Epicarmo

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Epicarmo

Epicarmo (524 a.C. circa – 435 a.C. circa), commediografo, filosofo e poeta siceliota.

Citazioni di Epicarmo[modifica]

  • È la mente che vede e che ode; ogni altra cosa è sorda e cieca. (frammento 214 Kassel-Austin[1])
νοῦς ὁρῆι καὶ νοῦς ἀκούει· τἆλλα κωφὰ καὶ τυφλά
  • Tu non sei abile a parlare, ma incapace di tacere. (frammento 272 Kaibel, 29 D.-K.)[2]
οὐ λέγειν τυγ'ἐσσί δεινός, ἀλλά σιγάν ἀδύνατος.

Citazioni su Epicarmo[modifica]

  • Ad Epicarmo riferì l'antichità per bocca di Aristotile e di Platone l'invenzione della favola comica e il primato; e a lui fu attribuita raggiunta delle due nuove lettere, che pur si dissero Siracusane, all'alfabeto greco. Come filosofo fu poi detto pitagorico, sia fosse stato giovinetto discepolo di Pitagora, sia ne avesse seguite le dottrine, già comuni in Sicilia alla gente di stirpe dorica che l'abitava. Il teatro fu mezzo al nostro filosofo come educare alla virtù, e spargere nel popolo i dommi e le sentenze della scuola pitagorica; e gravissimo danno alle lettere e alla storia dell'antica Sicilia fu la perdita de' drammi e delle opere di Epicarmo, fra le quali si citano da Diogene Laerzio e dal Fabricio dei libri sulla natura delle cose, e sopra insegnamenti morali. (Vincenzo Di Giovanni)
  • De la favella dorica | argomentar potrai | che questo è il simolacro d'Epicarmo | di quel che ritroveronne la comedia | or qui nel bronzo sculto, | del vero, e vivo in vece, | o Bacco a te sacraro | ne la vasta Città di Siracusa | i Cittadini sui | com'era convenevole | ad uom sì ragguardevole. (Teocrito)

Note[modifica]

  1. Citato in Plutarco, De sollertia animalium, traduzione e note di Pietro Li Causi, cap. 3, in Aa. Vv., L'anima degli animali, Einaudi, Torino, 2015, pp. 230-231 (Plutarco cita il verso come un proverbio; sulla paternità di Epicarmo cfr. nota a p. 475). ISBN 978-88-06-21101-1
  2. Tramandato da Aulo Gellio (1,15,15 s.). Nel Gnomologium Parisinum (p. 20 Sternbach) è invece attribuito a Democrito. Citato in Renzo Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, Rizzoli, 1991, p. 12.

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