Gemma Bellincioni

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Gemma Bellincioni

Gemma Bellincioni, nata Matilda Cesira Bellincioni (1864 – 1950), soprano italiano.

Io e il palcoscenico[modifica]

  • Gayarre era molto amato dal pubblico di Lisbona, lo si considerava un vero e autentico Eletto, e lo era davvero, più che per l'arte, pel dono di natura della sua voce:... una voce di meravigliosa dolcezza, piena di un fascino strano che faceva sognare a suoni angelici e dava brividi di commozione unici, non mai uditi in altre voci per quanto più potenti della sua... voce di Paradiso... la chiamavano gli adoratori di Giuliano. (cap. III, pp. 47-48)
  • [Julian Gayarre] Era spagnolo di Havarra, non bello, tipo piuttosto comune, con capelli e barba rossiccia (a quell'epoca tutti i tenori Divi dovevano possedere una barbetta alla Nazzarena... era di stile) occhi piccoli, vivaci, statura appena media, nulla infine che potesse attirare menomamente, come uomo, se si aggiunge a tutto questo un'espressione quasi dura, tanto era profondamente triste... Giuliano sorrideva poco... forse il germe del male che lo trasse alla tomba relativamente giovane, e che sentiva in sé, gli dava quell'espressione di triste nostalgia!... (cap. III, p. 48)
  • [...] [Roberto] Stagno portava in sè un'impronta personale, alla quale difficilmente si poteva sottrarsi. Si è detto del suo carattere violento, del suo amor proprio esagerato, della sua gelosia da Otello... come tutto è falso!... mio caro e buon amico, anima generosa e grande, nessuno come me, che ha passato undici anni felici, i soli forse veramente felici della mia vita, può rendere giustizia alle qualità personali e di cuore che ti distinguevano, qualità veramente più uniche che rare! (cap. V, p. 76)
  • Tre grandi tenori si disputavano a quell'epoca il primato... tre vere glorie dell'arte, meraviglioso assieme di qualità riunite che davano sincero diletto allo spirito, udendoli e vedendoli sulla scena... Roberto Stagno, Giuliano Gayarre e Angelo Masini. Quantunque cantassero lo stesso repertorio, permettendosi di affrontare i generi più disparati, andando dagli Ugonotti al Barbiere di Siviglia, pure ognuno conservava nell'interpretazione la propria personalità e la propria natura di artista, in modo che le opere acquistavano attraverso l'anima e il sentire di ognuno, un carattere proprio, e una propria natura;... e si diceva allora... «Andiamo a sentire gli Ugonotti di Stagno... gli Ugonotti di Gayarre... gli Ugonotti di Masini!...» e non gli Ugonotti di Meyerbeer[1]. (cap. VI, pp. 85-86)
  • La voce di Stagno non era di timbro tanto bella come quella dei suoi rivali, ma i suoi rivali non possedevano la forza vibrante delle sue note acute squillanti come campane di argento, quando le sosteneva con dei fiati che avevano addirittura del miracoloso, aggiungendo a queste qualità canore, una signorilità e un'eleganza da renderlo l'artista più fine e più aristocratico dell'epoca. (cap. VI, p. 87)
  • Masini, con una voce dolce e duttile che poteva rivaleggiare nel gorgheggio con le Dive più famose, anima rude di artista, con degli scatti meravigliosi, una figura forte e maschia, sempre spettinato, irrequieto, portando sulla scena il fascino strano di una personalità indomabile, restio a seguire qualsiasi tradizione o stile, lo era infatti, poiché il povero direttore di orchestra bestemmiava come un turco, essendo molto difficile poter seguirlo quando, animandosi nelle grandi frasi di passione, dimenticava tempo e battuta, ma suscitava grida di entusiasmo nelle folle in delirio! (cap. VI, pp. 87-88)
  • [Richard Strauss] Tipo puro di tedesco, senza posa, senza sproloqui, poco ciarliero e niente proclive a parlare di sé e della sua opera, con uno sguardo d'acciaio, una espressione indecifrabile, poteva essere quel forte genio che era, come pure il più semplice buon borghese che sedesse a tavola, fornito di buon appetito, bevendo birra con tutta flemma teutonica e buon umore... Il successo entusiastico [dell'opera Salomè] che lo aveva accolto poco prima, sembrava non averlo neppure sfiorato... forza adamantina di quei nordici che sanno conservare sempre lucida e chiara la visione che passa loro intorno senza scomporsi, e senza esaltarsi!... beati loro!... (cap. X, p. 133)

Citazioni su Gemma Bellincioni[modifica]

  • Nel quadro melodrammatico moderno la figura di Gemma Bellincioni, senza possedere la luce ampia, bella limpida e serena delle stelle maggiori dell'arte lirica, brilla però d'una luce speciale, i cui riflessi le appartengono. Con facoltà vocali non superiori, ella ha saputo sollevarsi dalla folla delle cantanti mediocri e crearsi una personalità artistica, quale pochissime altre – con pregi vocali tanto maggiori – seppero conquistare. (Gino Monaldi)
  • Un giorno ai bagni di Montecatini Gemma Bellincioni, sapendomi nelle buone grazie del Maestro [Verdi], da lei non conosciuto ancora, mi pregò che la presentassi a lui. Prima di farlo io la prevenni che si fosse guardata bene dall'esprimere in nessun modo la sua ammirazione e la sua soddisfazione nel conoscerlo. La gentile artista tenne tanto caro il mio avvertimento che io non avevo ancora terminata la formula sacramentale della presentazione che la celebre Violetta, con trasporto istantaneo e pieno di grazia, ricinse delle sue braccia il collo del grande Maestro e scoccò sulle guance di lui due sonorissimi baci... E tutto ciò senza profferire una sola parola. Il Verdi ne ricevette una impressione tutt'altro che spiacevole; anzi ne provò una visibile compiacenza, e rivolgendosi a me, dopo che la Bellincioni si era già allontanata, mi disse: «Ecco, vedete, una donnina che mi piace... mi piace assai... Peccato!... Peccato!... » Tutto il rammarico dell'illustre settuagenario era racchiuso in quella melanconica esclamazione! (Gino Monaldi)

Note[modifica]

  1. Giacomo Meyerbeer, compositore tedesco.

Bibliografia[modifica]

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