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Caso doping di Lance Armstrong

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Il ciclista Lance Armstrong nel 2009, anno del suo ritorno alle competizioni: su tale periodo si concentrarono le indagini dell'USADA circa il ricorso a pratiche dopanti.

Citazioni sull'indagine United States Anti-Doping Agency v. Lance Armstrong, colloquialmente nota come caso doping di Lance Armstrong.

  • Condanno il sistema più dell'uomo. [...] La vicenda Armstrong dice chiaramente questo. Dice che si può essere controllati fin quanto si vuole ma la si può fare franca fin quando il sistema non va in cortocircuito. Fin quando un organo terzo (la USADA) non si mette ad indagare, a ricercare, a fare luce dove di solito è buio pesto. Dice che non solo l'Armstrong del dopo malattia – e quindi vicino all'allora presidente Uci Hein Verbruggen –, può fare quello che vuole, ma anche il secondo, quello del ritorno alle competizioni [...], qualche imbarazzo l'ha creato e lo crea anche all'attuale [...], Pat McQuaid [...]. Il numero uno del ciclismo mondiale, anziché gongolarsi per aver cancellato fuori tempo massimo il texano miracolato, dovrebbe per lo meno, se non ammettere le proprie colpe, rispondere alle [...] accuse mosse [...] da un suo ex "perito" di parte, Michael Ashenden, medico specializzato in antidoping. «[...] credo che a nessun "esperto" sia mai stato chiesto di analizzare i file del texano, anche perché a occhio erano visibili almeno due variazioni anomale che in altri casi sono state sufficienti per condannare un atleta». Ci sono poi le parole dell'ex direttore della Wada Richard Pound [...]: «Non è credibile pensare che non sapessero quello che accadeva. [...] Quella squadra aveva sempre i controlli per ultima, erano avvisati, avevano tutto il tempo che volevano a loro disposizione». E lo stesso pensa l'attuale direttore, John Fahey: «C'è stato un periodo durante il quale la cultura nel ciclismo voleva che tutti si dopassero. Non c'è alcun dubbio su questo [...]». E qui sta il punto. Non possiamo pensare e francamente tollerare, che il nuovo ciclismo riparta da qui e in questo modo. Come gli atleti, che per riabilitarsi devono perlomeno fare ammenda pubblica e ammettere i propri sbagli, lo stesso devono fare lorsignori. Riconoscere i propri limiti e magari passare la mano. [...] Il ciclismo non è cambiato e non può cambiare fin quando non si cambiano dirigenti e regole. Non è sufficiente che certe persone, per apparire migliori, si limitino ad imbiancare i sepolcri. Vanno chiamati altri imbianchini. (Pier Augusto Stagi)

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