Discussione:Giacomo Leopardi
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[modifica]Ho qualche dubbio che il nome per esteso convenga esporlo così. --F. Cosoleto 01:31, 21 set 2006 (UTC)
- Cioè meglio copiare la versione di wikipedia? O dici che è meglio proprio non scriverlo perchè non serve, qui? Nemo 20:50, 21 set 2006 (UTC)
Nel sesto aforisma riportato, si legge: "Chi comunica dopo cogli uomini, rade volte è misantropo". "Comunica DOPO cogli uomini"? Che senso ha? Sicuri che non fosse "POCO"?
- Probabile. Grazie per la segnalazione. --Nemo 22:56, 1 dic 2006 (UTC)
- Giusta segnalazione. Ho corretto la citazione. --DD 03:15, 22 dic 2007 (CET)
Amore e Morte
[modifica]ho aggiunto qualche verso della poesia amore e morte che non era stata menzionata.
Senza fonte
[modifica]Attribuite
[modifica]- Sono convinto che anche nell'ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino.
Landolfi cita Leopardi
[modifica]Alla fine de La pietra lunare di Tommaso Landolfi è posto come appendice un testo di Giacomo Leopardi, che è in realtà un insieme di periodi ripresi tutti da Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura (e ovviamente non un commento all'opera di Landolfi). Ho trovato frasi davvero interessanti, ma comunque non so bene quali scegliere e in che modo tagliarle. Riporto l'intera appendice; le ellissi e le notazioni fra parentesi quadre sono proprie di Landolfi, mentre il corsivo è di Leopardi.
- Ma adesso l’arte è venuta in un incredibile accrescimento, tutto è arte e poi arte, non c’è piú quasi niente di spontaneo, la stessa spontaneità si cerca a tutto potere, ma con uno studio infinito […]. In molte opere di mano dove c’è qualche pericolo o di fallare o di rompere ec., una delle cose piú necessarie perché riescano bene è non pensare al pericolo e portarsi con franchezza. Cosí i poeti antichi non solamente non pensavano al pericolo in cui erano di errare, ma, specialmente Omero, appena sapevano che ci fosse, e però franchissimamente si diportavano, con quella bellissima negligenza che accusa l’opera della natura e non della fatica. Ma noi timidissimi, non solamente sapendo che si può errare, ma avendo sempre avanti gli occhi l’esempio di chi ha errato e di chi erra, e però pensando sempre al pericolo (e con ragione perché vediamo il gusto corrotto del secolo che facilissimamente ci trasporterebbe in sommi errori, osserviamo le cadute di molti che per certa libertà di pensare e di comporre partoriscono mostri, come sono al presente, per esempio, i romantici) non ci arrischiamo di scostarci, non dirò dall’esempio degli antichi e dei classici, che molti pur sapranno abbandonare, ma da quelle regole (ottime e classiche ma sempre regole) che ci siamo formate in mente, e diamo in voli bassi, né mai osiamo di alzarci con quella negligente e sicura e non curante e dirò pure ignorante franchezza, che è necessaria nelle somme opere dell’arte, onde pel timore di non fare cose pessime, non ci attentiamo di farne delle ottime, e ne facciamo delle mediocri, non dico già mediocri di quella mediocrità che riprende Orazio, e che in poesia è insopportabile, ma mediocri nel genere delle buone cioè lavorate, studiate, pulitissime, armonia espressiva, bel verso, bella lingua, Classici ottimamente imitati, belle imagini, belle similitudini, somma proprietà di parole, (la quale soprattutto tradisce l’arte) insomma tutto, ma che non son quelle, non sono quelle cose secolari e mondiali […] [Ma d’altronde] s’è perduto il linguaggio della natura, e che questo sentimentale non è altro che l’invecchiamento dell’animo nostro, e non ci permette piú di parlare se non con arte […] Se quand’uno ha concepito non ha fatto appena metà del cammino, se mille e centomila che provando affetti e sentendo vivamente hanno scritto non sono riusciti a muovere negli altri gli stessi affetti e non si leggono da nessuno, se infiniti esempi e ragioni provano quanto sia la forza dello stile e come una stessa immagine esposta da un poeta di vaglia faccia grand’effetto e da un inferiore nessuno, se Virgilio senz’arte non sarebbe stato Virgilio, se in poesia un bel corpo con vesti di cencio, dico, bei sensi senza bello stile, ordine, scelta ec. non si soffrono e non si leggono e sono condannati non mica dai pregiudizi, ma dal tempo giudice incorrotto e inappellabile, se colla proprietà, eleganza, nobiltà ec. ec. ec. delle parole e della lingua e delle idee, colla scelta, coll’ordine, colla collocazione ec. ec. infinite necessarissime doti si procacciano alla poesia; c’è bisogno dell’arte, e di grandissimo studio dell’arte, in questo nostro tempo massimamente […]. [Nondimeno] Provatevi a respirare artificialmente e a fare pensatamente qualcuno di quei moltissimi atti che si fanno per natura; non potrete, se non a grande stento e men bene. Cosí la tropp’arte nuoce a noi; e quello che Omero diceva ottimamente per natura, noi pensatamente e con infinito artifizio non possiamo dirlo se non mediocremente, e in modo che lo stento piú o meno quasi sempre si scopra […]. Anche chi è veramente grande sa pesare adesso e conoscere la sua grandezza, sa sviscerare a sangue freddo il suo carattere, esaminare il merito delle sue azioni, pronosticare sopra di se, scrivere minutamente colle piú argute e profonde riflessioni la sua vita: nemici grandissimi, ostacoli terribili alla grandezza; che anche l’illusioni ora si conoscono chiarissimamente esser tali, e si fomentano con una certa compiacenza di se stesse, sapendo però benissimo quello che sono. […]. La ragione è nemica d’ogni grandezza; la ragione è nemica della natura; la natura è grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto piú difficilmente sarà grande, quanto piú sarà dominato dalla ragione; ché pochi possono esser grandi; e nelle arti e nella poesia forse nessuno, se non sono dominati dalle illusioni. […] questo grand’ideale dei tempi nostri, questo conoscere cosí intimamente il cuor nostro, questo analizzarne, prevederne, distinguerne ad uno ad uno tutti i piú minuti affetti, quest’arte insomma psicologica, distrugge l’illusione senza cui non ci sarà poesia in sempiterno, distrugge la grandezza dell’animo e delle azioni […] mentre l’uomo, preso in grande, si allontana da quella puerizia in cui tutto è singolare e maraviglioso, in cui l’immaginazione par che non abbia confini, da quella puerizia che cosí era propria del mondo a tempo degli antichi, come è propria di ciascun uomo al suo tempo, perde la capacità di esser sedotto, diventa artificioso e malizioso, non sa piú palpitare per una cosa che conosce vana, cade tra le branche della ragione, e se anche palpita (perché il cuor nostro non è cangiato, ma la mente sola), questa benedetta mente gli va a ricercare tutti i secreti di questo palpito, e svanisce ogn’ispirazione, svanisce ogni poesia […]. Ma [si ripete in conclusione] questo senno e questa esperienza sono la morte della poesia […].
--Almicione (scrivimi) 22:07, 27 feb 2017 (CET)
- Sì, da questi passi si possono ricavare molte citazioni interessanti e molte potrebbero essere riportate nella voce. La cosa migliore da fare secondo me è ricercare ciascuna di essa all'interno dell'opera disponibile su Wikisource e valutarla in base al contesto, questo permetterà di capire meglio quali tagli eventualmente apportare. Alcune, ad esempio «La ragione è nemica d’ogni grandezza; la ragione è nemica della natura; la natura è grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto piú difficilmente sarà grande, quanto piú sarà dominato dalla ragione; ché pochi possono esser grandi; e nelle arti e nella poesia forse nessuno, se non sono dominati dalle illusioni.» potrebbero essere riportate esattamente come le ha tagliate e citate Landolfi, andrebbero solo ricercati i riferimenti su Wikisouce.--AssassinsCreed (scrivimi) 21:37, 1 mar 2017 (CET)
- Sì, in realtà li avevo già trovati tutti (basta cercare l'inizio del periodo su Google); se preferisci, allego i link di Wikisource a tutti i periodi. Comunque anche a me quella citazione aveva colpito particolarmente.
- Per mia comodità, riporto l'edizione dell'opera da cui ho attinto: Tommaso Landolfi, La pietra lunare, Adelphi, Milano, 1995, pp. 149-152. ISBN 88-459-1176-4 --Almicione (scrivimi) 23:07, 1 mar 2017 (CET)
- Come AssassinsCreed. --Superchilum(scrivimi) 14:00, 3 mar 2017 (CET)
- Preferite quindi che alleghi i link di Wikisource per ogni periodo? --Almicione (scrivimi) 20:28, 3 mar 2017 (CET)
- Come AssassinsCreed. --Superchilum(scrivimi) 14:00, 3 mar 2017 (CET)
- Sì, da questi passi si possono ricavare molte citazioni interessanti e molte potrebbero essere riportate nella voce. La cosa migliore da fare secondo me è ricercare ciascuna di essa all'interno dell'opera disponibile su Wikisource e valutarla in base al contesto, questo permetterà di capire meglio quali tagli eventualmente apportare. Alcune, ad esempio «La ragione è nemica d’ogni grandezza; la ragione è nemica della natura; la natura è grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto piú difficilmente sarà grande, quanto piú sarà dominato dalla ragione; ché pochi possono esser grandi; e nelle arti e nella poesia forse nessuno, se non sono dominati dalle illusioni.» potrebbero essere riportate esattamente come le ha tagliate e citate Landolfi, andrebbero solo ricercati i riferimenti su Wikisouce.--AssassinsCreed (scrivimi) 21:37, 1 mar 2017 (CET)
- Per quanto mi riguarda puoi inserire direttamente nella voce le citazioni che ritieni più significative, con opportuno riferimento a Wikisource. Se poi hai una particolare difficoltà nella cernita, potrei occuparmene io. O ci sono altri particolari problemi?--AssassinsCreed (scrivimi) 22:42, 3 mar 2017 (CET)
- La difficoltà è proprio nella cernita! Per il mio gusto per i lunghi passi e la mia difficoltà nel pescare l'essenziale, finirei per ficcarci tutta l'appendice in pagina. A ogni modo, scrivo qui sotto le citazioni che personalmente inserirei e poi magari voi ampliate, tagliate, eliminate. Dunque:
- In molte opere di mano dove c’è qualche pericolo o di fallare o di rompere ec., una delle cose piú necessarie perché riescano bene è non pensare al pericolo e portarsi con franchezza. [...] Ma noi timidissimi, non solamente sapendo che si può errare, ma avendo sempre avanti gli occhi l’esempio di chi ha errato e di chi erra, e però pensando sempre al pericolo (e con ragione perché vediamo il gusto corrotto del secolo che facilissimamente ci trasporterebbe in sommi errori, osserviamo le cadute di molti che per certa libertà di pensare e di comporre partoriscono mostri, come sono al presente, per esempio, i romantici) non ci arrischiamo di scostarci, non dirò dall’esempio degli antichi e dei classici, che molti pur sapranno abbandonare, ma da quelle regole (ottime e classiche ma sempre regole) che ci siamo formate in mente, e diamo in voli bassi, né mai osiamo di alzarci con quella negligente e sicura e non curante e dirò pure ignorante franchezza, che è necessaria nelle somme opere dell’arte, onde pel timore di non fare cose pessime, non ci attentiamo di farne delle ottime, e ne facciamo delle mediocri, non dico già mediocri di quella mediocrità che riprende Orazio, e che in poesia è insopportabile, ma mediocri nel genere delle buone cioè lavorate, studiate, pulitissime, armonia espressiva, bel verso, bella lingua, Classici ottimamente imitati, belle imagini, belle similitudini, somma proprietà di parole, (la quale soprattutto tradisce l’arte) insomma tutto, ma che non son quelle, non sono quelle cose secolari e mondiali, insomma non c’è piú Omero, Dante, l’Ariosto, insomma il Parini, il Monti sono bellissimi ma non hanno nessun difetto. (9-10)
- La ragione è nemica d’ogni grandezza; la ragione è nemica della natura; la natura è grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto piú difficilmente sarà grande, quanto piú sarà dominato dalla ragione; ché pochi possono esser grandi; e nelle arti e nella poesia forse nessuno, se non sono dominati dalle illusioni. (14; già presente, tagliata, nella pagina)
- [...] e non si avvedono [i romantici] che appunto questo grand’ideale dei tempi nostri, questo conoscere cosí intimamente il cuor nostro, questo analizzarne, prevederne, distinguerne ad uno ad uno tutti i piú minuti affetti, quest’arte insomma psicologica, distrugge l’illusione senza cui non ci sarà poesia in sempiterno, distrugge la grandezza dell’animo e delle azioni [...]: e non si avvedono che s’è perduto il linguaggio della natura, e che questo sentimentale non è altro che l’invecchiamento dell’animo nostro, e non ci permette piú di parlare se non con arte [...]. (16-17)
- --Almicione (scrivimi) 13:26, 4 mar 2017 (CET)
- Per me vanno bene così, al massimo nell'ultima citazione quando dice «e non si avvedono» aggiungerei un ndr per scrivere a chi Leopardi si riferiva: i romantici, credo, in questo caso.--AssassinsCreed (scrivimi) 14:47, 4 mar 2017 (CET)
- Bene! Le ho inserite, con l'NDR. Andrebbero, se possibile, inserite le informazioni bibliografiche del volume curato da Carducci (e accertarsi che per la «La ragione è nemica d'ogni grandezza [...]» è rimasta proprio quella). --Almicione (scrivimi) 16:31, 4 mar 2017 (CET)
- Per me vanno bene così, al massimo nell'ultima citazione quando dice «e non si avvedono» aggiungerei un ndr per scrivere a chi Leopardi si riferiva: i romantici, credo, in questo caso.--AssassinsCreed (scrivimi) 14:47, 4 mar 2017 (CET)
- La difficoltà è proprio nella cernita! Per il mio gusto per i lunghi passi e la mia difficoltà nel pescare l'essenziale, finirei per ficcarci tutta l'appendice in pagina. A ogni modo, scrivo qui sotto le citazioni che personalmente inserirei e poi magari voi ampliate, tagliate, eliminate. Dunque:
- Per quanto mi riguarda puoi inserire direttamente nella voce le citazioni che ritieni più significative, con opportuno riferimento a Wikisource. Se poi hai una particolare difficoltà nella cernita, potrei occuparmene io. O ci sono altri particolari problemi?--AssassinsCreed (scrivimi) 22:42, 3 mar 2017 (CET)