Helena Janeczek
Helena Janeczek (1964 – vivente), scrittrice tedesca naturalizzata italiana.
Citazioni di Helena Janeczek
[modifica]- Gerda e i suoi amici, ragazzi nati a cavallo della Grande guerra, avevano chiaro il fatto che ciascuno di loro era soggetto della propria vita e della Storia. Nessuno è dipinto come una vittima che subisce gli eventi, anche se poi ovviamente subiscono e pagano conseguenze anche gravi.[1]
Intervista di Raffaella De Santis, Rep.repubblica.it, 6 luglio 2018.
- Ho vissuto in Germania la prima parte della mia vita, ma avvertivo il peso di stare in quel paese. Non ho mai sentito una vera appartenenza. I miei genitori erano ebreo-polacchi, arrivati in Baviera dopo il pogrom di Kielce, nel 1946, finendo in un campo profughi.
- Nel romanzo [La ragazza con la Leica] a un certo punto scrivo che "la fame e la disperazione lavorano per i nazisti". Oggi scontiamo una miopia politica europea. Siamo stati incapaci di trovare risposte a un'idea di sinistra in linea con una società socialdemocratica.
- Più dell'etnia può la cultura. Credo che i valori occidentali, la libertà, l'idea di realizzazione individuale riescano a vincere.
Le rondini di Montecassino
[modifica]- Mio padre è stato a Montecassino, ha combattuto nel Secondo Corpo d'Armata polacco, con il generale Anders. È stato ferito vicino a Recanati, risalendo l'Adriatico fino a Bologna. Era in una casa colonica in convalescenza quando ha conosciuto una ragazza marchigiana. Mia madre, la ragione per la quale è rimasto in Italia.
Citazioni
[modifica]- Ma il nome falso di mio padre è il mio cognome. Con quello sono nata e cresciuta, ne ho spiegato mille volte l'origine, e finisco spesso scambiata per immigrata, per badante, persino per donna facile perché in Italia, oggi, porto un cognome slavo. Come posso considerare falso qualcosa che mi ha impresso il suo marchio? Come può esserlo quel nome a cui mio padre deve la vita e io la mia? Che cos'è una finzione quando si incarna, quando detiene il vero potere di modificare il corso della storia, quando agisce sulla realtà e ne viene trasformata a sua volta?
- Mio padre non ha mai combattuto a Montecassino, non è mai stato un soldato del generale Anders. Ma per quell'imbuto di montagne e valli e fiumi della Ciociaria, forse, è passato qualcosa di mio: di me perduta e ritrovata in un punto geografico, un luogo che ci contiene tutti.
- Era anzi un privilegio essere giunto dal Pianeta America fino a questo punto cruciale per sfondare la Linea Gustav, l'ultima linea di difesa che ormai si frapponeva fra la loro avanzata e Roma.
- Guerra nostra che sei nei cieli, guerra alta e altissima che arrivi con il primo stormo di B-17 venuti da Foggia e dalla Sicilia, partiti persino dalle basi in Nordafrica e dall'Inghilterra, guerra che fai volare le tue Fortezze Volanti sopra la fortezza della fede di San Benedetto, che arrivi quando ormai è tutto pronto, quando ci sono gli operatori della Wochenschau, gli operatori del «Pathé cinegiornale», il corrispondente di BBC Londra e, assiepati da qualche giorno sulle montagne vicine, i fotografi e i reporter di guerra di tutto il mondo, perché questa che sta per sfrecciare sopra le montagne della Ciociaria è la guerra mondiale.
Questo libro è per lui, mio padre, mio soldato immaginario, come è per Emilio Steinwurzel, che pur avendo combattuto veramente non ha mai raccontato nulla né a sua moglie né ai suoi figli, per Milek morto di cancro e forse per la visione di suo padre che si lancia dalla finestra del ghetto di Leopoli, spettro che si è portato al cimitero di Musocco, perché noi potessimo esserne liberi.
Ai nostri padri non possiamo più domandare niente. Possiamo solo ricordare le loro vite e le loro verità, anche quando assumono la forma della diceria inverificabile, o si ricoprono della pietà mai abbastanza grande, mai abbastanza impermeabile, della menzogna.
La ragazza con la Leica
[modifica]Da quando hai visto quella foto, ti incanti a guardarli. Sembrano felici, molto felici, e sono giovani, come si addice agli eroi. Belli non potresti dirlo ma neanche negarlo, e comunque non appaiono eroici per nulla. Colpa della risata che chiude i loro occhi e mette a nudo i denti, un riso non fotogenico ma così schietto da renderli stupendi.
Citazioni
[modifica]- Lui, che si chiama Robert Capa, dice che Barcellona è magnifica e gli ricorda la sua città natale, solo che a Budapest non può tornare finché è in mano all'ammiraglio Horthy e al suo regime reazionario. Gerda Taro, la sua compagna, deve essere un'alemana, una di quelle giovani emancipate che non si sono sottomesse neanche a Hitler. (p. 13)
- «Studiavo medicina» aveva risposto [Willy Chardack], «passavo il tempo tra lezioni, tirocinio e preparazione degli esami. Ma se venivo a sapere che c'era una manifestazione contro i nazisti, non mi facevo troppi scrupoli su chi l'avesse organizzata.» (p. 54)
- Il dottor Chardack ha ripetuto tante volte di essere un uomo di scienza, dunque lontano da ogni pratica e credenza religiosa, finché ha capito che, lì in America, non faceva presa la sua formula di importazione convalidata da secoli d'illuminismo. La scienza è la scienza, gli concedevano, però la comunità in cui si cresce non potrà mai essere quella di un convegno in California. (p.58)
- Lei [Gerda Taro] si era scelta il lavoro e il nome, ed era morta in un incidente stupido e crudele, però in una guerra che, con le sue immagini, voleva vincere per tutti. Era caduta tra i compagni andati a lottare contro il fascismo, non importa a quale RACE or PEOPLE appartenessero. (p. 60)
- Così erano arrivati i lupi. Si erano moltiplicati grazie all'errore di sottovalutarli, crederli bestie feroci ma primitive, confonderli con i pastori tedeschi, animali domabili, sfruttabili a propria convenienza. Non si sarebbero avvicinati alle case se il paese non fosse stato così affamato. Adesso non erano più soltanto i piccoli borghesi, gli invalidi, i lumpen e il sottobosco criminale a farsi irretire dalle camicie brune. A ogni fabbrica, magazzino, cantiere, altoforno che chiudeva o riduceva produzione e organico, la massa del proletariato si sfaldava. La fame era una cattiva consigliera, e la disperazione anche peggiore. La fame e la disperazione lavoravano per i fascisti e i loro sostenitori neanche più tanto occulti. Le signore dell'alta società già gareggiavano su chi riusciva a rimpinzare Hitler, alla faccia degli operai mandati sul lastrico dai loro consorti. (p. 63)
- Così, osservandola, Ruth [Ruth Cerf] aveva avuto un'intuizione: guardala, aveva pensato, questa piccola donna che attrae tutti gli sguardi, questa incarnazione di eleganza, femminilità, coquetterie, di cui nessuno sospetterebbe mai che ragiona, sente e agisce come un uomo. (p. 87)
- I Pohorylle, quegli affaristi di mezza tacca che non capivano come la figlia avesse potuto farsi coinvolgere in certi ambienti, erano a conoscenza che ai nazisti bastava la custodia preventiva per detenere chiunque a loro arbitrio? Che anche senza accuse formalizzate potevano spostare Gerda in un altro penitenziario o spedirla in un campo di concentramento? Quindi occorreva che qualcuno andasse a informarli al più presto. (p. 108)
- Credeva veramente, Gerda, che i suoi sorrisetti e ghingheri le servissero da corazza impenetrabile, e quella convinzione era stata sufficiente per non farsi scalfire? O era davvero refrattaria alla paura, all'angoscia (nella camera delle torture, dio santo!) e all'inesorabile senso di disfatta? (p. 111)
- Ruth capisce che può fare ancora qualcosa prima di preparare le valigie per la Svizzera, qualcosa per sentirsi meno in difetto con chi ha combattuto per la Spagna. Deve finire di catalogare le immagini di quella guerra perduta. Deve farlo proprio per questo, e farlo come si deve. Il fascismo non durerà in eterno per quanti crimini e disastri possa ancora causare, perciò andiamo avanti, si dice risoluta. [...] Continueranno ad agire come vogliono, le democrazie illuminate, ma non potranno venirci a dire di non aver saputo prevedere ciò che Hitler e i suoi complici stavano preparando. Abbiamo qui le prove dell’hors d’oeuvre: le prove della resistenza popolare, le prove della distruzione sistematica.
Février 1937: réfugiés de Málaga, après du bombardement fasciste de la ville d’Almería, scrive sulla colonna di un foglio bianco, decisa a riempire tutte le altre (p. 138) - Tornava a Madrid, Valencia, Barcellona, prosegue Ruth. Si rimetteva i tacchi, il rossetto e il sorriso. Rientrava a Parigi e sembrava la solita, allegra ed entusiasta Gerda, e parlava della Spagna, sì, con qualche accenno alle cose orribili che aveva visto, nell’impeto di quei resoconti avventurosi: le bestialità commesse da los moros, la spossatezza della gente, il paesaggio surreale creato dalle bombe. Ma erano tutte parole spese per la causa, così come lo erano le sue foto. La solidarietà internazionale doveva far sentire chiaro e forte che il non-intervento era un crimine. Questo diceva, Gerda Taro, e la capisco. (p. 143)
- [Robert Capa rivolgendosi a Georg Kuritzkes] In fin dei conti, la sola cosa che Gerda amava senza riserve non eravamo io e te e nessun altro, ma tutti quelli che impegnano le loro vite contro il fascismo, erano la Spagna e il suo lavoro al fianco del popolo spagnolo.
- Nessuna piazza berlinese era stata coinvolta nei moti di protesta quanto Alexanderplatz, nessuna aveva visto tanti morti, feriti, barricate, arresti di massa: dall’insurrezione spartachista al Primo Maggio del ’29, l’ultima prova sanguinosa del trattamento che la SPD riservava all’opposizione di sinistra. (p.194)
L'altra sera in televisione una tizia sosteneva di essere la reincarnazione di una ragazza ebrea uccisa in un campo di sterminio. Me l'ha detto il mio amico Olek, al telefono da Roma, e parlando con me continuava a seguire le tappe ricostruite non si sa come di quella vita precedente, il racconto preciso dei ricordi prenatali, e ripeteva «è allucinante». Allora ho concluso in fretta la telefonata, dicendo che il programma interessava anche a me, benché non fosse vero, e ho acceso il televisore.
Note
[modifica]- ↑ Citato in Lara Crinò, Janeczek e Santangelo: le ragazze dei libri stanno coi fantasmi, Rep.repubblica.it, 7 dicembre 2018.
Bibliografia
[modifica]- Helena Janeczek, Lezioni di tenebra, Guanda, 2011.
- Helena Janeczek, Le rondini di Montecassino, Guanda, 2010.
- Helena Janeczek, La ragazza con la Leica, edizione digitale, Guanda, 2017.
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