Jerzy Dudek

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Jerzy Dudek nel 2012

Jerzy Dudek (1973 - vivente), ex calciatore polacco.

ESCLUSIVA - Dudek: "Liverpool distante, ma l'Inter è forte. Grazie Curva Nord: quella coreografia..."

Intervista di Daniele Najjar, linterista.it, 15 febbraio 2022.

  • Tutti i portieri, me compreso, hanno dovuto combattere contro le critiche. Questo perché non è facile mantenere le prestazioni al massimo livello. E per un portiere, un errore significa subire gol. E quando ne fai 2 di fila poi la critica ti butta giù.
  • Anfield è un posto speciale. Con tifosi speciali. Ricordo un episodio. Quando dal Liverpool andai al Real Madrid, poi tornai ad Anfield da avversario. Sedevo in panchina, visto che il titolare era Casillas. Dissi ai miei compagni di fare attenzione, perché quello stadio poteva cambiare la partita. Ma davvero, quei tifosi possono trasmettere ai giocatori qualcosa di grande. Il Real Madrid giocava senza problemi in qualsiasi campo e Paese. Ma quella sera perdemmo 4 a 0. E tutti erano concordi nel dire che il tifo diede una spinta incredibile ai nostri avversari. Quando sei lì, sembra che si azzeri il tempo per pensare, per decidere. Devi essere davvero al top della forma per giocartela.
  • [Parlando della finale della UEFA Champions League 2004-2005 vinta dal Liverpool contro il Milan] Abbiamo creduto in noi stessi, con un grande spirito di squadra. Dopo 45 minuti i nostri sogni erano praticamente crollati, un vero disastro. Al rientro negli spogliatoi ci siamo detti: dobbiamo fare qualcosa per i nostri tifosi, che ci stanno supportando con tutte le forze ed hanno fatto tutti quei chilometri per venire qui. I quali tifosi, al nostro rientro in campo ci diedero un'accoglienza incredibile, cantando a squarciagola "You'll never walk alone". Questo ci motivò tantissimo.
  • Non pensavamo di poter rimontare 3 gol, ma volevamo giocare il nostro calcio, combattere, dare qualcosa in più. In 6 minuti abbiamo ripreso la partita. Era già la seconda volta in stagione che facevamo una cosa simile: nella fase ai gironi eravamo quasi eliminati dopo il gol dell'Olympiakos nell'ultima sfida, ma facemmo i 3 gol che servivano per qualificarci con la miglior differenza reti. Abbiamo mostrato il carattere del Liverpool.
  • Ai rigori è sempre una lotteria. Ma prima della partita mi ero guardato decine di rigori dei milanisti, anche quelli della finale contro la Juventus di due anni prima. Sapevo che bisognava fare qualcosa di differente, oltre che avere anche fortuna. A partire da quel secondo tempo, è iniziata una delle partite più belle mai giocate, anche perché affrontavamo una delle più grandi squadre di quegli anni. Anche Ancelotti disse che non aveva mai visto la propria squadra giocare così bene, segnare pure tre gol e poi perdere. Il calcio è questo: tutto può succedere e noi facemmo una cosa che mai era stata fatta in una finale di Champions.
  • Giovanni Paolo II mi ha sempre colpito nel profondo del cuore. A me così come a tutte le persone. Specialmente tutti i polacchi in quei difficili anni nella fine degli anni '70. Avevamo grandi problemi con il comunismo e lui ispirò tutti noi a rialzarci insieme, pensando positivo e credendo in un futuro migliore. Lo incontrai nel 1983, quando con la Polonia giocammo, vincendo, a Roma. Un'esperienza indimenticabile. Quando arrivò quella finale, nel 2005 io avevo sempre con me i suoi libri, che leggevo anche prima delle partite. Durante quella serata fu lui a guidarmi. Maradona segnò con la mano di Dio, io parai il tiro di Sheva con quella di Giovanni Paolo II.
  • A Liverpool dicono: "Once Red, always Red". Quando diventi calciatore per loro, resti tifoso per sempre.

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