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Cesco Tomaselli

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Francesco Ugo Tomaselli (1893 – 1963), giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Cesco Tomaselli

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  • [Sui caduti della prima guerra mondiale] Di molti non si saprà il nome, non si conoscerà mai le gesta: segnalati ai comandi superiori con l'equivoco termine di dispersi, essi sono i più ignoti tra gli ignoti, perché nessuno è tornato di chi li vide cadere [...] e solo la madre che sa di averli educati nella legge del dovere, coltiva nel suo dolore l'orgoglio di pensarli non indegni di quella uniforme che essi onorarono cadendo.[1]
  • I torinesi del principio del secolo conobbero i pionieri quando essi medesimi ancora non sapevano di essere tali. Però guardate. Avvengono nella storia dell'industria gli stessi fenomeni di vocazione e di precocità che si osservano nel campo delle arti e del pensiero. Quel giovinetto di Fobello, nell'alta Val Sesia, che a diciassette anni diede il primo dispiacere al padre troncando gli studi per entrare, in un piccola officina che il meccanico Giovanni Ceirano aveva affittato per ripararvi biciclette (poi costruì anche automobili) era uno che aveva il raro dono di sapere ciò che voleva fare. Si chiamava Vincenzo Lancia. Qualche anno dopo la Fiat, ch'era nata nel 1899, assorbiva la Ceirano, e il valsesiano non più giovanetto respirava un'aria carica di idee e di iniziative. Non stette molto nello stabilimento di corso Dante. Nel 1906 prendeva congedo dall'azienda già preminente sul mercato e con centomila lire (metà sue e metà del compagno di lavoro Claudio Fogolin di San Vito al Tagliamento) fondava la fabbrica di automobili che avrebbe onorato il suo nome.[2]
  • La prima Lancia costruita in una modesta rimessa di via Ormea usciva [...] nel settembre del 1907. Consisteva in un telaio leggero, basso, a sospensione articolata, era azionata da un motore a quattro cilindri, capace di 1450 giri quando la velocità di rotazione dei motori non superava allora i mille, ma fissava già il tipo su cui si sarebbe sviluppata la produzione. Viene ricordato un particolare gustoso; la macchina nascente aveva talmente assorbito la mente dei costruttori che solo quando venne il momento di guidarla fuori si accorsero che non passava dalla porta carraia, onde fu giocoforza brandire un piccone e con gran colpi allargarne gli stipiti. Alla fine dell'anno quel «rivoluzionario» veniva rivestito di carrozzeria e i torinesi videro circolare una vettura che mostrava già evidenti i segni di un nuovo indirizzo.[2]

Citazioni su Cesco Tomaselli

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  • Vero che nei ricordi sui quali vengo sollecitato, il nome di Tomaselli ricorre meno frequentemente di quelli di Longanesi, di Buzzati, di Piovene, di Barzini ecc. Ma ciò dipende solo dal fatto che costoro appartenevano alla mia leva, e in comune con loro avevo avuto tante esperienze, perfino la stanza di lavoro. Tomaselli, quando io entrai al Corriere, apparteneva già alla sua vecchia guardia, e come notorietà ne aveva raggiunto il tetto proprio grazie alle sue corrispondenze sull'impresa del dirigibile "Italia" di Umberto Nobile, di cui fu dal principio alla fine lo scrupoloso cronista. A salvargli la vita dalla catastrofe fu soltanto la sorte, contro cui egli imprecò considerandola avversa. Per l'ultima tappa, quella che avrebbe dovuto sorvolare il Polo, dei due giornalisti aggregati a quella spedizione — Tomaselli per il Corriere, e Ugo Lago per il Popolo d'Italia di Mussolini —, c'era posto, sulla navicella, per uno solo. Lago e Tomaselli se lo giocarono a testa o croce. Con gran dispetto di Tomaselli, che non smise mai di considerarsene tradito, vinse e partì Lago, che non tornò più: quando l'aeromobile precipitò sul pack, lui rimase aggrappato insieme ad altri compagni al cordame dell'involucro col quale scomparve nel deserto bianco. Ma tutte le volte che se ne parlava, Tomaselli seguitava ad inveire contro la scalogna che lo aveva escluso da quel drammatico finale, come se gli avesse tolto la fortuna di descriverlo. Questo era Tomaselli, l'inviato speciale che nel suo mestiere di giornalista portava lo stesso spirito che aveva fatto di lui, nella Prima Guerra Mondiale, un superdecorato ufficiale di artiglieria alpina e gli ispirava una concezione quasi religiosa del "servizio". Non era un "brillante" né come scrittore né come parlatore. Ma di tutto quello che diceva, sia con la bocca che con la penna, si poteva stare sicuri che di inesatto o di inventato non c'era nemmeno una virgola. [...] Se raramente mi capita di parlare di lui, è perché l'ho conosciuto e frequentato sul declino della sua intemerata e ineccepibile carriera di testimone, e perché lui, nel raccontarla, non l'animava mai di aneddoti o di battute come, per esempio, il suo coetaneo Monelli. Ma se ai giovani che si avviano (poveretti!) a questo mestiere dovessi indicare un modello di dignità, serietà, dedizione e correttezza professionale non avrei dubbi sulla scelta: Cesco Tomaselli. (Indro Montanelli)

Note

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  1. Da Gli "ultimi" di Caporetto; citato in Cesco Tomaselli, ana.it, 9 luglio 2019.
  2. a b Da un articolo per il Corriere della Sera, ripubblicato sul giornale azienda Lancia; citato in Samuele Prosino, Vincenzo Lancia e l'era romantica dell'automobile, formulapassion.it, 28 luglio 2022.

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