Francesco Pacchiani
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Francesco Giuseppe Maria Pacchiani (1771 – 1835), presbitero, fisico, chimico, insegnante e letterato italiano.
Citazioni su Francesco Pacchiani
[modifica]- Il magnifico canonico da Prato, come lo chiamò Giambatista Niccolini. Cinque parole che valgono un monumento.
- Quest'uomo singolarissimo, il cui solo nome profferito settanta e cinquanta o trenta anni or sono sortiva il magico effetto di fare atteggiare mille e mille bocche a quell'increspatura di sorriso che rivela una viva esultanza dell'animo, e per cui anc'oggi qualche vecchio, o a pronunziarlo o ad udirlo sente passarsi fra ruga e ruga come un soffio di giovinezza: fu uno di quei nostri carissimi nonni pieni di rosea salute, briosi, caustici, delizia delle brigate, dall'ingegno sfavillante, scomparsi senza eredi su' primi del nostro secolo, quando l'anemia non anche aveva stemperato nello sbaviglio[1] isterico le generazioni.
- Una sera, in villa, mentre la sala era già piena, un servo annunzia l'arguto e mondano canonico [Pacchiani]. Si fa un profondo e istantaneo silenzio, e tutti si volgono risolenti, perché il cuore di tutti si apre come per incanto alla gioia. Si sentiva, infatti, che ci mancava qualcuno, il deus ex machina. Il Pacchiani s'inchina alla contessa e le serra fra le sue la mano celebratissima e gliela guarda sospirando e se la porta sul cuore. Silenzio anche più profondo, e sguardi avidi da ogni parte, perché ognuno presentisce un balenìo epigrammatico. Il quadro era tipico; la signora, sdraiata mollemente sul sofà, lasciava con noncuranza che il canonico le guardasse la mano, gliela carezzasse come si fa del velluto e sospirasse; finché ubbidendo a quella vanità cui l'aveva ausata il Canova, chiede:
«Non avete, insomma, nessuna strofa per questa mano[2], canonico?
«E come no, contessa?...
Avess'io tanti gigliati | nella vuota mia scarsella, | quanti........ | questa man gentile e bella!
Alla felice e sfacciata improvvisazione dei quattro ottonari (non, s'intende, castrati come qui li castriamo per rispetto a chi legge) le signore e i vegliatori dettero in una risata e in una smanacciata da far tremare le pareti, mentre la contessa sorrideva pacatamente come se quei versi non la riguardassero né men per ombra o fossero zucchero e miele secondo il codice poetico del Metastasio o del Gessner. I gigliati, poi, eran monete fiorentine portanti in rilievo un giglio, d'onde il nome loro.