Attilio Brilli
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Attilio Brilli (1936 – vivente), saggista e docente universitario italiano.
Citazioni di Attilio Brilli
[modifica]- [Su Gli accampati di Silverado] E in una luce particolare va posto questo volumetto dedicato alla Davos rusticana di un pugno di malati – e in parte di falliti – che conservano la loro precaria salute in questo Zauberberg di frontiera infestata da serpenti a sonagli ed erbe venefiche. Una luce che consenta di cogliervi quella maturità stilistica che è sul punto di germinare nella libertà d'invenzione, di sciogliersi in via definitiva dagli ultimi vincoli di un personale vissuto e dai residui di un lungo, estenuante tirocinio.[1]
- Il capoluogo toscano non conquista i propri ospiti con uno spettacolo che, al pari del malioso abbraccio della laguna veneta, o dell'intensità dei panorami partenopei, o delle pittoresche rovine romane, possa essere ridotto a stereotipo turistico. Il riserbo, il senso della misura, il rigore intellettuale delle sue architetture, non meno della razionalità di un paesaggio pettinato dalla mano dell'uomo, attraggono in prevalenza personaggi colti e raffinati. Agli occhi del cittadino della tumultuosa Londra o delle fuligginose città industriali, Firenze coi suoi colli e la sua conca bipartita dall'Arno si rivela come un microcosmo ideale, l'idea di una città immersa in un'arcana armonia.[2]
- Il preraffaellita William Holman Hunt [...] percorse gran parte della Palestina alla ricerca appassionata di luoghi e di persone che gli consentissero un'adeguata ricostruzione di scene cruciali dei Vangeli [...]. Proprio perché si sente l'ultimo testimone di un mondo in via di un lento ma inesorabile mutamento, la sua ricostruzione di scene ed episodi evangelici, condotta attraverso un'accurata ricerca storica, è quanto mai puntigliosa nei dettagli e sovraccarica di un simbolismo greve ed erudito.[3]
- [Su Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde] Jekyll non è solo un esempio di ipocrisia, capace com'è di reprimere Hyde, colui che è «nascosto», pur fruendo suo tramite di ignobili (e indefinite) gratificazioni. Egli incarna il prototipo dello scienziato che si eleva faustianamente al di sopra degli altri sublimando nelle sue ricerche di «medicina trascendentale», nel gesto inosabile, la liberazione degli istinti repressi.[4]
- La visione orientalista delle Sacre Scritture diventa addirittura popolare con le edizioni illustrate della Bibbia, da quella di Gustave Doré del 1866, fantasiosa ma con precisi riferimenti orientali, a quella diffusissima curata da James Tissot, il quale inserisce vedute delle città, mappe, ricostruzioni architettoniche e rilievi topografici delle stazioni sacre con il fine di rendere attendibile un'archeologia biblica altrimenti falsata, come sostiene il curatore, dalla fervida immaginazione degli artisti. In un senso o nell'altro, la spinta a ricercare le testimonianze viventi delle Sacre Scritture nella realtà orientale del momento, e a permearne un Occidente disincantato, viene rilanciata nel secondo Ottocento dal tentativo neospiritualistico di riaffermare il primato della fede nell'èra del materialismo scientifico.[3]
- [Su Markheim] [...] rappresenta la rottura dell'integrità della persona, la scissione del bene dal male, e soprattutto la nascita di un rapporto dialogico dell'uomo con se stesso. Qui, come nelle migliori pagine sullo sdoppiamento della coscienza, Stevenson sperimenta il principio così caro al romanzo d'avventure e del mistero, e reso intensamente problematico dall'opera di Dostoevskji, secondo il quale tutto nell'uomo vive al confine del proprio contrario: la nobiltà d'animo prospera al confine con l'abiezione, l'amore ai limiti dell'odio, il bene a quelli del male. In questi termini si svolge la confessione di Markheim a se stesso nel tragico sdoppiamento sulla soglia fatale [...].[4]
Da Sulla via di Canterbury
Prefazione di Geoffrey Chaucer, I racconti di Canterbury, Rizzoli libri, 2012, ISBN 9788858631485
- Ci sono almeno tre condizioni di fondo nelle quali vanno inquadrate le storie che costituiscono i Racconti di Canterbury: il rigoglio della primavera, la sosta conviviale di un gruppo di pellegrini sulla via del santuario, la tenzone per il miglior racconto che verrà narrato durante il viaggio. Condizioni che sono altrettante facce del pellegrinaggio, pratica rituale per la salute dell'anima e non meno per la conoscenza degli uomini e delle cose. Il pellegrinaggio è naturalmente un'ottima e non nuova occasione narrativa e soprattutto un'eccellente cornice. Spetta a Chaucer avere perfettamente integrato i materiali dell'incorniciatura con quelli propriamente narrativi e avere affidato al pellegrinaggio-pretesto l'inesausta funzione provocatoria della parola, così che le singole storie non costituiscono solo una somma di differenze verbali, veicolanti disparità di censo, di mentalità e di costumi, bensì una molteplicità di voci ed un intreccio dialogico nel quale quelle differenze si affrontano e si scontrano.
- Le varie storie rispondono da un lato ad un'interna funzione provocatoria che illumina aspetti differenti di una medesima realtà, palesando una visione delle cose duttile e antidogmatica; dall'altro questa indagine generale acquista verosimiglianza e spessore psicologico allorché tocca le corde più segrete dei personaggi. E tuttavia non si esaurisce l'inventiva di questa opera sostenendo che il racconto rivela l'intima natura del narratore d'occasione, perché ci sono clamorose eccezioni che hanno proprio la funzione di sorprendere le aspettative del lettore. La stessa tecnica narrativa, la lingua e il verso nella loro organizzazione retorica, metrica e stilistica sono relativi, mutevoli, tutt'altro che fissi. Chi non s'aspetterebbe dal monaco gaudente, che ostenta i segni dell'eros, o dall'indulgenziere mellifluo e corrotto altrettanti racconti di lussuria e di perversione? Di fatto le loro novelle rispondono ad una morale fosca e mortuaria. Specie l'indulgenziere rovescia il principio della confessione, consapevole o meno, o dell'apologia, per instaurare il primato della maschera delle pubbliche virtù sui vizi privati. Proprio in questa dislocazione estrema della moralità esemplare, messa in bocca ai personaggi più equivoci, si realizza l'intima fusione della cornice con la novella e il più alto grado della ironia chauceriana.
- I Racconti di Canterbury forniscono oggi uno dei più grandi esempi di letteratura «polifonica» in tutte le implicazioni del termine: dalla dialogicità continua, antidogmatica e aliena dal concetto puramente assertivo di cultura, alla intertestualità che attiva un continuo ed inesausto dialogo con altri e precedenti linguaggi, all'ironia in cui il dialogo si fa promotore della dinamica di rovesciamento. In fondo ha un significato che una delle più grandi opere del mondo occidentale, fra medioevo e rinascimento, sia nata dal pretesto del pellegrinaggio come antica via del sapere e modello di democratico incontro, per quanto occasionale e circoscritto.
Note
[modifica]- ↑ Dall'Introduzione a Robert Louis Stevenson, Gli accampati di Silverado, Studio Tesi, Pordenone, 1995, p. XIV. ISBN 88-7692-511-2.
- ↑ Da Viaggiatori inglesi e americani nella Città del Fiore; in Emanuele Kanceff, Attilio Brilli, Giorgio Cusatelli, Renato Risaliti, Silvia Meloni Trkulja, Mara Miniati e Maurizio Bossi, Firenze dei grandi viaggiatori, a cura di Franco Paloscia, Edizioni Abete, Roma, 1993, pp. 70-71. ISBN 88-7047-053-9
- ↑ a b Da Il viaggio in Oriente, il Mulino, Bologna, 2009, p. 177. ISBN 978-88-15-13162-1
- ↑ a b Dall'Introduzione a Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde – Il trafugatore di salme – Un capitolo sui sogni, Mondadori, Milano, 2010 (ebook). ISBN 9788852011047.
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