Edoarda Masi
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Edoarda Masi (1927 – 2011), saggista e sinologa italiana.
Citazioni di Edoarda Masi
[modifica]- A Roma ho studiato il cinese per quattro anni, poi, nel 1957, sono andata in Cina chiedendo l’aspettativa. Sono stata un po' più di un anno all’Università di Pechino. Avevo una borsa di studio di tre anni a Pechino, ma avrei perso il lavoro in Italia, quindi sono tornata. Anche perché, per ciò che mi importava – la lingua contemporanea – ne sapevo abbastanza, e ho continuato a studiare in Italia. Sono tornata nel 1958, sono stata a Roma ancora due o tre anni, ma lì la vita era sempre più insopportabile, e ho chiesto il trasferimento a Milano. Me lo hanno dato immediatamente, in un giorno, d’ufficio, mi hanno pagato il trasporto delle mie cose, perché nessuno statale voleva trasferirsi da Roma a Milano – dove vi era carenza di personale, mentre a Roma ce n’era in eccesso. Sono rimasta a Milano alla Biblioteca Nazionale Braidense fino alla pensione, nel 1973.[1]
- Grazie a Fortini cominciai a frequentare i Quaderni piacentini, conobbi Piergiorgio Bellocchio, Grazia Cherchi, Goffredo Fofi. In seguito entrai nella redazione. [...] Molti degli articoli dei Quaderni piacentini sono stati tradotti in Europa e anche altrove. In Francia, la rivista di Sartre riprendeva i nostri articoli. In Germania, facevano opuscoletti dei nostri articoli. È stato un momento in cui è esistita in Europa una sinistra seria, nella quale gli italiani hanno avuto un ruolo. Quaderni piacentini per un certo periodo è stata la più bella rivista europea di politica-cultura.[1]
- Ho avuto una vita in fondo di piccola borghese italiana piuttosto comune, salvo il fatto che sono andata in Asia. Oggi tutti i giovani che studiano il cinese vanno in Asia. Ho studiato a Parma. Quando ho finito il liceo i miei professori mi hanno detto che dovevo studiare fisica, e avevano ragione. Io ero liberissima di scegliere, mio padre era una persona eccezionale, avanti di tre generazioni, anche per il modo di educare alla libertà. Però esisteva un influsso indiretto, mio padre era un uomo di lettere, e mi appariva naturale orientarmi verso le lettere.[1]
- Le motivazioni etiche, come quelle utilitarie, sono il punto di partenza delle posizioni assunte dagli individui e delle loro azioni. Dopo di che è necessaria un’analisi della realtà – risalire ai motivi e alle cause che generano i fatti che ripugnano alla nostra visione morale – e l’elaborazione di progetti alternativi e di strategie politiche. Diversamente, saremo solo quel che Hegel chiamava "anime belle".[1]
- Raniero Panzieri mi disse: «Comincia a frequentare le riunioni dei nostri Quaderni Rossi» e mi fece fare dei lavori. La rivista era quasi un sottoprodotto di un intenso lavoro precedente. Non ci si incontrava come si incontra una redazione, ma per organizzare un lavoro di studio, di inchiesta e di ricerca – specialmente nelle fabbriche torinesi. Si facevano grandissime sedute di discussioni. Poi alcuni dei risultati venivano pubblicati nella rivista, di cui uscirono appena cinque numeri. È stata per me un’esperienza straordinaria, ho avuto modo di incontrare un insieme di cervelli eccezionali. C’erano Vittorio Rieser, Giovanni Mottura, Liliana e Dario Lanzardo, Michele Salvati che era l’ala destra, Bianca Beccalli, Mariuccia Salvati, Mario Tronti, Toni Negri, Adriano Sofri, ecc... Il nucleo di quella che è stata poi la sinistra italiana pensante, in ogni direzione, è passato dalla rivista. Dopo un certo periodo, entrai a far parte della redazione.[1]
- Tradurre la poesia cinese è straordinariamente difficile, specie in italiano. È leggermente più facile tradurla in inglese. La lingua cinese non è flessa ed è molto sintetica. La lingua europea più sintetica e meno flessa è l’inglese. Se hai un verso cinese di cinque sillabe, in italiano diventa di venticinque sillabe. È necessario un vero poeta per tentare un equivalente. Questo vale per qualsiasi poesia, ma per la poesia di una lingua così diversa l’ostacolo è maggiore. Allora, alcuni fra i più grandi traduttori non poeti scelgono di fare quelle che Fortini chiamava traduzioni di servizio. Come nelle versioni interlineari, ti dicono il senso parola per parola, ti dicono il suono di ogni carattere cinese, e poi dànno una semplice versione in prosa del testo.[1]
- Uno dei mezzi con cui il capitale oggi (ma la tendenza era già visibile nell’Ottocento) tende in modo ancor più clamoroso a liberarsi del lavoro, con le sue giuste rivendicazioni, è la colonizzazione. Già Rosa Luxembourg aveva elaborato una teoria secondo me valida nella sostanza, nonostante le critiche ricevute per le carenze nei calcoli tecnico-matematici: il capitale ha avuto bisogno di espandersi fuori delle sfere industrializzate, perché vi trova manodopera disponibile, senza limiti, a costi bassissimi. Oggi la tendenza si è estesa al punto di coinvolgere non solo la manodopera industriale malpagata, ma il mondo contadino, dove le transnazionali sono penetrate direttamente attraverso il sistema dell’agribusiness, dei brevetti dei semi, ecc.[1]
Note
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