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Igino Domanin

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Igino Domanin nel 2019

Igino Domanin (1967 – vivente), scrittore italiano.

"Mio zio Alessandrini? Era un nemico perché eroe comune"

Intervista di Eleonora Barbieri, ilgiornale.it, 3 marzo 2024.

  • [Perché un eroe comune?] L'eroe è considerato qualcuno fuori dal comune, e la vita di mio zio [Emilio Alessandrini] lo è stata senza dubbio, ma io lo descrivo come una persona colpita per il fatto di avere compiuto il suo dovere, qualcosa di ordinario. È un giovane di 36 anni, un uomo del suo tempo, con una vita privata normale.
  • [E viene ucciso dai terroristi.] Nella stessa rivendicazione si dice che viene colpito perché sta ridando credibilità allo Stato, perché lavora e fa funzionare una macchina inceppata per molti aspetti. E poi c'è un altro fattore. Credo che sia una figura non divisiva, un patriota repubblicano: tutta la sua vicenda, da quando diventa il giudice di Piazza Fontana e indaga l'eversione di destra alle inchieste sul terrorismo rosso fino a quelle sui reati finanziari e quella, che sfiora, sul Banco Ambrosiano, è quella di un uomo che segue la vocazione di difendere lo Stato nella sua forma democratica e repubblicana senza pregiudiziali e che incarna il ruolo del magistrato nel suo significato più profondo.
  • [Suo zio viene ucciso perché «riformista»: anche nella non logica del terrorismo, come è possibile questo paradosso?] Si diffonde la tesi della strage di Stato su Piazza Fontana e, da lì, l'immagine di uno Stato stragista, che bisogna combattere in quanto tale e quindi, paradossalmente, bisogna combattere anche gli uomini che cercano di difenderlo; e che lo fanno nei limiti dello Stato di diritto, anche nel contrastare l'eversione, come mio zio. Proprio perché è un riformista, e chiede di riformare i codici eredità del fascismo, per Prima linea diventa un nemico da abbattere.
  • [Ha anche delineato una strategia contro il terrorismo. ] Questo è legato alla sua personalità: era un uomo sorridente, gioviale, che amava chiacchierare, divertirsi alla sera, che con noi bambini scherzava e ci raccontava cose fuori dal comune... Prima di essere il magistrato, che indaga e giudica, è un uomo che cerca di capire, si immerge nei luoghi, frequenta anche persone protagoniste dell'estremismo: per esempio, c'è la cena famosa in cui incontra Toni Negri, dopo la quale riconosce la sua voce come quella di uno dei telefonisti del rapimento Moro, e che diventa materiale del Processo 7 aprile.

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