Carlo Romussi

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Carlo Romussi

Carlo Romussi (1847 – 1913), avvocato, giornalista e politico italiano.

Milano ne' suoi monumenti[modifica]

Incipit[modifica]

Questo suolo sul quale camminiamo e abbiamo eretto superbi edifizi, era un tempo coperto dalle onde del mare che si frangevano alle più alte cime delle Alpi. Non c'era ancora l'uomo: e già sulla terra lombarda si agitava una vita rigogliosa, rinnovellatasi più volte sotto specie diverse, che preparò la nostra pianura. La scienza racconta l'apparire ed il succedersi di generazioni di esseri viventi prima che l'uomo comparisse, ciascuna delle quali consegnava successivamente le infinite sue spoglie a quello strato che si deponeva sui precedenti, nell'atto in cui la legge fatale del progresso, che voleva si facesse posto ad una generazione di esseri più perfetti, segnava la sua morte.

Citazioni[modifica]

  • Nella nostra città risiedevano di preferenza gli imperatori; e in essa, nell'anno 355, Giuliano fu dichiarato Cesare, e assumendo l'impero nel 361, abiurò il cristianesimo e cercò di cancellare l'opera di Costantino, restaurando il culto pagano; ma l'apostata, dallo Strauss qualificato «un romantico sul trono dei Cesari» perché sognatore del passato, illuso e visionario, fu, come scriveva Atanasio, una nubicola che passò sull'orizzonte senza frenare il diffondersi del cristianesimo che con Ambrogio doveva toccare il suo trionfo. (vol. 1, cap. 11, p. 157)
  • Il paganesimo credette che lo sfacelo dell'impero fosse propizia occasione per risorgere, e i retori approfittarono di tante sventure per far credere al popolo romano che i trionfi dei barbari, le ribellioni militari e le carestie fossero rappresaglie degli dei spossessati delle are e dei templi. Aurelio Simmaco, prefetto di Roma, pontefice e senatore, uno scettico eloquente che sapeva benissimo esser morti Giove, Venere e Vesta, ma che stimava l'antico culto fosse il fondamento dei destini di Roma, si fece forte di quel malcontento per chiedere, in un eloquente supplica all'imperatore, che venisse ripristinato in Roma il culto della Vittoria e nel Senato si ricollocasse la statua dell'antica dea. «Chi è, diceva egli, chi è mai tanto amico dei barbari da non chiedere l'ara della Vittoria?» (vol. 1, cap. 12, p. 168)

Incipit di alcune opere[modifica]

Intorno alla facciata del duomo di Milano[modifica]

Fino all'anno 1683 il Duomo di Milano non ebbe una facciata che si potesse dir sua; prima si accontentò di quella antica, presa a prestito dalla chiesa di Santa Maria Maggiore, della quale aveva assorbito l'area, poi trasportò quella facciata più oltre, rifabbricandola coi materiali dell'antica e adornandola con quelli portati a Santa Tecla.

Petrarca a Milano[modifica]

Ci ricorda d'aver meditato più volte quel passo del filosofo tedesco che insegnava non potersi mai fissare due volte la medesima onda, né due volte parlare all'uomo medesimo; perché mentre l'apparenza rimane ognora la stessa, l'intrinseca natura subisce una continua trasformazione. Né tal sentenza può non balenare alla mente di chi si faccia a considerare Petrarca a Milano: l'uomo antico si è trasformato: la prima onda è sparita, travolta dalle successive.
È sparito l'adolescente cui le belle forme e gli animati colori del viso facevano mostrare a dito, sì da recargli noja; è scomparso il giovane vago di piacere alle donne colle eleganti e candide vesti che lo costringevano a schivare i passeggieri per tema che l'urto ne sconciasse le studiate pieghe; si è trasformato l'amante appassionato di Laura che indiò il sentimento terreno, ma, ad onta del platonismo, oltrepassò sovente coi desiri gli onesti confini: invano si cercherebbe a Milano l'autore del soave Canzoniere, come lo imaginarono alcuni, colla lira in mano e l'eterno pianto sul ciglio: – quivi lo vediamo ristauratore delle buone lettere e della sana filosofia, grave poeta, severo padre di famiglia, uomo politico e, quale fu sempre, generoso cittadino della gran patria italiana.

Citazioni su Carlo Romussi[modifica]

  • Al Moneta[1] successe nella direzione del Secolo Carlo Romussi, che da tempo ne era il redattore capo e, anche più del Moneta, il vero ispiratore. Credo che per più di un quarto di secolo il Romussi sia stato l'uomo più combattente e più combattuto nel mondo politico-giornalistico milanese.
    I conservatori lo accusavano di essere un settario, ma ahimè l'accusa veniva dagli uomini della Perseveranza[2], la quale, in omaggio alla serenità politica, era arrivata al punto, per esempio, di non pubblicare nemmeno la notizia della morte di Maurizio Quadrio![3] I cattolici e clericali lo esecravano come un mangiapreti. Eppure mi ricordo di aver visto una fotografia di Carlo Ramussi accanto al cardinale Ferrari, tutti e due sorridenti e ritti proprio sotto i piedi della Madonnina del Duomo. Tutti riconoscevano in lui un galantuomo ma alcuni lo dicevano bizzoso e piccino. (Mario Borsa)
  • Piccino di statura lo era certamente. Mi pare di vederlo o meglio di intravederlo perchè il Romussi correva sempre. Non stava mai fermo un minuto. Pareva il moto perpetuo. Veniva giù in furia dal Corso e sgambettava su per via Pasquirolo. Era rapido anche nel parlare e nello scrivere: tutto nervi, tutto scatti: il più frettoloso, il più scompaginato, il più frammentario uomo che io abbia conosciuto. (Mario Borsa)

Note[modifica]

  1. Ernesto Teodoro Moneta (1833–1918), giornalista e patriota italiano; premio Nobel per la Pace nel 1907. Diresse Il Secolo dal 1869 al 1896.
  2. La Perseveranza, quotidiano milanese di orientamento moderato e conservatore.
  3. Maurizio Quadrio (1800–1876), patriota italiano.

Bibliografia[modifica]

Altri progetti[modifica]