Franco Calamandrei

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Franco Calamandrei (1917 – 1982), partigiano, giornalista e politico italiano.

Citazioni di Franco Calamandrei[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Al padre Piero] È questa prevenzione (reciproca, indubbiamente, ma più forte ed esasperata da parte tua) che rende difficili i nostri rapporti, la nostra comprensione: tu cerchi in me non tanto quello che ci accomuna, che ci avvicina, che ci rende fratelli, oltre che padre e figlio, ma quello che ci mette in contraddizione, che ci oppone, che ci separa: lo fai per un'abitudine, inizialmente giustificata da certi miei atteggiamenti e forse anche da certi sentimenti, ma ormai quasi del tutto infondata e anacronistica. [...] Ma lasciamo stare da parte di chi sia la colpa: quel che è importante ora è di rassicurarti: e vorrei che questa lettera partisse e giungesse come il lampo a convincerti che non hai nulla da temere per me.[fonte 1][fonte 2]
  • Sono nato a Firenze il 21 settembre del 1917. I miei genitori appartenevano alla piccola borghesia della città. Mio padre era professore universitario di materie giuridiche, mia madre maestra elementare. Negli anni della mia infanzia mio padre prese ad esercitare con successo, accanto all'insegnamento universitario, la professione di avvocato: il nostro tenore di vita migliorò notevolmente, fino ad innalzarci al livello della media borghesia agiata. Frequentai il ginnasio, il liceo classico, e mi iscrissi alla facoltà di Legge dell'Università, intenzionato a seguire mio padre nella professione forense. Mio padre era antifascista, di quell'antifascismo crociano e attendista, tipico di tanti intellettuali borghesi di allora. Era inoltre, per tradizione familiare, un laico, e non mi aveva battezzato. Non ero stato iscritto né ai "balilla" né agli "avangardisti". Giunto all'Università ed avendo cominciato a vivere più all'infuori dell'ambiente famigliare, fui influenzato dalla propaganda fascista. Credetti di vedere nel fascismo la possibilità di uno slancio collettivo ed unanime, di una solidarietà dell'entusiasmo, di una polemica contro la grettezza e l'egoismo borghese; d'altra parte, sempre di più mi irritò il carattere sterile ed inerte dell'antifascismo di mio padre e dei suoi amici.[fonte 3]
  • Mio padre, Piero Calamandrei, risiede a Firenze. Insegna ancora all'Università ed esercita ancora la professione di avvocato. È stato nel Partito d'Azione, poi dopo lo scioglimento del Partito d'Azione, è passato all'Unione Socialisti, e nella lista dell'Unione Socialisti è stato eletto deputato alla Camera. I miei rapporti con lui sono abbastanza buoni: ci troviamo d'accordo sul terreno del laicismo e su quello della legalità democratica; evitiamo di discutere, le rare volte che ci vediamo, sul Parito, i suoi rapporti con la "terza forza", l'Unione Sovietica, perché una volta o due che questo è accaduto la discussione è degenerata in una litigata violenta.[fonte 3]
  • Giorgio non era mai stato un monarca brillante: una forma molto pronunciata di balbuzie, dissimulata a fatica e dopo un lungo esercizio, gli rendeva difficile pronunciare discorsi nelle circostanze ufficiali e gli creava permanentemente un complesso di inferiorità.
    Anche per questo, il suo intervento nella politica britannica è stato di gran lunga meno effettivo di quello dei suoi predecessori, di suo padre Giorgio V, del nonno Edoardo VII e di Vittoria[1].[fonte 4]

Note[modifica]

  1. Vittoria, regina del Regno Unito e imperatrice d'India, madre di Edoardo VII.

Fonti[modifica]

  1. Dalla lettera del 23 febbraio 1940; riportata in Piero e Franco Calamandrei, Una famiglia in guerra: Lettere e scritti (1939-1956), a cura di Alessandro Casellato, Laterza, 2008, p. 27. ISBN 978-88-420-7910-1.
  2. Citato parzialmente in Sergio Luzzatto, Calamandrei, quando il figlio educa il padre, corriere.it, 18 aprile 2018.
  3. a b Dal dattiloscritto firmato con data Milano, 18 gennaio 1950 e titolo Autobiografia del compagno Franco Calamandrei, conservato nell'archivio di famiglia; una copia venne consegnata alla Sezione Quadri della federazione milanese del PCI; riportato in Piero e Franco Calamandrei, Una famiglia in guerra: Lettere e scritti (1939-1956), a cura di Alessandro Casellato, Laterza, 2008, pp. 202-207. ISBN 978-88-420-7910-1
  4. Da Giorgio VI è morto ieri, in l'Unità, 7 febbraio 1952, p. 1.

Voci correlate[modifica]

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