Cesare De Michelis

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Cesare De Michelis, 1990

Cesare De Michelis (1943 – 2018), editore e accademico italiano.

Citazioni di Cesare De Michelis[modifica]

  • Far libri, stamparli, leggerli, scriverli, raccoglierli, venderli, recensirli, nella mia vita mi sembra di non aver fatto altro, come se un'ossessiva passione mi avesse travolto appena ragazzo. Eppure da sempre mi è sembrato non privo di significato farli qua, dov'ero cresciuto, nella nostra terra, magari a Venezia.
    Quando cominciai lo sapevo e non lo sapevo che la Serenissima era stata la patria del libro, che proprio nell'isola aveva preso forma e si era definito quello strano mestiere che è far l'editore, subito in mezzo tra il tipografo e il libraio, apparentemente privo di un ruolo preciso, di una sapienza concreta, eppure da allora e per sempre necessario e indispensabile. (da Far libri a Venezia, in Gattili 2007-2017. Catalogo ragionato e antologia di un editore (quasi) inesistente, a cura di Antonio Pellegrino, Lampi di stampa, 2017)
  • Il presente mi affascina più del passato e mi interessa. Lo registro e lo godo, spesso in solitudine. (da Identità veneta, Marsilio, 1999)
  • In passato, quando l'editoria di cultura diceva di disprezzare il denaro, in realtà metteva l'ideologia al centro della cultura, della vita e del potere. L'egemonia culturale si poteva pagarla cara, perché rendeva potere. Oggi, la perdita di centralità di qualsiasi motivazione ideologica rende illogica tale prospettiva e quindi caduco un simile progetto editoriale. Oggi l'altrove non c'è più, perché mai qualcuno dovrebbe investire su qualcosa che non esiste? Come diceva Fortini, non esiste più il mandato sociale. Se ci fosse ancora, ci sarebbero decine di editori pronti a rimettersi in quell'ottica. Ma non è così. Di conseguenza, è vero che il parametro del mercato è diventato determinante. Ma non è solo per fini di lucro, visto che alla fine l'attività editoriale resta a bassa redditività e perfino un filo mecenatesca. Il mercato è diventato importante perché, in una società liberale, l'unica misura del successo e dell'egemonia è quella del successo numerano. (dall'intervista a Fabio Gambaro del 2001 in Tirature, ripubblicata in Fabio Gambaro, Dalla parte degli editori, p. 119)
  • Oggi l'autore molto spesso è fuori da ogni circui­to, non ha contatti, è una sorta di piccola monade chiusa nel suo universo personale, senza particolari relazioni con il sistema letterario. Lo si nota anche dal calo siste­matico delle raccomandazioni, le quali, anche quando ci sono, sono talmente generiche e immotivate che influi­scono pochissimo. Insomma, in passato esisteva un si­stema letterario ed editoriale, rigido e oppressivo quan­to si vuole, però funzionante e capace di selezionare i manoscritti e gli autori. Oggi c'è solo una rete a maglie larghissime che di fatto è un filtro che non seleziona nulla. L'editore diventa quindi l'unico vero filtro, mentre in passato era l'ultimo terminale di tutto un sistema, un terminale che oltretutto si collocava in modo tale che solo certe correnti gli portassero determinate bottiglie. Oggi invece tutto è confuso e le bottiglie arrivano ca­sualmente. (dall'intervista a Fabio Gambaro del 2001 in Tirature, ripubblicata in Fabio Gambaro, Dalla parte degli editori, p. 125)
  • Se c'è stato uno scrittore del secondo Novecento esemplarmente non ideologico e conseguentemente niente affatto «novecentesco» questo fu Giuseppe Berto di Mogliano Veneto. (da Una storia esemplare, prefazione a Giuseppe Berto, Le opere di Dio, Rizzoli, Milano, 2014, p. 2)

Voci correlate[modifica]

Bibliografia[modifica]

  • Fabio Gambaro, Dalla parte degli editori. Interviste sul lavoro editoriale, Unicopli, 2001. ISBN 884000730X

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