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Elisabeth Rachel Félix

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Elisabeth Rachel Félix ritratta da Édouard Louis Dubufe

Elisabeth Rachel Félix, nota con il nome d'arte di Rachel (1821 – 1858), attrice francese.

Citazioni su Elisabeth Rachel Félix

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  • Il talento di madamigella Rachel fece colpo per due caratteri, la sobrietà e la profondità. Il suo incesso, le sue pose, i suoi gesti, la sua voce, tutto concorreva a produrre, con una maravigliosa semplicità di mezzi, i più possenti effetti. Il giuoco della sua fisionomia era particolarmente notevole. Le passioni che meglio convenivano al suo naturale, erano le passioni suscettibili d'una violenta concentrazione. La gelosia e l'odio formavano il fondo di tutte le sue parti più belle, e interpretate da lei facevano tremare meno per ciò che esprimevano, che non per le sofferenze o le collere che lasciavano indovinare. (Francesco Regli

Citazioni in ordine temporale.

  • Madamigella Rachel non fu letterata e poetessa come Isabella Andreini, non fu così felice e varia d'ingegno come Adelaide Ristori, ma ebbe un pregio singolarissimo: galvanizzò la tragedia classica francese.
  • Ella avea diciott'anni. Grande della persona, di nobile portamento, appassionata, facea vibrare di tutta la potenza della sua altera anima, i versi della vecchia tragedia, e tutta la Francia andò presa all'arte sublime e in gran parte inconscia della attrice miracolosa.
  • Il suo nobile gesto, le sue attitudini scultorie si avvenivano all'idea che ci siamo formati delle regine e donne illustri dell'antichità. Meno potente nell'espressione dei sentimenti teneri e delicati che nell'ironia, nell'ira e nello sdegno si accostava anche per ciò a quella certa rigidità che troviamo nell'antica rappresentazione degli affetti.
  • Da questo eccellente libro [la corrispondenza dell'attrice pubblicata a Parigi, a cura di Giorgio d'Heylli] è apparsa ai miei occhi una nuova Rachel; non più nelle solenni attitudini della tragedia, nel costume di Fedra o di Atalia, ma una donna semplice, affettuosa, spiritosa, e soprattutto sincera sempre; nelle gioie, nei dolori, nei trionfi, nelle umiliazioni (ne toccarono anche a lei), nelle malattie, e nella morte. Più che della stessa arte che era la sua passione, essa parla e si preoccupa in tutte le lettere, dei suoi bambini, della madre, delle sorelle, e ha spesso accenti di ineffabile tenerezza.
  • Essa era l'antica Melpomene, un anacronismo vivente in pieno secolo decimonono. Tutto in lei era fatto a raffigurare e interpretare l'antichità, la sana e forte e serena antichità di Fidia e di Sofocle, che essa traduceva dagli alessandrini di Racine; i suoi grandi e profondi occhi neri, il suo sguardo da Nemesi, le chiome corvine, l'ovale perfetto del volto, e la fronte d'antica regina, fatta per il cerchio d'oro dei Greci, o per la fascia israelitica. Con un gesto, con una piega del manto, col levare del braccio, con l' inclinar della fronte, essa otteneva effetti più potenti e più sicuri che altre attrici con piangere e scalmanarsi; o col ricorrere a strani mezzi di raffinato artifizio, a delle chatteries di cocottes vestite da Andromaca o da Medea...
  • Povera Rachel! Come ti hanno calunniata, anche i critici tuoi ammiratori! «La Rachel, diceva un d'essi, è una specie di Lamia[1], una donna serpente; e riesce grande nella rappresentazione delle passioni perverse e diaboliche. Essa ha un volto e un portamento che paion fatti apposta per esprimere il veleno dei caratteri che rappresenta.» Perché essa conservava una inalterabile nobiltà statuaria di gesto, anche nei momenti di violenta passione; perché non ricorreva a contorsioni epilettiche o a isterici singhiozzi da melodramma, l'accusarono di insensibilità: e uno dei più famosi appendicisti di Francia la chiamò ad dirittura «artista incomparabile, ma senza cuore.»

Note

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  1. Le lamie, nella mitologia greca, erano figure femminili in parte umane e in parte animali, rapitrici di bambini o che adescavano giovani uomini per poi nutrirsi del loro sangue e della loro carne.

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