ingojata poi da una subitanea eruzione: tradizione, che quantunque non appoggiata sopra verun sicuro monumento storico, non merita assoluto disprezzo. [...] (Ferdinando Galiani)
  • [Sul poema La Malattia d'Apollo, pubblicato in coda all'Agnano zeffonato] La Malattia d'Apollo Idillio dello stesso. Va impresso dietro al poema dell'Agnano Zeffonnato. È un ingegnoso Idillio, in cui si finge Apollo divenuto ernioso per effetto de' rancori, che gli cagionano non meno i cattivi poeti, che la cattiva sorte loro. (Ferdinando Galiani)

Note[modifica]

  1. La frase completa, frequentemente citata, è "Comoedia est imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis" ("la commedia è imitazione della vita, specchio dei costumi e immagine dela realtà"). La frase, per noi perduta, è generalmente attribuita a Cicerone (De re publica, IV.11) anche se non vi è certezza sull'appartenenza a quest'ultima opera. L'attribuzione a Cicerone è fatta da Elio Donato (De Comoedia et Tragoedia, edizione Wessner, I.22.) il cui testo era facilmente fruibile nel Rinascimento perché incorporato come prefazione a Terentii Comoedia, un'edizione delle commedie di Terenzio del 1546.
  2. Il lago vulcanico non esiste più dall'Ottocento, quando fu prosciugato.

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