Anthony Eden

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Anthony Eden

Robert Anthony Eden (1897 – 1977), politico britannico.

Citazioni di Anthony Eden[modifica]

  • Se Mussolini pensa che gli basti strizzare l'occhio per indurci ad aprire le braccia, si sbaglia di grosso. (maggio 1936[1])
  • Mi pare che vi sia una certa differenza tra la posizione italiana e quella tedesca, nel senso che un accordo con quest'ultima potrebbe avere qualche possibilità di sopravvivere per una ragionevole durata, specialmente se esistesse un impegno personale di Hitler, mentre Mussolini è, mi pare, un vero e proprio gangster e la sua parola d'onore non significa niente.[2]

Le memorie di Anthony Eden[modifica]

  • [Su Adolf Hitler] Quest'uomo, impastato di mistica e di megalomania, di retorica e di auto-ipnosi, sleale e spietato nel perseguimento dei suoi fini, avrebbe portato sofferenze, distruzioni e morte sul suo paese, sull'Europa e su terre più lontane. Avrebbe fatto di peggio : nel nome della purezza razziale, avrebbe scatenato un'ondata di bestialità senza precedenti da secoli. (p. 41)
  • Troppo spesso la caduta degli imperi ha offerto occasioni a un'ambizione inumana. La virtuale eliminazione dell'Impero turco dall'Europa rese possibile la prima guerra mondiale come conflitto tra teutonici e slavi. Il crollo dell'Impero austro-ungarico rese possibile la seconda guerra mondiale, facendo presagire i primi sogni hitleriani di conquista nell'Europa centrale. C'è il pericolo evidente che la scomparsa degli Imperi europei in Africa possa condurre alla terza. (p. 41)
  • L'Italia stava cercando di costruire sulle fondamenta monarchiche esistenti, mentre la Germania stava edificando una struttura sociale completamente nuova ; questa, dissi, era una delle differenze tra il fascismo italiano e il nazismo tedesco. Per quanto sottile possa sembrare, questa distinzione ebbe la sua influenza negli avvenimenti che seguirono in Italia durante la guerra, quando il re ebbe una parte di primo piano nella liberazione del paese da Mussolini. (p. 114)
  • Kirov era stato colpito dal marito di una donna che egli aveva amato, ma probabilmente questa era solo la copertura di un movente più profondo. (p. 196)
  • Stalin mi impressionò sin dall'inizio e la mia opinione sulla sua abilità non è mai vacillata. La sua personalità si faceva sentire senza sforzo e senza esagerazione. Aveva naturali buone maniere, forse una eredità giorgiana. Pur sapendo che era un uomo spietato, ho sempre rispettato le qualità del suo ignegno e ho provato anche una simpatia che non sono stato mai del tutto capace di analizzare. Forse era dovuta al modo pratico con cui Stalin affrontava le questioni. Era facile dimenticare che stavo parlando con un uomo di partito, nessuno certamente avrebbe potuto essere meno dottrinario. Non riesco a credere che Stalin abbia mai avuto un'affinità con Marx : Non ne parlò mai come se tale affinità esistesse. Nei numerosi incontri che ebbi con lui durante la guerra, qualche volta con Churchill ma latre da solo, trovai sempre l'incontro stimolante anche se l'agenda era spesso noiosa e rigida. Non ho mai visto nessuno controllarsi meglio in una conferenza. Bene informato su tutti i problemi che gli stavano a cuore, Stalin era prudente ma non lento. Alzava la voce raramente ed era un buon ascoltatore ; mentre ascoltava, tracciava ghirigori. È stato il dittatore più tranquillo che abbia mai conosciuto, ad eccezione di Salazar. Ma in lui c'era una forza inconfondibile. (p. 199)
  • [Su Iosif Stalin] La nostra impressione è stata di un uomo dotato di un carattere forte di tipo orientale, con un'incrollabile sicurezza e controllo di sè. La sua cortesia non ci ha impedito di vedere la sua natura spietata e implacabile. (p. 203)
  • Il popolo russo, bisogna onestamente aggiungere, è straordinariamente gentile, anche con coloro che gli è stato insegnato a guardare come naturali nemici. Come ospiti, i russi sono insuperabili per le attenzioni che usano. Nulla è troppo per soddisfare i desideri dei loro ospiti, nei limiti imposti dal sistema comunista. (p. 205)
  • Lo stesso Litvinov fu vittima dell'incapacità dei nostri due paesi di rendersi conto delle occasioni che avevano dinanzi. Intelligente, sagace e fedele a una linea di politica estera in cui credeva sinceramente, Litvinov mi piaceva. Conosceva l'Europa occidentale come uno che ci era vissuto e le sue vedute erano più sottili di quelle degli altri capi sovietici del tempo. Parlava l'inglese con tale rapidità che era difficile capirlo e una volta indusse Barthou ed esclamare, rivolgendosi a me : «Qu'est-ce qu'il parle? C'est l'anglais, ça? C'est incroyable.» Vorrei che avessimo potuto aiutare Litvinov di più, perché egli si rendeva conto che bisognava contenere le ambizioni di Hitler e che i nostri due paesi dovevano assumere una funzione di primo piano in quest'azione. Stalin dovette sbarazzarsi di lui prima di scendere a patti con Hitler. Litvinov era un comunista e un russo fedele al suo paese, naturalmente, ma fu anche un buon europeo. Lo trovai collega leale e fidato. (p. 211)
  • [Sulla Guerra d'Etiopia] Se il governo italiano si era veramente incamminato verso una politica di aggressione militare all'Abissinia, vedevo il futuro con la massima preoccupazione. A nostro giudizio l'Italia in quel momento era indispendabile alla pace in Europa. Ci era difficile credere che Mussolini non comprendesse questo fatto di estrema importanza come lo comprendevamo noi e il governo francese. (pp. 264-265)
  • In una dittatura gli uomini politici conoscono la strada che scelgono. Eppure quelli che, a costo di andare contro le convinzioni del loro capo, rimangono fedeli al loro punto di vista perché ritengono che esso rappresenti i reali interessi del paese, dimostrano un particolare coraggio. (p. 274)
  • Guardai le finestre e il balcone [del Palazzo Venezia] da cui tante volte [Mussolini] aveva recitato davanti alla folla i suoi evanescenti trionfi. Adesso era solo, uno sparuto prigioniero dei nazisti. Un dittatore non ha amici. (p. 292)
  • I dittatori ingannano abitualmente la loro opinione pubblica e naturalmente credono che gli altri facciano altrettanto. (p. 306)
  • Quando le nazioni non si battono per il rispetto degli impegni internazionali, esse non fanno che accantonare guai per il futuro. Questa tendenza a eludere i propri doveri è il moderno equivalente del tentativo di Etelredo lo Sconsigliato di corrompere col denaro gli invasori della sua terra. Non può avere maggiore successo. (p. 310)
  • L'appeasement genera il dubbio fra gli amici piuttosto che dissuadere i potenziali nemici. (p. 311)
  • L'Abissinia, dicevano gli italiani, sarebbe stata la prima delle loro conquiste africane ; poi avrebbero strappato agli inglesi il controllo del Mediterraneo e avrebbero rinnovato i trionfi dell'Impero romano. (p. 323)
  • Le imprese di Mussolini nell'Africa Orientale avevano messo a repentaglio la pace in Europa. (p. 417)
  • La tecnica di Hitler era quella di accompagnare ogni colpo con un'offerta ben calcolata per tentare la vittima. Anche se l'offerta non compensaca il colpo, rendeva più difficile restituirlo. È perdonabile che questa tattica abbia avuto un certo successo la prima volta che veniva impiegata, ma è straordinario che abbia continuato ad averne. Forse, però, questo accadde perché c'era più desiderio di accettare l'offerta che di restituire il colpo : desiderio umano, ma costoso. (p. 464)
  • Il Duce non si sarebbe accontentato di niente che non fosse il completo asservimento dell'Abissinia, e l'imperatore non era disposto a questo. Mussolini sfruttò la crisi nell'Europa occidentale per riorganizzare le sue forze in Abissinia e intensificare gli attacchi con i gas e i bombardamenti, che non risparmiarono nè unità della Croce Rossa nè città indifese. L'effeto dei gas fu crudele e, dal punto di vista militare, assai grave perché i soldati eiopici combattevano scalzi e soffrirono di terribili ustioni. (pp. 474-475)
  • Una delle tragedie della campagna abissina furono le sofferenze dei feriti. L'imperatore, in un colloquio in cui la sua consueta, calma dignità sembrò tingersi di disperazione, disse a Sir Sidney Barton che, mentre si bombardavano le popolazioni civili, l'esercito era demoralizzato per il lancio dei gas. Gli attacchi contro le unità della Croce Rossa avevano privato l'imperatore persino dell'assistenza medica organizzata da simpatizzanti stranieri. Ad Ascianghi, dopo il più violento combattimento della guerra, non si era potuto dare assistenza medica a un gran numero di gassati e di feriti. (p. 481)
  • Allo scoppio della guerra civile spagnola non avevo simpatie politiche nè per l'una nè per l'altra parte e volevo solo che fossero gli spagnoli a decidere del loro futuro. Man mano che la guerra proseguiva, tuttavia, la possibilità di una vittoria degli insorti mi preoccupò sempre di più, perché le potenze straniere che li sostenevano rappresentavano una minaccia alla pace. (p. 556)
  • Mussolini ha la mentalità di un gangster e se stesse meditando un atto di aggressione contro di noi il suo modo attuale di procedere sarebbe il più confacente al suo carattere. Proclama di aver paura di essere attaccato e così può eccitare il suo popolo e nello stesso tempo prepararsi una scusa davanti al mondo, se ne avrà bisogno. (p. 568)
  • [Sulla Seconda guerra sino-giapponese] La guerra fu condotta dall'inizio senza rispetto per le norme generalmente accettate in tempi meno barbarici. (p. 667)

Citazioni su Anthony Eden[modifica]

  • Obbedendo alle ideologie più che alle esigenze della realtà il ministro Eden aveva compromesso tutte le situazioni che aveva preso a trattare. Egli restava fermo alle pregiudiziali della Società delle Nazioni rifiutandosi di riconoscerne l'irreparabile decadenza. A questa intransigenza seguiva una incomprensibile ostinazione nelle procedure, un irrigidimento nei melodi che non riuscivano mai ad adeguarsi alla realtà della vita. (Mario Missiroli)

Note[modifica]

  1. A proposito dei tentativi di Mussolini di ottenere la revoca delle sanzioni, attraverso l'ambasciatore italiano in Inghilterra Dino Grandi. Citato in Richard Lamb, Mussolini e gli inglesi, Corbaccio, Milano, 1988, p. 237. ISBN 88-7972-286-7
  2. Da una lettera a Neville Chamberlain sulla possibilità di una riproposizione del fronte di Stresa; citato in Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali. Dal 1918 ai giorni nostri, Laterza, Roma, 2008, p. 225. ISBN 978-88-420-8734-2

Bibliografia[modifica]

  • Anthony Eden, Le memorie di Anthony Eden. 1931-1938. Di fronte ai dittatori, traduzione di Mario Bonini, Garzanti, 1962.

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