Félix de Azara
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Félix de Azara (1742 – 1821), geografo, naturalista, ingegnere militare e antropologo spagnolo.
Viaggi nell'America Meridionale
[modifica]Tomo I
[modifica]- [Sul giaguaro] È impossibile addimesticarlo, ed è forse più feroce e più forte del leone, giacchè non solamente uccide qualunque siasi animale, ma pur anco ha forza bastante per trascinar un cavallo, e un toro tutto intiero fino al bosco ove intende divorarlo, ed io stesso l'ho veduto carico della sua preda attraversare a nuoto un gran fiume. La maniera stessa con cui uccide gli animali che mangia ne indica la sua forza. Esso salta sopra un toro, o sopra un cavallo, gli mette una zampa sulla collottola, e coll'altra abbrancatogli il muso, in un momento ne torce il collo. Con tutto ciò non uccide che a proporzione del bisogno di mangiare; e quando il suo appetito è soddisfatto, lascia passare ogni specie d'animali senza attaccarli. (p. 189)
- [Sul giaguaro] Nulla teme, e qualunque sia il numero d'uomini che si presentano ad esso, se ne avvicina, ne prende uno, e comincia a mangiarlo senza darsi il fastidio di ucciderlo prima, e fa altrettanto dei cani, e dei piccoli animali.(p. 190)
- [Sul crisocione] Ne ho veduta una sola adulta, ma morta; ne ho avuto molte altre piccole, e che volli allevare col nudrirle di carne di vacca cruda, ma mi avvidi ben tosto che non la digerivano, e che la rendevano quasi come l'aveano inghiottita. Borbottavano, ed abbajavano assolutamente come i cani, ma con più forza, e d'un tono più confuso. Non facevano alcuna attenzione ai polli che passavano vicini ad esse, ma mangiavano i piccoli uccelli, i sorci, le uova, le melarancie, e la canna da zucchero. (p. 204)
- [Sul crisocione] Quest'animale fugge sempre; non fa alcun male agli armenti; è notturno e solitario: molti abitanti della campagna assicurano che nel cuore, nelle reni, e nell'interiora di qualche individuo di questa specie si trovano sovente api, vermi, ed anche vipere. (pp. 204-205)
- Il guarachy è comunissimo in queste contrade. Ha la pupilla dell'occhio come quella del gatto. È notturno, e le sue forme ed abitudini non differiscono punto da quelle della volpe d'Europa. Noseda ne addomesticò uno che divenne familiare quanto un cane, ma gli mangiava tutti i polli. (p. 206)
Tomo II
[modifica]- Gl'Indiani parlano ordinariamente a voce più bassa di noi, né io parlando ricercano di conciliarsi l'attenzione collo sguardo: movono assai poco le labbra per pronunziare, ed il linguaggio loro è, più che altra cosa, gutturale, e nasale: e accade assai frequente che a noi sia impossibile l'esprimere colle nostre lettere i loro suoni, o le loro parole: quindi è oltre modo difficile imparare queste lingue, e il saperne anche una sola in modo da poterla parlare. (pp. 8-9)
- [Sui charrúa] Sulle prime gli Spagnuoli tentarono di stabilirsi nel loro paese, ed a tal fine inalzarono diverse fabbriche, ed un piccolo forte, edificarono in seguito una città alla foce del fiume di San-Juan, ed un'altra al confluente de'fiume di San-Salvador, e Uruguay. Ma tutto venne atterrato dai Charruà, i quali non permisero, che nessuno si stabilisse nel loro territorio, sintanto che gli Spagnuoli colla fondazione della città di Montevideo accaduta nel 1724, non ebbero insensibilmente respinti verso il nord i suddetti selvaggi allontanandoli dalla costa: operazione che costò molti e molti sanguinosi combattimenti. (p. 10)
- [Sui charrúa] La loro statura media mi pare, che sorpassi di un pollice quella degli Spagnuoli, ed è più uniforme in tutti gl'individui. Sono agili, diritti, e ben proporzionati, né si ritrova un solo fra essi, il quale sia contraffatto, o troppo grasso, o eccessivamente magro. Portano alta la testa, ed hanno fronte, e fisionomia aperta, segni dell'orgoglio e della naturale loro ferocia. (p. 12)
- [Sui charrúa] Essi non tagliano giamma i capelli. Le donne li lasciano cadere: ma gli uomini li raccolgono, e gli adulti infiggono verticalmente alcune penne bianche nel nodo che li riunisce. Se possono procurarsi un pettine ne fanno uso; ma ordinariamente si valgono delle dita. Sono essi carichi di pidocchi, che le donne ricercano con piacere per procurarsi la soddisfazione di tenerli per qualche tempo sulla punta della lingua, che espressamente sporgono in fuori, indi stritolarli e mangiarli. Costume si ributtante è generalmente stabilito presso tutte le Indiane, ed anche fra le donne mulatte e la ciurmaglia del Paraguay. (p. 13)
- [Sui charrúa] Poco dopo la nascita di un fanciullo la madre gli trafora da una parte all'altra il labbro inferiore, e v'introduce un pezzo di legno lungo quattro o cinque pollici, e che ha due linee di diametro, cui si dà il nome di barbotto. Gli uomini non lo depongono in tutta la loro vita, nemmeno per dormire, e lo levano nel solo caso di rimetterne un altro, quando il primo è rotto. Ad assicurarsi che esso non cada, è formato di due pezzi, l'uno che s'introduce dalla parte interna del labbro, e che all'estremità rivolta verso la gengiva è largo e schiacciato, onde non possa entrar tutto nel foro: l'altra estremità che esce appena del labbro ha un buco in cui si conficca per forza dalla parte esterna il secondo pezzo del barbotto. (pp. 14-15)
- [Sui charrúa] Credo che essi non abbiano mai coltivata la terra: almeno oggidì non la coltivano al certo: i medesimi si nudriscono unicamente della carne delle vacche selvagge, che abbondano nel loro distretto. Le donne sono incaricate della cucina, ma tutte le loro vivande si riducono ad arrosti senza sale. (p. 17)
- [Sui charrúa] Non conoscono essi né giuochi, né danze, non canti, o suoni, non società di passatempo. Il contegno ne è così grave, che non vi si possono distinguere le traccie delle passioni. Il loro riso si riduce ad aprir leggermente gli angoli della bocca, né essi conoscono ciò che chiamasi scoppio di risa. Il loro accento non è né alto, né sonoro, e parlano a voce sommessa, sin quando si lagnano nel caso d'essere soggiogati, ed uccisi. Temono essi tanto l'incomodo del parlar forte, che avendo affari con qualcuno distante da loro dieci passi preferiscono al chiamarlo il corregli dietro per raggiungerlo. Non adorano alcuna divinità, e non hanno religione veruna: sono quindi in uno stato inferiore all'uomo primitivo della natura quale ci viene descritto da alcuni filosofi che gli attribuiscono una religione. (pp. 17-18)
- [Sui charrúa] Sono tutti eguali: niuno è addetto al servizio dell'altro a riserva di alcune vecchie, le quali non sapendo come vivere si riuniscono a qualche famiglia, o si prendono l'impiego di seppellire i morti. (pp. 18-19)
- Nell'osservare che i Charruà hanno recato agli Spagnuoli maggior danno, ed effusione di sangue che non gli eserciti di Montezuma e degl'Incassi si sarebbe tentati a credere, che questi selvaggi formassero una nazione numerosissima. Ebbene, sappiasi che quelli, che vivono al dì d'oggi, e che fanno a noi guerra sì crudele non formano sicuramente un corpo di quattrocento combattenti. All'oggetto di sottometterli sono stati sovente spediti contro di essi più di mille veterani tanto in massa, quanto suddivisi in corpi per prenderli in mezzo. Ciò ha portato colpi terribili ai medesimi, ma non ostante costoro sussistono ancora, ed hanno ucciso molti de' nostri. (p. 23-24)
- [Sui charrúa] All'atto in cui l'uomo si marita forma una famiglia a parte, e lavora per nudrirla: fino a quell'epoca egli è vissuto a spese dei genitori senza far nulla, né andare alla guerra, né comparire alle adunanze. La poligamia vi è permessa: ma una sola donna non può mai avere due mariti: in oltre se un uomo ha più di una moglie, ciascuna di queste lo abbandona se trova altr'uomo che consenta di averla per unica consorte. Il divorzio è libero egualmente ad entrambi i sessi: ma questo accade di rado dopo che sono nati i figli. Le sole conseguenze dell'adulterio sono alcuni colpi di pugni che la parte offesa scarica su i complici nel solo caso, in cui vengano sorpresi sul fatto. I genitori nulla insegnano, nulla proibiscono ai loro figli, i quali non sanno che sia esercitare rispetto verso i primi; fedele in ciò all'universale loro principio di fare ciascuno quello che vuole senza essere impedito da ragione di riguardi, o da forza di autorità. I figli divenuti orfani vengono raccolti da qualche parente. (pp. 25-26)
- [Sui charrúa] Se il morto è padre, o marito, o fratello adulto, le figlie e le sorelle adulte si recidono non meno della moglie una delle articolazioni, o giunture delle dita ad ogni morte, e tale operazione incomincia dal dito piccolo. In oltre s'immergono da parte a parte nelle braccia, nel seno, e ne'fianchi dalla cintura in su il pugnale, o la lancia del defunto: io medesimo sono stato spettatore del fatto: dopo di ciò passano due mesi ritirate nelle loro capanne, non occupandosi che di piangere, e vivendo di scarsissimo nudrimento. Io non ho conosciuta una sola donna adulta, che avesse intatte le sue dita, e che non portasse sul corpo cicatrici di colpi di lancia. (p. 28)
Bibliografia
[modifica]- Felice di Azara, Viaggi nell'America meridionale, traduzione di Gaetano Barbieri, tomo I, Tipografia Sonsogno e Comp., 1817
- Felice di Azara, Viaggi nell'America meridionale, traduzione di Gaetano Barbieri, tomo II, Tipografia Sonsogno e Comp., 1817
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