Caterina Palazzi
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Caterina Palazzi (1982 – vivente), contrabbassista e compositrice italiana.
Intervista di Massimiliano Speri, ondarock.it, 4 aprile 2018.
- Ho un passato punk e grunge, poi sono passata al blues (mi piaceva soprattutto Jimi Hendrix) e infine al jazz. A un certo punto, dopo aver ricevuto un'infarinatura di più generi musicali, ho capito che nessuno di essi rappresentava al 100% quello che avevo in mente, per cui ho cercato di prendere quello che mi piaceva da ogni musica che ho ascoltato e suonato per arrivare a quello che faccio adesso. Non è stata una decisione a tavolino, ma il risultato di un processo spontaneo. Questa indefinibilità è un punto di forza ma anche una debolezza, soprattutto in un paese come l'Italia che ha sempre bisogno di sapere "che musica fai" e non impazzisce per i miscugli: chi ama il jazz va ai concerti jazz, chi ama il rock ai concerti rock, l'essere una via di mezzo non è particolarmente apprezzato, laddove in posti come il Nord Europa è invece un punto a favore.
- Per me il suonare non può consistere nel piazzarsi in una città e fare concerti sempre davanti alle stesse persone, cambiando solo il nome del locale... anzi, la bellezza di questo "lavoro" consiste proprio nel girare e far ascoltare a gente sempre nuova le tue cose!
- I dischi che mi piacciono li devasto, arrivo a conoscerli a memoria, però non ho ascolti molto vari, anzi mi considero abbastanza ignorante. Ad esempio, il progressive lo ignoro proprio. I King Crimson me li hanno fatti ascoltare dicendo di trovare affinità con la mia musica, ma non mi sono mai piaciuti, non mi sembrano abbastanza tetri... la mia musica è angosciante, e loro secondo me non lo sono. Mi fido però del giudizio di chi conosce bene quel genere, se individuano dei passaggi simili forse sarà vero... Io sono molto naive.
- [Sui bassisti] Innanzitutto, di bassisti (intendendo persone attratte dalle frequenze basse che hanno scelto uno strumento di quel tipo) ce ne sono diversi che, pur non stando in primo piano, in realtà sono i veri leader di un gruppo, anche se non in maniera esplicita.
- [Sulla sua predilezine per il contrabbasso] Nel periodo in cui stavo per passare dalla chitarra al basso ho iniziato ad appassionarmi di jazz, e quando ho deciso di fare il cambio ero in una fase di ascolti molto tradizionali, in cui il contrabbasso è un po' l'alter ego jazzistico del basso. Un altro motivo è stato la fisicità dello strumento: il contrabbasso ha il legno che ti vibra addosso, hai la sensazione di suonare con qualcuno. Quando mi domandano se mi annoio a suonare da sola rispondo sempre che non sono sola perché c’è anche "lui" (che ha pure un nome: si chiama Vlad, e viene dalla Transilvania). E quando mi propongono di affittare un basso o un contrabbasso elettrico non posso accettare, la cosa più bella del contrabbasso è proprio il legno! Io d’altronde suono molto poco il basso e mai in concerto, infatti non mi considero una bassista.
- In realtà non scrivo con il contrabbasso ma con la chitarra o con il basso, con cui è molto più semplice e immediato buttare giù le melodie che mi vengono in mente. Anche perché io non scrivo solo la linea di basso ma tutte le parti, quindi mi serve uno strumento più armonico, oltre che più comodo. Quindi il contrabbasso non mi influenza direttamente a livello pratico.
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