Vai al contenuto

Martin Cruz Smith

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
(Reindirizzamento da Il fantasma di Stalin)
Martin Cruz Smith

Martin Cruz Smith (1942 – vivente), scrittore statunitense.

Citazioni

[modifica]

Intervista di Enrico Franceschini su Aleksandr Val'terovič Litvinenko, La Repubblica, 3 dicembre 2006

  • Cercherei di scoprire se negli ultimi tempi è stato ritrovato nelle strade di Mosca un vagabondo morto in circostanze misteriose, con un’inspiegabile dose di radioattività in corpo. Voglio dire che gli assassini devono avere fatto un test, una prova generale, prima di scatenare un’operazione così importante. E di cavie per un test al polonio 210 fra gli ubriaconi di Mosca se ne possono prendere quante si vuole.
  • Solo una potenza nucleare può produrre polonio in quantità tali da uccidere, e della dozzina di potenze nucleari al mondo l’unica interessata a uccidere Litvinenko è la Russia. Con l’aggravante di essere l’unica in cui si può comprare al mercato nero e contrabbandare di tutto: compreso materiale nucleare.
  • Il delitto perfetto è un delitto molto semplice: una mano che spinge un corpo sotto il treno sulla pensilina della metropolitana. Quando il delitto è complicato come in questo caso, prima o poi salta sempre fuori qualcosa che conduce al mandante».

Incipit di alcune opere

[modifica]

Gorky Park

[modifica]

Ogni notte dovrebbe essere così buia, ogni inverno così mite, tutti i fari così abbaglianti.
Il furgone slittò, rallentando, e andò a fermarsi contro un banco di neve. Ne scese la Squadra Omicidi: agenti ricavati da uno stesso stampino – braccia corte e fronte bassa – in pastrano foderato di pecora. L'unico in borghese era un uomo alto e pallido: l'Investigatore-capo. Questi ascoltò con attenzione il racconto della guardia che aveva trovato i cadaveri fra la neve, allorché si era un po' allontanato dal sentiero – nel cuore della notte – per un'urgenza corporale. Li aveva visti, allora, e a momenti gli prendeva un accidente.

Havana

[modifica]

Una barca della polizia diresse un fascio di luce verso l'acqua e i piloni incatramati del pontile, e quell'angolo nero divenne bianco. L'Avana, dall'altro lato della baia, era invisibile a parte la fila di lampioni del lungomare. In alto luccicavano le stelle, in basso i fanali di fonda, ma per il resto il porto era uno specchio d'acqua calma nella notte.
Lattine di bibita, nasse, galleggianti da pesca, materassi, polistirolo con lunghe barbe di alghe dondolavano sulle onde, mentre una squadra di investigatori della Policìa Nacional de la Rivoluciòn scattava foto con il flash.

Il fantasma di Stalin

[modifica]

I moscoviti vivevano per l'inverno. Un inverno in cui la neve, dove si affondava fino al ginocchio, ammorbidiva la città, volava da una cupola dorata all'altra, dava nuova forma alle statue e trasformava i sentieri dei parchi in piste di pattinaggio. A volte cadeva leggera come un pizzo, altre fitta come piume d'oca, e spesso costringeva le berline dei ricchi e potenti a procedere in coda dietro agli spazzaneve. La neve avvolgeva tutto come un manto, che di tanto in tanto si sollevava all'improvviso, permettendo allo sguardo di cogliere il globo luminoso sopra l'Ufficio telegrafico centrale, il carro di Apollo pronto al levarsi in volo dal Bolšoj, uno storione tratteggiato al neon sopra un negozio di alimentari. Le donne, in lunghi cappotti di pelliccia, facevano compere tra le folate e i bambini trascinavano slitte e snowboard, mentre Lenin giaceva nel suo mausoleo, sordo ai mutamenti, protetto dalla neve.
Ma, come ben sapeva Arkady, all'epoca del disgelo comparivano i cadaveri, e questo, a Mosca, voleva dire che era arrivata la primavera.

L'ala della notte

[modifica]

Il cartellone pubblicitario del tabacco del pellerossa, un profilo indiano dall'occhio corroso, era rivolto verso ovest. Due pick-up arrugginivano all'ombra dei cespugli di ginepro. Dall'orbita vuota di un faro guizzò velocissimo il nastro della lingua di una lucertola.
Era mezzogiorno nel Deserto Dipinto. Trentotto gradi.

La rosa nera

[modifica]

Le donne più belle del mondo erano le africane.
Donne somale avvolte in vesti screziate di viola, vermiglio, rosa. Intorno al collo grani d'ambra che, strofinati l'uno contro l'altro, sprigionavano elettricità e profumo di limoni e miele.
Donne del Corno d'Africa che sbirciavano attraverso veli d'oro, ornamenti filiformi simili a lacrime tintinnanti. Velate di nero dalla testa ai piedi, concentravano il loro desiderio negli occhi contornati di kajal. Sulle Montagne della Luna, donne dinka, scure e levigate come il più scuro e più levigato dei legni, alte e statuarie, con corsetti ornati di perline che sarebbero stati aperti solo la notte delle nozze.

Lupo mangia cane

[modifica]

Mosca vibrava di colori. L'illuminazione soffusa della Piazza Rossa si mescolava con i neon dei casinò di piazza della Rivoluzione. La luce filtrava dal centro commerciale sotterraneo del Manezh e i riflettori incoronavano le nuove torri di vetro e pietra levigata sovrastate da guglie. Le cupole dorate spiccavano ancora attorno all'Anello dei giardini, ma nel corso della notte le escavatrici artigliavano la città, creando pozze di luce sempre più ampie là dove sarebbe sorta una nuova Mosca, moderna e verticale, simile a Houston o a Dubai. Era la Mosca che Pasha Ivanov aveva contribuito a creare, un paesaggio mutevole fatto di placche tettoniche, colate di lava ed errori fatali.

Red Square

[modifica]

Le notti estive di Mosca ricordano il fuoco e il fumo. Le stelle e la luna impallidiscono. Le coppie si alzano, si vestono e vanno a passeggio per strada. Le auto girano a fari spenti.
«Laggiù.» Jaak aveva visto un'Audi passare nella direzione opposta.
Arkady infilò le cuffie e diede un colpetto alla radio ricevente. «Gli si è incantata.»
Jaak fece un'inversione di marcia portandosi sull'altro lato del vialone e accelerò. Aveva un paio d'occhi obliqui in un volto muscoloso e si teneva aggrappato al volante come se volesse piegarlo.
Arkady fece saltar fuori una sigaretta con una scossa del pacchetto. La prima della giornata. Non c'era poi tanto da vantarsi, era l'una di notte.

Stella Polare

[modifica]

La rete saliva fumando, come una belva, lungo la rampa e nella luce delle lampade al sodio accese sulla tolda del peschereccio. Come una chioma lucente, ammassi di strisce rosse, azzurre, arancio coprivano la rete: erano le protezioni di plastica che avevano lo scopo di agevolare il passaggio della rete sulle rocce del fondo marino. Come un alito fetido, l'esaltazione del freddo oceanico avviluppava quella chioma in un alone di colori che brillava nella nebbia.

Tokyo Station

[modifica]
Lettera da Tokyo
LA CALMA SEMBRA REGNARE NEL GIAPPONE SULL'ORLO DELLA GUERRA
Proteste inglesi per il "discorso disfattista" di un cittadino americano
Di Al DeGeorge
Edizione straordinaria del "Christian Science Monitor"

Tokyo, 6 dicembre – Mentre a Washington si avvicinano al termine di scadenza le trattative per scongiurare la guerra tra Giappone e Stati Uniti, a Tokyo l'uomo della strada si gode un dicembre insolitamente mite. Questo è il mese riservato per tradizione ai preparativi per il Nuovo Anno e il 1941 non sembra rappresentare un'eccezione. Si fanno le pulizie di casa, si sprimacciano le trapunte e si comprano nuovi tatami, quei tappeti d'erba che ricoprono il pavimento di ogni casa giapponese. Se due abitanti di Tokyo s'incontrano non affrontano argomenti politici, ma si chiedono come procurarsi, nonostante il razionamento alimentare, le arance e l'aragosta senza le quali nessuna festa di Capodanno potrebbe considerarsi tale.

Bibliografia

[modifica]
  • Martin Cruz Smith, Gorky Park (1981), traduzione di Pier Francesco Paolini, Mondadori, 1986. ISBN 8804552255
  • Martin Cruz Smith, Havana (1999), traduzione di Valentina Guani, I Miti Mondadori, 2001. ISBN 8804492155
  • Martin Cruz Smith, Il fantasma di Stalin (2007), traduzione di Maria Giulia Castagnone, Oscar Mondadori, 2008. ISBN 9788804578710
  • Martin Cruz Smith, L'ala della notte, traduzione di Nicoletta Lamberti, Mondadori, 1999. ISBN 8804470852
  • Martin Cruz Smith, La rosa nera, traduzione di Ettore Capriolo, Mondadori, 1998. ISBN 880444858X
  • Martin Cruz Smith, Lupo mangia cane. La nuova indagine di Arkady Renko, traduzione di Maria Giulia Castagnone, Mondadori, 2005. ISBN 8804548606
  • Martin Cruz Smith, Red Square (1992), traduzione di Marco Amante, Oscar Mondadori, 1995. ISBN 8804400498
  • Martin Cruz Smith, Stella Polare (1989), traduzione di Roberta Rambelli, Oscar Mondadori, 1992. ISBN 8804356014
  • Martin Cruz Smith, Tokyo Station, traduzione di Renato Pera, Mondadori, 2002. ISBN 880450949X

Altri progetti

[modifica]

Opere

[modifica]