Andrea Zorzi
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Andrea Zorzi (1965 – vivente), ex pallavolista italiano.
Citazioni di Andrea Zorzi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Non ero un talento e non avrei mai pensato di arrivare così in alto. Grande merito va agli allenatori che hanno visto più lungo di me. Ma anche all'esordio in nazionale ho fatto le mie figure.[1]
- Noi eravamo un'altra cosa e vivevamo in un mondo totalmente diverso. In ritiro avevamo solo i walkman e una o due televisioni in tutto: si litigava sempre perché c'era chi voleva vedere solo i film di guerra. Si iniziava anche in modo diverso: fino ai 20 anni restavamo in famiglia. Io vivevo in campagna e quando sono arrivato a Parma per giocare alla Santal non ci credevo. Ero diventato un giocatore di pallavolo.[1]
- [Sulla Generazione di fenomeni] Nel 1990 improvvisamente siamo diventati imbattibili, e non abbiamo mai capito perché.[2]
- Nella pallavolo o in generale nello sport c'è un obiettivo chiaro e delle tecniche per raggiungere il risultato, quindi la concentrazione diventa la capacità assoluta di pensare solo a quegli aspetti che possono aiutarti a fare bene e a vincere. È come se avessi ristretto il mio campo visivo solo alla palla, da guardare per capire come colpirla.[3]
Intervista di Roberto Zucca, volleynews.it, 26 maggio 2020.
- Negli anni di Milano, subito dopo i primi successi con la nazionale, io e Roberto Masciarelli, un fratello più che un amico tornammo da Stoccolma e venimmo strombazzati da un tassista che ci fece i complimenti per la vittoria agli Europei all'uscita dell'aeroporto di Linate. Fu il primo momento in cui capii che la pallavolo aveva varcato il confine degli appassionati.
- [«La Mediolanum. Che ricordo ha del Silvio Berlusconi che la portò a Milano?»] Il ricordo di un uomo che amava lo sport. All'interno dello spogliatoio era il Berlusconi che si conosce al di fuori della politica, ossia simpatico, goliardico. Erano anni in cui stava costruendo il suo impero e anche noi fummo parte di quel progetto ambizioso. Con onestà, dico che la sua vera passione dell'epoca era però senza dubbio il Milan, nel quale era sicuramente più presente.
- [«Che rapporto ha avuto Zorzi con la stampa?»] Ottimo. Con gli inviati storici si creò un bel rapporto, personale e amicale con alcuni. Era un giornalismo che sapeva dove fermarsi, un giornalismo fatto in primis dal rispetto tra atleta e giornalista, che non era visto da noi atleti come un nemico. Capitava di giocare male qualche partita, ma non ho mai vissuto la critica sul personale. Da giornalista noto oggi che gli atleti hanno più paura che la chiacchiera e la confidenza vengano utilizzate a scopo sensazionalistico. Con noi il confine non veniva mai oltrepassato. La confidenza rimaneva nella dimensione privata dell'intervista.
Intervista di Giuseppe Antonio Perrelli, repubblica.it, 20 settembre 2021.
- Io uno come Alessandro Michieletto non l'avevo mai visto giocare a pallavolo. [...] È il prototipo del nuovo giocatore per tanti motivi. [...] riesce a mantenere per tutta la partita lo stesso livello di performance: durata e intensità. Impara a una velocità doppia: in un anno è praticamente diventato un altro. Eppoi la natura lo ha aiutato: fino ai 15 anni era "basso", quindi ha iniziato come libero. Quando è cresciuto di venti centimetri [...] ha cambiato ruolo. Ora è uno schiacciatore con un fantastico equilibrio tra attacco e difesa. Insomma, un prescelto.
- Quell'Europeo in Svezia ce lo ricordiamo soprattutto per i dieci anni che vennero dopo, per la generazione di fenomeni, per la miglior squadra di pallavolo del XX secolo.
- Fefè è un uomo di intelligenza rara. Da giocatore, nonostante il suo metro e settantotto di altezza, sapeva leggere avversari a cui regalava più di venti centimetri. Da tecnico ha attraversato venti anni in cui ha vinto tanto ma ha anche preso facciate durissime, è andato in Russia e in Polonia, lontano dalla famiglia: ha accumulato così tante esperienze che ora gli permettono di gestire praticamente tutte le situazioni da campo.
gazzetta.it, 15 ottobre 2021.
- [...] siamo all'inizio degli Anni '80, una squadra di Ravenna, in quel periodo era una delle patrie del volley italiano, sta partecipando ai campionati universitari. In un momento critico del match, il "mitico" Paolo Turchetti subisce quattro murate mostruose consecutive [...]! L'allenatore [...] Nerio Zanetti imbestialito, chiama un time out e con uno sforzo sovrumano invita con voce pacata e tranquilla lo stesso Turchetti a fare qualche pallonetto per evitare il muro avversario. La risposta impassibile fu: "Ma secondo te, ho fatto 400 chilometri per fare dei pallonetti!". Il tutto in stretto dialetto romagnolo [...] che aumenta di 1000 volte la comicità.
- [...] io e i pallonetti non abbiamo mai avuto un buon rapporto. Ogni tanto bisogna farli, perché non c'è proprio altra soluzione tecnica per evitare gli avversari, ma farne tanti è considerato "disonorevole". Un vero schiacciatore schiaccia, non fa pallonetti! Poi il tempo passa, le tecniche cambiano, la pallavolo si evolve in maniera continua e ci ritroviamo [...] a vedere tonnellate di pallonetti [...]. Ci sono quelli classici; mano a cestello sotto la palla che supera il muro per cadere dentro i tre metri nel campo avversario. Ci sono quelli spinti; si prende la palla e la si manda direttamente verso il basso. Da tempo immemore esistono le "spazzolate"; si strofina dolcemente la palla sulle mani del muro avversario per ottenere "un mani fuori". Infine, sono comparsi anche i pallonetti a due mani; sono gli ultimi nati e hanno avuto un rapidissimo successo.
- Pur riconoscendo e apprezzando la furbizia e la destrezza di chi riesce a trasformare una situazione critica in un punto a favore della propria squadra, resto comunque scettico sulla legittimità morale ed etica del pallonetto. [...] intendo farmi portavoce del nascente comitato che chiede l'abolizione dei pallonetti dal regolamento della pallavolo: l'unico pallonetto possibile è quello fatto con le nocche della mano (come è consentito nel beach volley). In questo modo semplificheremmo di molto il compito agli arbitri e allungheremo la durata delle azioni del volley: due piccioni con una fava. Sono aperte le iscrizioni per la petizione!
Intervista di Giuliano Bindoni, volleynews.it, 5 novembre 2024.
- [«[...] quando la Superlega italiana viene definita l'"NBA del volley" è un accostamento corretto oppure una forzatura?»] Il riferimento può essere legittimo dal punto di vista tecnico. La nostra Superlega è e rimane un riferimento, ma non è l'unico [...]. Per quanto riguarda invece l'impostazione di business, ritengo che la struttura dell'NBA sia improponibile in qualunque altro contesto. È una lega che non ha equivalenti in giro per il mondo da questo punto di vista. Credo anche, ma questa è una mia personalissima opinione, che non sia così interessante per la pallavolo considerare quel modello, così commerciale e così legato al business, il modello a cui ispirarsi. Quello che dovremmo fare, invece, è capire come sfruttare al meglio le risorse ed eventualmente trovarne altre.
- La pallavolo è lo sport di squadra che in assoluto ha il maggiore equilibrio tra maschi e femmine. In un momento storico in cui la sensibilità del gender gap è così importante, a me quella pare essere una chiave fondamentale. Il movimento della pallavolo dovrebbe essere bravo a raccontare questa specificità, questo equilibrio. Potrebbe essere una grande opportunità. [...] Negli altri sport, come il calcio per fare un esempio, è il movimento maschile che traina quello femminile, qui questo non è richiesto perché, come detto, la grande virtù della pallavolo è questo grande equilibrio.
- Molti sono convinti che il livello tecnico del gioco espresso non sia così rilevante per rendere spettacolare una partita, ma che sia più importante l'equilibrio. Io su questo sono abbastanza d'accordo. Questo non vuol dire che la pallavolo giocata male sia bella, ma vuol dire che talvolta un fine conoscitore di questo sport sia portato a pensare che giocare bene a pallavolo, su gesti molto specifici e molto tecnici, sia la cosa più importante, mentre questo aspetto non è così rilevante per il pubblico. [...] sono i tanti, troppi, errori al servizio che sono spesso incomprensibili e interrompono il ritmo. Per lo spettacolo forse sarebbe più utile e divertente battere un po' meno forte ma sbagliare di meno. Non stiamo dicendo che bisogna diventare degli entertainers, ma di sicuro aiuterebbe avere un approccio un po' più ampio e non strettamente tecnico.
- [«Dal punto di vista tecnico [...] in quale direzione si sta evolvendo il gioco?»] Sia nel maschile che nel femminile sta diventando predominante il tema del "riciclo", ovvero la capacità di essere efficaci in copertura, in difesa, nell'attacco a muro per rigiocare, e le azioni sono lunghissime. Quello che è stato per anni il limite della pallavolo, ovvero azioni che finivano in tre secondi, ora nell'alto livello si è sensibilmente ridotto perché la qualità della difesa e della copertura è davvero migliorata tantissimo. Altro tema importante è legato alla fisicità. Oggi ci sono alcuni atleti a livello mondiale che non sono altissimi ma sono molto tecnici e questo sta cambiando la pallavolo a livello mondiale.
- [Parlando dei giornalisti, «qual era il rapporto che avevate voi con loro e come credi sia cambiato questo rapporto oggi?»] Erano persone che vivevano con noi [...]. Loro erano esposti a qualcosa di difficilissimo perché avevano accesso a tutte le informazioni, dovevano sapere quali dovevano comunicare e quali non dovevano comunicare perché ne andava del rapporto personale. [...] Noi abbiamo vissuto un periodo storico in cui la pallavolo stava diventando uno sport popolare e con i giornalisti in fondo abbiamo avuto un rapporto fatto di reciproca fiducia. Con l'andar del tempo la pallavolo, così come gli altri sport, hanno dovuto fare i conti con un rapporto in cui i giornalisti sono tendenzialmente diventati dei nemici alla ricerca di qualcosa che possa far notizia, e che quasi sempre se fa notizia è perché è un qualcosa di polemico o di speciale. Ecco perché oggi c'è questa chiusura. I giocatori, di qualunque sport, sanno che meno cose dicono e meglio è. Per questo ci si rifugia nelle frasi fatte e nel non detto. L'avvento poi di internet e dei social ha fatto sì che squadre e giocatori gestiscano autonomamente la comunicazione e quindi questo ha cambiato radicalmente il rapporto. In estrema sintesi, in pochissimi anni i giornalisti sono passati dall'essere persone che vivevano con noi a persone percepite come nemici fino ad oggi che devono chiedere se possono avere accesso a delle informazioni.
Citazioni su Andrea Zorzi
[modifica]- Andrea è stato il mio fratello maggiore. Arrivai a Parma a 15 anni. Lui ne aveva 20. Fu una base che mi permise di avere una certa stabilità emotiva, anche perché era la prima volta che mi allontanavo da casa. Durante la finale dell'88 contro Modena, eravamo al bar e lui, prendendo il giornale in mano, mi disse: "Oh Giangio sei stato convocato in nazionale!". E io: "Ah sì?". Ecco, lo racconto spesso perché questo fa capire la misura di ciò che abbiamo condiviso, e per me è stato davvero importante. (Andrea Giani)
Note
[modifica]- ↑ a b Da Nicoletta Moncalero, Intervista ad Andrea Zorzi, dalle Olimpiadi al teatro: "La leggenda del pallavolista volante", huffingtonpost.it, 26 aprile 2013.
- ↑ Citato in Giuseppe Pastore, Quando eravamo re, ultimouomo.com, 9 agosto 2019.
- ↑ Da Francesca Monti, Intervista con Andrea Zorzi, protagonista dello spettacolo "La leggenda del Pallavolista volante": "Il teatro mi ha aperto un mondo completamente nuovo", spettacolomusicasport.com, 10 luglio 2020.
Voci correlate
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[modifica]- Wikipedia contiene una voce riguardante Andrea Zorzi