Gabriella Greison
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Gabriella Greison (1974 – vivente), fisica, scrittrice, drammaturga e attrice teatrale italiana.
Citazioni di Gabriella Greison
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Puoi lavorare 10 ore su un acceleratore di particelle, ma durante un convegno a esporre le le teorie scientifiche più dure sarà ancora il tuo collega uomo. [«La soluzione?»] In questo momento storico, per quanto riguarda questo Paese, credo che un aiuto possa arrivare dalle cosiddette "quote rosa". Intanto inseriamo un numero esatto di donne negli ambiti scientifici, poi si andrà per merito.[1]
- [«Quand'era bambina lei cosa sognava?»] Ero confusa, come tutti i bambini, ma ho sempre voluto fare qualcosa che mi permettesse di avere una certa visibilità. Così chiedevo ai miei "perché non ci sono vie dedicate alle donne?", e ancora "perché le uniche posizioni che contano le occupano le sante o le regine?". A un certo punto mi sono detta "voglio diventare Papa", ma anche in quel caso mi è stato detto "non si può, dev'essere un uomo". Così visto che le mie domande spesso facevano ridere, ho pensato "posso diventare una comica". Contemporaneamente amavo smontare gli oggetti, per cercare di capire quale fosse l'elemento più piccolo al loro interno. Sistematicamente venivo sgridata. Ho capito che la fisica poteva essere il luogo in cui essere me stessa. Il mondo dell'infinitamente piccolo, gli atomi, molto più delle galassie, mi hanno sempre affascinato. Dopo la laurea, poi, sono arrivate le prime discriminazioni. Io volevo eccellere e in Italia mi sembrava che la strada fosse preclusa. Mi dicevano "perché hai studiato fisica? Sei così bella". E questo alimentava la mia ironia, ma anche la mia ricerca continua. Ho deciso di andare all'estero, finché ho capito che dovevo trovare il mio modo di esprimermi.[1]
Lycia Mele Ligios, olbia.it, 23 marzo 2019.
- Quando mi sono laureata in fisica a Milano mi è venuto il desiderio grande di dire a tutti quanto è stato bello: i professori che ho seguito, con cui ho studiato, da cui mi sono fatta inebriare di racconti erano strepitosi. Loro mi hanno fatto vedere la fisica, prima – al liceo – non se ne ha minimamente la percezione di quanto sia bello. Loro mi hanno fatto conoscere i grandi fisici del XX secolo come se fossero amici con cui parlare ogni giorno. Ed erano personaggi molto interessanti. Decisi di andare a Parigi per lavorare in un gruppo di ricerca internazionale, perché l'ambiente scientifico mi attraeva parecchio: e così è stato all'Ecole Polytechnique, dove ho conosciuto fisici molto in gamba e di livello eccezionale. Con il merito che prevaleva su ogni altro aspetto.
- Sono tornata in Italia con l'idea di portare il racconto della fisica, come lo avevo vissuto io, in una forma leggibile per tutti. Volevo creare la narrativa della fisica: che mancava in Italia, come in Europa. Mi proposi ai grandi quotidiani, ma mi presero per una spocchiosa pivella. Io dicevo: "ma io sono laureata in fisica", insistevo con loro, dicendo che mancava questo punto di vista. Ma, niente. E così entrai nelle porte che mi si aprivano più facilmente: quindi iniziai con Radio Popolare, e anche con il manifesto. Entrambi i posti sono stati accoglienti per me. Lì potevo fiorire. E iniziai il mio percorso.
- Il fiuto per la notizia mi ha portato ovunque, è stato divertente. È stato un gioco, per me. Sono stata l'ultima ad aver intervistato Giulio Andreotti. Sono stata l'ultima ad aver intervistato Rita Levi-Montalcini. Sono stata l'ultima ad aver intervistato Margherita Hack.
- I dettagli sono tutto. Ho lavorato su me stessa. Da sola. Autodidatta. Anche Einstein faceva così... L'ho fatto per tanti aspetti della mia vita. Anche quando volevo imparare ad andare su un surf da onda, guardavo ore, osservavo i più bravi, e poi emulavo.
- Il mio racconto è sui fisici del XX secolo perché loro mi piacciono più di tutti gli altri: sono quelli che hanno creato il nostro mondo.
- Ho lavorato molto sul mio modo di parlare in pubblico, sul linguaggio. All'inizio emulavo quelli più bravi di me. Inizio sempre così una cosa che non so fare. Per la scrittura, agli inizi, copiavo gli attacchi di Hemingway. Per il racconto orale, agli inizi ho trovato la mia ispirazione più grande in Carlo Lucarelli: sono sempre stata affascinata dai suoi libri, e dal suo modo di parlare. La gente a teatro mi diceva che gli ricordavo lui: eh certo, io a casa mi mettevo davanti allo specchio e cercavo di parlare come lui! Poi ho trovato la mia strada, ho lavorato su me stessa su come cambiare, su come trovare la personalità che mi rispecchiasse meglio. Ma continuo ad adorare Carlo Lucarelli, non ci posso fare niente, appena lo vedo in tv mi fermo e ascolto con molta attenzione cosa dice. Poche persone catalizzano la mia attenzione come lui: un'altra è Francesco De Gregori. Sogno un'ora a teatro con lui: lui che mi fa domande sulla fisica e io che gli faccio domande sulla vita, sulla sua spiritualità.
- Io racconto le donne del passato che hanno dato la possibilità a me e a tutte noi oggi di realizzare i nostri sogni. È come se ricevessimo un testimone da loro, e io lo porto in giro fiera nei teatri. Nel mio nuovo monologo "La leggendaria storia di Heisenberg e dei fisici di Farm Hall" c'è il racconto nella seconda parte di Lise Meitner, che potrebbe avere uno spazio tutto suo, se me lo chiedono. Le donne della scienza che racconto sono le mie eroine. E specchiandomi nelle loro vite vedo riflessa la parte di me stessa di cui prendermi cura come il più prezioso dei regali della vita.
Intervista di Gabriella Cantafio, iodonna.it, 1º novembre 2021.
- [Sull'origine della passione per la fisica quantistica] Ai tempi delle scuole medie, davanti a una bancarella, rimasi folgorata da un libro, il titolo era QED. Non avevo idea di cosa significasse, iniziai a leggere le prime pagine e non capivo nulla, chiesi a chi mi stava attorno e nessuno sapeva spiegarmi. Si trattava di un volume del fisico Richard Feynman sulla strana teoria della luce e della materia. Mi incuriosì sin dalle prime pagine perché sosteneva che le cose che raccontava non le aveva capite bene neanche lui, ma dava la sua versione per permette a chi leggeva di farsi una propria idea. In quel momento decisi che anch'io volevo farmi la mia idea su quell'argomento.
- Vedevo i nomi delle vie e mi incuriosiva il fatto che non ci fossero donne; mi dicevano che le uniche a cui erano state dedicate strade erano regine e sacerdotesse. Da quel momento, chiedendomi cosa facessero le altre donne che non emergevano, ho iniziato a sognare di fare qualcosa di eclatante, qualcosa che mi desse visibilità.
- [Sulla divulgazione] Sono entrata a piedi uniti in un ambiente che, fino a prima di me, era totalmente maschilista, con divulgatori uomini, anziani, alla lavagna. Io, con il background francese e americano, completamente lontana da questo schema classico, ho iniziato a raccontare il mondo dell'infinitamente piccolo con un'impronta disconosciuta in Italia. [...] Nei centri di ricerca capita che ti puntino il dito perché metti il rossetto, porti i tacchi o non raccogli i capelli, "mica devi fare sfilata" ti dicono. Ma io sono sempre andata oltre questi cliché e, fortunatamente, ho trovato un pubblico variegato, tra cui anche giovanissimi e giornalisti pronti a cogliere la mia "rivoluzione", tanto che sono stata definita la rockstar della fisica.
- L'autorità scientifica, purtroppo, ha perso di valore, tutti possono dire tutto e parlare di tutto, ma bisogna distinguere chi ha creato un personaggio fine a sé stesso e chi invece diffonde e racconta dati scientifici. Urge inserire un numero esatto di donne negli ambiti scientifici, poi si potrà proseguire per merito.
Note
[modifica]- ↑ a b Dall'intervista di Stefania Saltalamacchia, Gabriella Greison: «La fisica è un mestiere per donne», vanityfair.it, 25 ottobre 2021.
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