Franco Cuomo

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Franco Cuomo (1938 – 2007), giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Franco Cuomo[modifica]

  • Non è azzardato dire oggi di Cyrano che fu certamente una figura emblematica di intellettuale emarginato per sua scelta personale. (da Edmond Rostand, Cirano di Bergerac, a cura di Franco Cuomo, Newton & Compton, 2002)

Carlo Magno[modifica]

Incipit[modifica]

La congiura fallì per un nonnulla, che nessuno avrebbe potuto prevedere. La figlia della cameriera Margista, somigliante alla principessa Berta come una gemella, aveva i piedi piccolissimi, mentre Berta li aveva invece enormi.
L'avvenente Bertrada di Laon, detta anche Berta, sarebbe dovuta giungere in quei giorni alla villa regia di Heristal, nel cuore d'Austrasia, dove il promesso sposo Pipino l'attendeva con fervida impazienza. Il piano consisteva nel fare leva appunto su quel suo acceso desiderio di poter finalmente incontrare la ragazza di cui si era innamorato un anno prima, per un semplice scambio di sguardi, durante una caccia nei possedimenti del genitore di lei Caroberto, sulla Loira.

Citazioni[modifica]

  • [In prefazione] Carlo Magno, figlio di Pipino il Breve e Berta di Laon, nacque nel 742 a poche leghe da Maastricht, nel castello di Heristal, antica dimora di famiglia.
    Con un colpo di stato Pipino detronizzò l'ultimi re merovingio e ne prese la corona, diventando re dei franchi. Il regno fu diviso alla sua morte tra i figli Carlo e Carlomanno, per essere poi riunito da Carlo sotto un unico scettro alla morte del fratello. Iniziò da quel momento l'espansione che avrebbe portato alla conquista del regno longobardo d'Italia e alla creazione di un impero europeo di oltre un milione di chilometri quadrati di superficie, denominato Sacro e Romano per esprimere la volontà di un'armonia universale fondata sull'equilibrio tra i valori dello spirito e la forza delle armi. Nasceva in questa luce la cavalleria moderna, che all'antica barbarie sostituiva principi di solidarietà umana, lealtà verso i propri stessi nemici, pietà per l'avversario battuto sul campo. (p. 7)
  • Mi spetta che sia un santo a ungermi re visto che ho tanto atteso perché lo fossi per grazia di Dio. (p. 55)
  • È preferibile che il titolo di re sia in possesso di chi dispone del corrispondente potere e non di colui che ne è rimasto privo. (p. 56)
  • La Forza abbandona chi la nomina. (p. 67)
  • Dio non è neutrale. Dio partecipa alla guerra militando dalla parte del giusto. (p. 116)

Elogio del libertino[modifica]

Incipit[modifica]

Dongiovanni è un seduttore, Casanova un sedotto. Entrambi a vita.
Non è che una delle innumerevoli distinzioni possibili tra i due personaggi, ma la più elementare, quindi la più evidente.

Citazioni[modifica]

  • Casanova ama – perdutamente, irrimediabilmente ama – tutte le donne con cui ha a che fare; Dongiovanni le usa, invece, senza amarle, anzi disprezzandole. Casanova vorrebbe sposarle tutte, tenersele tutte per sempre, se non fossero loro ad abbandonarlo; Dongiovanni deve sfuggirle tutte, dato che nessuna lo abbandonerebbe mai. (1993, p. 11)
  • Per Dongiovanni l'avventura va oltre le galere umane: lui sfida Dio. Esemplare in tal senso assai più della spregiudicata fantasia erotica è l'invenzione di Molière sull'incontro del seduttore con il mendicante: Dongiovanni offre allo sventurato una moneta d'oro e gli chiede in cambio di bestemmiare. Quel povero disgraziato, lacero e tormentato dalla fame, pur non avendo avuto che maltrattamenti dalla sorte, rifiuta di inveire contro Dio temendo di dannarsi l'anima. Dongiovanni, che l'anima se la gioca ogni giorno, lo deride. (1992, p. 13)
  • Al libertino sono indispensabili larghi spazi domestici: deve poter camminare molto, lungo tetri corridoi e stanze disadorne, la notte, per aiutarsi a coltivare antiche malinconie (senza le quali sarebbe appunto un dongiovanni, magari un play-boy da rivista femminile) e incolmabili sensi di colpa, tormenti indispensabili al mantenimento del suo ruolo. (2020, p. 33)
  • La città è per il libertino le donne che la abitano. (1003, p. 36)
  • Ed è sulla tavola imbandita che si celebrano generalmente i preliminari di qualsiasi rito d'amore.
    Il ristorante e l'albergo sono i templi abituali di codesta liturgia. Ma il libertino dev'essere comunque in grado di cucinare per proprio conto ed improvvisare menù pittoreschi dando fondo alle risorse dei frigoriferi più sguarniti. (1993, p. 43)
  • Il partito è maschile, il libertino non può amarlo. Ed è maschile non soltanto perché costruito ad uso ed immagine dei maschi, ma soprattutto perché assorbe nel suo tessuto maschile anche le donne che ne fanno parte, atrofizzandone la natura femminile. (1993, p. 49)
  • In realtà il conte Dracula – come Casanova e Dongiovanni, come Sade e Restif de la Bretonne – dovrebbe essere collocato nell'immaginario dell'amore prima che in quello dell'orrore. Con l'aggiunta di una sottolineatura crudele che, lungi dal rappresentare un limite, rientra per acquisizione non soltanto letteraria – ma di comune prassi erotica – tra le componenti essenziali della ritualità libertina.
    Il bacio del vampiro è il morso dell'amante. (1993, pp. 73-74)
  • La sida (cioè la «sindrome da immunodeficienza acquisita» impropriamente detta aids in un lessico volgare che si compiace di americanismi inutili) non ha mutato se non in superficie il costume libertino. Ha seminato il panico fra i turisti del sesso, tra gli apprendisti dell'eros, non tra coloro che dell'amore hanno fatto un esercizio di stile. (1993, p. 76)

Bibliografia[modifica]

  • Franco Cuomo, Carlo Magno, Newton Compton editori, 1998
  • Franco Cuomo, Elogio del libertino, Newton Compton editori, 1993. ISBN 8879830708

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