Giacomo Bove

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Giacomo Bove

Giacomo Bove (1852 – 1887), navigatore ed esploratore italiano.

Citazioni di Giacomo Bove[modifica]

  • Era la prima volta che vedevo il guanaco e potei constatare il suo stadio eminentemente selvaggio. In due o tre occasioni valli e piccole alture per lo spazio di alcuni chilometri quadrati ne furono letteralmente ricoperti; visti da lontano sembravano un esercito in attesa di un attacco. Ed era la verità.[1]
  • [Sui guanachi] Mano a mano che avanzavamo le staffette correvano da un avamposto all'altro, e se noi procedevamo verso di loro gli avamposti ripiegavano e rientravano nel corpo principale. L'allarme si diffondeva: si udiva una specie di sbuffo e subito un'immensa nube di polvere segnalava la più precipitosa delle ritirate. Si accampavano altrove, gli avamposti spiccavano dalle fila e le sentinelle tornavano in postazione.[1]
  • Con un sistema di spionaggio così ben organizzato, avvicinare un branco di guanachi è molto difficile. Gli indios Tehuelche li cacciano accerchiandoli da lati diversi, aizzando loro contro cani ammaestrati a quello scopo, spaventandoli con fuochi e grida; a poco a poco l'ampio cerchio primitivo va chiudendosi e i poveri animali, incalzati da ogni parte, si urtano, cadono, si stringono l'uno all'altro come se ognuno cercasse aiuto nell'altro, ed è a quel punto che le bolas fanno il proprio lavoro abbattendo decine di individui. Ai cacciatori giovani e inesperti tocca il compito di dare il golpe de misericordia ai caduti mentre i vecchi mettono mano ad altre bolas, muovendo sempre più verso il centro.[1]
  • [...] gli Ona hanno i tratti dei Tehuelche e quasi la stessa lingua.[1]

Patagonia, Terra del Fuoco, Mari australi[modifica]

  • Sebbene la Cordigliera Patagonica, non possa in alcun modo rivaleggiare colle sorelle più settentrionali, essa sorgendo ex-abrupto dal mare da un lato, e da un'estesa pianura dall'altro, colpisce il viaggiatore forse più di quello che le seconde non facciano. Quivi sembrano cessare le facili gole e le cime arrotondate, e chi guarda le Ande dall'alto della catena di S. Gregorio, non vede dinnanzi a se che un immenso gruppo di nevosi monseratti. Quali emozioni per un touriste, in mezzo a quelle agose guglie, su di quelle terribili vedrette; ma quando vi sarà mai una sezione patagonica di un qualsiasi Club Andino? (p. 94)
  • Alcuni gauchos mi raccontarono che dopo una lunga siccità, l'accendere fuochi nella pampa, è uno de' più seri pericoli che uno si possa creare; e talvolta non v'ha forza di cavallo che possa vincere la rapidità, con cui il fuoco si propaga. La piccola fiamicella, prodotta da un sigaretto inavvertitamente cacciato in una zolla di erbe secche, in un lampo si estende su centinaia di metri quadrati; oramai non v'ha più forza capace di arrestare il fuoco; allargandosi aumenta di velocità, valica monti, scavalca fiumi, divorando ogni cosa, che incontra nella sua corsa. Innumerevoli branchi di animali, cavalli, buoi, guanachi ecc. fuggono insensati dinnanzi alla terribile onda: le bestie da preda, nel comune pericolo, dimenticano le inimicizie, e migliaia di avoltoi ed acquile si librano sui poveri fuggitivi, pronti a divorare quelle carcasse non interamente distrutte dal fuoco. (pp. 94-95)
  • In poche terre il passaggio dal grandioso, desolante, orrido, all'ameno, al ricreante, al gaio, si effettua con tanta rapidità quanto alla Terra del Fuoco: il canale dell'Ammiragliato, la baia di Jandagaia e l'On-Asciaga dividono quell'arcipelago in due parti di natura così differente, che a stento puossi credere essere e l'una e l'altra situate sotto gli stessi paralleli[2]. (p. 127)

Note[modifica]

  1. a b c d Dai "Taccuini" sulla spedizione del 1882 dall'isola degli Stati a Punta Arenas; citato in Daniele Del Giudice, Orizzonte mobile, Einaudi, Torino, 2009, pp. 49-50 e 81-82. ISBN 978-88-06-19793-3
  2. Nel testo paralelli.

Bibliografia[modifica]

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