La torre nera

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Voce principale: Stephen King.

La torre nera, serie di romanzi di genere fantastico scritta da Stephen King tra il 1982 e il 2012.

Roland di Gilead[modifica]

  • Il Ka è una ruota.
  • Il Ka è come un vento.
  • Prima vengono i sorrisi, poi le bugie. Per ultimi gli spari.
  • La mia parola in pegno.
  • Ricorda il volto di tuo padre per l'amor degli Dei!!!

L'ultimo cavaliere[modifica]

Incipit[modifica]

L'uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.
Il deserto era l'apoteosi di tutti i deserti, sconfinato, vasto fino a traboccare nel cielo per quella che sembrava un'eternità in tutte le direzioni. Era bianco e accecante e arido, amorfo salvo che per l'abbozzo labile e nebuloso delle montagne all'orizzonte e per l'erba diavola che portava dolci sogni, incubi, morte. A indicare la via appariva di tanto in tanto una lapide, perché un tempo la pista semicancellata scavata nella spessa crosta alcalina era stata una strada importante, percorsa da carri e corriere. Da allora il mondo era andato avanti. Il mondo si era svuotato.

Citazioni[modifica]

  • Il falco è il pistolero di Dio.
  • Vai, allora, ci sono altri mondi oltre a questo. (John 'Jake' Chambers)
  • Anche amandola si era mosso in silenzio e soltanto alla fine il suo respiro si era rotto ed era rimasto sospeso per qualche istante. Sembrava uscito da una fiaba o da un mito, una creatura fantastica e pericolosa. Era un uomo da esaudire desideri? Lei pensava che la risposta fosse affermativa e che avrebbe visto accontentato il suo. (p. 38)
  • Sentì non per la prima volta il sapore lanoso di una nausea dell'animo. (p. 79)
  • Il gatto quatto si pappa il ratto/e c'è chi ride e chi non ride affatto/ma il gatto quatto si è pappato il ratto./Topo-gatto, sano-matto/tutto il mondo va rifatto/e tutto resta o bello o sciatto/ma che sia sano o mentecatto/il gatto quatto si pappa il ratto./Lo fa zitto e di soppiatto/ma il ratto matto s'è mangiato il gatto.
  • Guardati dall'uomo che si finge zoppo.

Dialoghi[modifica]

Più tardi Nort le si presentò stringendo un foglietto ripiegato nella mano tremante ed ingiustamente viva. «Ti ha lasciato questo. – disse – Quasi dimenticavo. Se l'avessi scordato, sarebbe tornato indietro ad ammazzarmi. Poco ma sicuro.».

La carta era preziosa, merce rara, ma tenere in mano quella non le piaceva. La sentiva pesante, cattiva. C'era scritta una parola sola:

"Allie"

«Come fa a sapere come mi chiamo?» chiese a Nort, e Nort poté solo scuotere il capo. Allie aprì il foglio e lesse:

«Tu vuoi sapere della Morte. Gli ho lasciato una parola. Questa parola è DICIANNOVE. Se la dici a lui, la sua mente sarà aperta. Ti dirà che cosa c'è oltre. Ti dirà che cosa ha visto. La parola è DICIANNOVE. Sapere ti farà impazzire. Ma presto o tardi chiederai. Non potrai farne a meno. Buona giornata! :) Walter o'Dim
PS. La parola è DICIANNOVE. Cercherai di dimenticare ma presto o tardi ti uscirà dalla bocca come vomito. DICIANNOVE.»

E, Dio Mio, sapeva che così sarebbe stato. Già tremava sulla bocca. Diciannove, avrebbe detto. Nort ascolta : diciannove. E le si sarebbero dischiusi i segreti della Morte e dell'Aldilà. Presto o tardi chiederai.

Il giorno dopo tutto fu quasi normale, anche se nessuno dei bambini molestò Nort. Il giorno dopo ancora ripresero anche i lazzi. La vita era riscivolata nella sua vecchia piega. I bambini raccolsero il mais sradicato e una settimana dopo la resurrezione di Nort lo bruciarono al centro della strada. Per qualche momento il rogo fu accecante e quasi tutti i perdigiorno del bar uscirono più o meno vacillando a dare un'occhiata. Avevano un'aria primitiva. Le loro facce sembravano librarsi tra le fiamme e lo scintillio cristallino del cielo. Guardandoli, Alice avvertì la spina di una fugace disperazione per i tristi tempi del mondo. Non c'era colla capace di ridurre le smagliature fra le cose del mondo. Non aveva mai visto l'oceano e mai l'avrebbe visto. «Se avessi fegato», mormorò, «se avessi fegato, fegato, fegato...» Al suono della sua voce Nort sollevò la testa e dal suo inferno le rivolse un vacuo sorriso. Alice non aveva fegato. Aveva solo un bar e una cicatrice. Ed una parola. Si agitava dentro le sue labbra chiuse. «Non gli dirò mai quella parola»

Ma l'uomo che aveva riportato Nort in vita e le aveva lasciato un messaggio, le aveva lasciato una parola come una pistola armata che un giorno lei si sarebbe puntata alla tempia; sapeva che non ce l'avrebbe fatta. Diciannove avrebbe rivelato il segreto. Diciannove era il segreto. Si sorprese a scriverlo sul bancone bagnato, 19, e lo cancellò quando si accorse che Nort la guardava. Il rogo si consumò rapidamente e i suoi clienti rientrarono. Alice cominciò a somministrarsi bicchierini di Star e ora di mezzanotte era perdutamente ubriaca.

Interruppe il racconto e quando lui non commentò immediatamente, pensò che la storia lo avesse indotto al sonno. Cominciò ad assopirsi a sua volta quando lui le chiese all'improvviso: «È tutto?» «Sì, è tutto. È molto tardi.» «Mmm.» Si stava arrotolando un'altra sigaretta. «Non farmi cadere le briciole del tuo tabacco nel letto», lo ammonì lei con maggiore severità di quanto avesse inteso. «No.» Di nuovo silenzio. La brace della sua sigaretta brillava a intermittenza. «Partirai domattina», osservò lei con distacco. «Dovrei. Credo che abbia lasciato una trappola per me in questo posto. Come ha fatto con te.» «Pensi davvero che quel numero...» «Se tieni alla tua sanità, ti guarderai bene dal dire quella parola a Nort», la interruppe il Pistolero. «Toglitela dalla testa. Se ci riesci, insegna a te stessa che il numero che viene dopo il diciotto è il venti. Che la metà di trentotto è diciassette. L'uomo che si è firmato Walter o'Dim è molte cose, ma bugiardo no. Quando ti prende la voglia di dire quel numero, e ti prende forte, corri quassù e nasconditi sotto le coperte e ripetilo e ripetilo, gridalo se devi, finché ti passa.» «Verrà la volta che non passerà.» disse Allie.

Il Pistolero non rispose, perché sapeva che era vero. La trappola aveva una sua spaventosa perfezione. Se ti dicessero che a pensare di vedere tua madre nuda finisci all'inferno (così avevano detto una volta al Pistolero quando era piccolo), va a finire che lo fai. E perché? Perché non vuoi immaginare tua madre nuda. Perché non vuoi andare all'inferno. Perché avendo un coltello e una mano con cui impugnarlo, alla lunga il cervello mangia sé stesso. Non perché voglia farlo, ma perché non vuole farlo.

La chiamata dei tre[modifica]

Incipit[modifica]

Il pistolero si destò da un sogno confuso dominato da un'unica immagine, quella del Mazzo di Tarocchi con il quale l'uomo in nero gli aveva predetto (non si sa quanto onestamente) l'amaro destino. Affoga, pistolero, gli diceva l'uomo in nero, e nessuno gli getta una cima. Il giovane Jake. Ma non era un incubo. Era un bel sogno. Era bello perché era lui ad annegare, quindi non era affatto Roland, bensì Jake e questo gli era di consolazione perché sarebbe stato mille volte meglio annegare come Jake che vivere nei panni di se stesso uomo che, nel nome di un gelido sogno, aveva tradito un bambino che in lui aveva riposto tutta la sua fiducia.

Citazioni[modifica]

  • [...] e se gli fosse toccato in sorte di morire a dispetto della sua volontà, sarebbe morto sulla via della Torre
  • [...] non sono tutti così. Ci sono anche quelli che hanno bisogno di persone che hanno bisogno di loro. Come in quella canzone di Barbra Streisand. Stucchevole, ma sincera. È un modo come un altro per essere dipendenti da qualcosa.
  • Tanto vale bersi l'oceano con un cucchiaino piuttosto che discutere con un innamorato.
  • Nell'universo della Torre, il fato sapeva essere misericordioso come l'accendino che gli aveva salvato la vita e doloroso come il fuoco che il miracolo aveva acceso. Come le ruote del treno in arrivo, seguiva un corso di logica spietata e travolgente brutalità, un corso contro il quale si potevano opporre solo l'acciaio e la dolcezza.
  • «Io sono tre donne [...] Colei che ero; colei che non avevo diritto di essere ma ero lo stesso; colei che tu hai salvato. Ti ringrazio, pistolero.» (Susannah Dean)
  • Anche i dannati amano.
  • Roland provò solo stanca esasperazione. Qualcuno (forse Cort, ma preferiva pensare che fosse stato suo padre) soleva ripetere: tanto vale bersi l'oceano con un cucchiaino piuttosto cche discutere con un innamorato.
  • Ciò che contava per lui era il cambiamento che lui stesso apportava al corso normale dell'esistenza; era il nuovo profilo che scolpiva il fluire della vita altrui... e forse nel destino non solo dei suoi bersagli, ma anche di un'ampia cerchia di persone intorno a loro, come le increspature circolari di un sasso lasciato cadere nelle acque immobili di uno stagno. Chi avrebbe potuto scludere con certezza che avesse scolpito il cosmo quel giorno o che lo avrebbe fatto in futuro? Ah, per forza si bagnava i jeans!
  • Come consideriamo noi stessi raramente coincide con quello che siamo in realtà.

Dialoghi[modifica]

  • Roland: Certe volte proprio non mi capisci, vero?

<<Certe volte no>>, ammette il pistolero.

<<Allora ti spiego. Ci sono persone che hanno bisogno di sentirsi necessarie ad altre persone, il motivo per cui non capisci è che tu non sei una di quelli. Tu saresti capace di usarmi per poi buttarmi via come un sacchetto di carta, se dovesse essere necessario. Dio ti ha fregato, amico mio. Tu sei abbastanza onesto da soffrirne, se dovessi farlo, e contemporaneamente abbastanza spietato da farlo lo stesso. Non potresti tirarti indietro. Se io fossi qui, abbandonato su questa spiaggia a invocare disperatamente aiuto, tu cammineresti sopra se mi trovasse fra te e la tua maledetta Torre. Sono abbastanza vicino alla verità?>>

Roland non risponde, lo guarda soltanto.

<<Ma non sono tutti così. Ci sono anche quelli che hanno bisogno di persono che hanno bisogno di loro. Come in quella canzone di Barbara Streisand. Stucchevole, ma sincera. È un modo come un altro per essere dipendenti da qualcosa.>>

Eddie lo fissa. <<E da questo punto di vista tu non puoi ritenerti scagionato, vero?>>

Roland lo osserva.

<<Però c'è la tua Torre.>> Eddie si concede una risatina. <<Tu sei un Torredipendente, Roland.>>

<<Che guerra è stata>> mormora Roland.

<<Come?>>

<<Quella in cui ti sei fatto ammazzare il senso della nobiltà e del dovere?>> Eddie sussulta ritraendosi come se Roland lo avesse schiaffeggiato.

<<Vado a prendere dell'acqua>>, taglia corto in tono brusco.

  • Eddie <<Vuoi conoscere l'unica cosa che mio fratello abbia avuto da insegnarmi?>> La sua voce era rotta dai singhiozzi e impastata dal pianto.

<<Sì>>, rispose il pistolero. Si protese verso di lui, con gli occhi dentro gli occhi.

<<Mi ha insegnato che se uccidi ciò che ami, sei dannato per sempre.>>

<<Io sono già dannato>>, disse Roland con calma. <<Ma forse anche chi è dannato può essere salvato>>.

<<Ci farai uccidere tutti e tre?>>

Roland non parlò.

Eddie lo prese per gli stracci della camicia che indossava. <<La fari uccidere?>>

<<Tutti noi moriremo a suo tempo>>, rispose il pistolero. <<Non solo il mondo va avanti.>> In quella luce fioca i suoi occhi celesti erano quasi colore dell'ardesia, fissi in quelli di Eddie. <<Ma saremo magnifici.>> Fece una pausa. <<C'è più di un mondo da conquistare, Eddie. Non avrei messo a repentaglio te e lei e mai avrei permesso che il ragazzo morisse se fosse tutto qui.>>

<<Ma di che cosa stai parlando?>>

<<Di tutto quello che c'è>>, rispose pacatamente il pistolero. <<Andremo, Eddie. Combatteremo. Soffriremo. E alla fine ci saremo.>>

Ora toccò a Eddie non parlare. Non avrebbe saputo che cosa dire.

Roland gli prese delicatamente un braccio. <<Anche i dannati amano>>, mormorò.

Terre desolate[modifica]

Incipit[modifica]

Era la sua terza volta con pallottole vere... e la sua prima volta estraendo dalla fondina che le aveva confezionato Roland.
Avevano una buona scorta di munizioni; Roland aveva portato più di trecento pallottole dal mondo in cui Eddie e Susannah Dean erano vissuti fino al momento della loro chiamata. Ma avere munizioni in abbondanza non significava che le si potessero sprecare, anzi, era vero il contrario. Gli sciuponi corrucciavano gli dei. Su questo credo era stato cresciuto Roland, prima da suo padre e poi da Cort, il suo più grande maestro, e a esso restava ancora fedele. Quegli dei non punivano forse all'istante, ma presto o tardi il castigo sarebbe giunto... e più lunga l'attesa, più pesante la penitenza.

Citazioni[modifica]

  • Io non miro con la mano; colei che mira con la mano ha dimenticato il volto di suo padre.
    Io miro con l'occhio.
    Io non sparo con la mano; colei che spara con la mano ha dimenticato il volto di suo padre.
    Io sparo con la mente.
    Io non uccido con la pistola; colei che uccide con la pistola ha dimenticato il volto di suo padre.
    Io uccido con il cuore. (da Terre desolate)
  • Eddie e Susannah si coricarono insieme. Quando furono sicuri che il pistolero dovesse essersi addormentato, fecero l'amore. Roland li sentì nella sua lunga veglia e li udì parlare sottovoce dopo l'amore. Parlarono soprattutto di lui. In silenzio, con gli occhi aperti nell'oscurità restò ancora a lungo dopo che il loro mormorio era cessato e il loro respiro si era fuso insieme in un'unica nota regolare. Bello era essere giovani e innamorati, pensò. Anche nel cimitero a cui era stato ridotto quel mondo, era bello lo stesso. Vi sia di felicità finché vi è possibile, pensò, perché la morte ci aspetta ancora. Siamo giunti a un torrente di sangue. Esso ci porterà a un fiume di uguale fattura, non ne dubito. E più avanti ancora, a un oceano. In questo mondo le tombe sono spalancate e nessuno dei morti riposa in pace. Quando l'alba cominciava a spuntare, chiuse gli occhi. Dormì brevemente. E sognò di Jake.
  • Il pistolero si alzò in piedi, con il bicchiere nella mano alzata. Chinò la testa come immerso in meditazione. I pochi abitanti superstiti di Crocefiume lo osservavano con rispetto e, a opinione di Jake, con un certo timore. Finalmente risollevò la testa. «Berresti alla terra e ai giorni che vi sono trascorsi?» domandò. La sua voce era roca, tremava di emozione. «Berresti all'opulenza che fu e agli amici che non ci sono più? Berresti alla buona compagnia e a un incontro fortunato? Varrà questo brindisi a darci il via, Vecchia Madre?»

La sfera del buio[modifica]

Incipit[modifica]

«PROPONETEMI UN INDOVINELLO», li invitò Blaine.
«Fottiti», disse Roland. Senza alzare la voce.
«CHE COSA HAI DETTO?» Nell'evidente incrudelità, la voce del Grande Blaine somigliò di nuovo moltissimo a quella del suo insospettato gemello.
«Ho detto fottiti», ripeté con calma Roland. «Ma se non ti sono sembrato abbastanza esplicito, Blaine, vedrò di essere più chiaro. No. La risposta è no».

Citazioni[modifica]

  • Certe cose non riposano in pace nemmeno da morte. Le loro ossa gridano dalla terra.
  • "Cuthbert guardava la Luna Demone alle spalle di Susan. Lei sentì il cuore fermarsi in petto. Poi Bert abbassò gli occhi e le rivolse un sorriso così dolce da farle sprizzare nella mente un pensiero confuso ma brillante come una cometa (se avessi incontrato lui per primo, cominciava)."
  • "Così incrociamo i fantasmi che ci perseguiteranno negli anni futuri; siedono insignificanti ai bordi della strada come poveri mendicanti e, dovessimo accorgerci di loro, li scorgiamo solo con la coda dell'occhio. La possibilità che fossero lì ad aspettare proprio noi raramente ci attraversa i pensieri. Invece aspettano e quando siamo passati raccolgono i loro fagotti di ricordi e s'incamminano sulle nostre orme e piano piano, metro dopo metro, guadagnano terreno."
  • "L'amore vero, come tutte le droghe forti e che danno dipendenza è noioso. Svelato il mistero del primo incontro e della scoperta, i baci diventano presto insipidi e le carezza tediose.. salvo naturalmente per coloro che si baciano, coloro che si scambiano le carezze mentre intorno a loro tutti i suoni e i colori del mondo diventano più vivi e intensi. Come tutte le droghe forti, il vero primo amore è interessante solo per coloro che ne sono prigionieri. E, come per tutte le droghe forti e che danno assuefazione, il vero primo amore è pericoloso."
  • "Se mi ami, allora amami."
  • "Susan alzò lo sguardo e vide sfrecciare una meteora, una striscia brillante e breve nella volta celeste. Pensò di esprimere un desiderio, poi, con un moto interiore che era quasi panico, si accorse di non sapere che cosa desiderare."
  • Uomini! Non capiva proprio perché tante donne ne avessero timore. Gli dei non li avevano forse fabbricati facendogli ciondolare fuori del corpo la parte più vulnerabile del loro ventre come un budello dimenticato? (p. 114)
  • Roland era ben diverso dalla creatura indomita in cui sarebbe maturato, ma i semi di quella tenacia c'erano già, piccoli semi duri che a tempo debito sarebbero cresciuti in alberi con radici profonde... e frutti amari. In quel momento uno di quei semi si aprì e spedì verso l'alto la prima lama affilata.
    Ciò che è stato impegnato si può disimpegnare e ciò che è stato fatto si può disfare. Nulla è sicuro, ma... io la voglio.
    Sì. Tale era l'unica certezza nel suo animo e bene lo sapeva quanto bene conosceva il volto di suo padre: la voleva. Non nel modo in cui aveva voluto la prostituta quando si era sdraiata nuda sul letto con le gambe aperte e lo aveva guardato da sotto le palpebre abbassate, ma nel modo in cui desiderava cibo quando aveva fame e acqua quando aveva sete. Nel modo, pensava, in cui voleva trascinare il corpo impolverato di Marten dietro il cavallo per la Via Maestra di Gilead come ricompensa per ciò che l'incantatore aveva fatto a sua madre.
    La voleva. Voleva Susan.
    Roland si girò sul fianco, chiuse gli occhi e si addormentò. Il suo riposo fu leggero e illuminato dalla rudimentale poetica che solo i sogni di adolescenti possiedono, sogni in cui l'attrazione fisica e l'amore romantico s'incontrano e risonano come mai accadrà nella realtà. In quelle visioni di desiderio Susan Delgado posava e riposava le mani sulle spalle di Roland e baciava e ribaciava la sua bocca, gli diceva e ripeteva di andre a lei per la prima volta, stare con lei per la prima volta, vederla per la prima volta, vederla molto bene. (p. 162)
  • "Corri da sconsiderato e caschi in un buco". (p. 281)
  • "Dillo di nuovo e lo farò, Susan. Non so se è una promessa o un avvertimento o tutte e due le cose insieme, ma... dillo di nuovo e lo farò."
    Non c'era bisogno di chiedergli a che cosa alludesse. Le sembrò che il terreno si muovesse e più tardi avrebbe riflettuto che per la prima e unica volta in vita sua aveva avuto la sensazione precisa del ka, un vento che giungeva non dal cielo ma dal sottosuolo. Mi ha raggiunta, infine, pensò. Il mio ka, nel bene o nel male.
    "Roland!"
    "Sì, Susan."
    Gli appoggiò la mano sotto la fibbia della cintura e strinse, senza mai distogliere gli occhi da quelli di lui.
    "Se mi ami, amami"
    "Aye, signora. Ti amo."
    Roland si sbottonò la camicia confezionata in una parte del Medio-Mondo che lei non avrebbe mai visto e la prese tra le braccia. (p. 309)
  • Così incrociamo i fantasmi che ci perseguiteranno negli anni futuri; siedono insignificanti ai bordi della strada come poveri mendicanti e, dovessimo accorgerci di loro, li scorgiamo solo con la coda dell'occhio. La possibilità che fossero lì ad aspettare proprio noi raramente ci passa per i pensieri. Invece aspettano e quando siamo passati raccolgono i loro fagotti di ricordi e s'incamminano sulle nostre orme e piano piano, metro dopo metro, guadagnano terreno. (p. 355)
  • Come disse lo scorpione alla fanciulla morente: "Sapevi che sono velenoso quando mi hai raccolto." (p. 358) [wellerismo]
  • Il panico è altamente contagioso, specialmente in situazioni dove nulla è noto e tutto è in divenire. (p. 485)
  • Non fischiare al vento se non vuoi che soffi. (p. 615)

I lupi del Calla[modifica]

Incipit[modifica]

Tian aveva la fortuna (ma pochi contadini avrebbero usato una parola come questa) di possedere tre campi: Campo del Fiume, dove da tempo immemorabile la sua famiglia aveva coltivato riso; Campo della Strada, dove ka-Jaffords aveva coltivato radici agre, zucche e mais per altrettanti lunghi anni e generazioni; e Figlio di Puttana, un podere ingrato dove crescevano soprattutto sassi e piaghe e speranze andate alla malora. Tian non era il primo Jaffords risoluto a cavare qualcosa dagli otto ettari dietro casa; il suo grand-père, perfettamente sano di mente per ogni altro aspetto, era sempre stato convinto che lì ci fosse l'oro.

Citazioni[modifica]

  • "Aye!" grida. "Aye, molto bene. Voi del castello, a me! Pistoleri, a me! A me, vi dico!"

"Quanto ai pistoleri, Roland", gli risponde Cuthbert, "io sono già qui. E noi due siamo gli ultimi." Roland lo guarda, poi lo abbraccia sotto il cielo feroce. Sente ardere il corpo di Cuthbert, sente la sua tremante magrezza suicida. Eppure ride ancora. Bert sta ancora ridendo. "Va bene", dice Roland con la voce roca, guardando lo sparuto drappello dei compagni. "Ci lanceremo all'attacco. Senza quartiere." "Sì, senza quartiere, assolutamente!" ribadisce Cuthbert. "Non accetteremo la resa se ce la offriranno." "In nessun caso!" gli fa eco Cuthbert ridendo più forte che mai. "Dovessero gettare le armi anche tutti i duemila." "Allora suona quel cazzo di corno." Cuthbert alza il corno alle labrba insanguinate e soffia uno squillo possente... l'ultimo squillo, perché quando un minuto dopo (o forse sono cinque, o dieci, il tempo non ha senso in questa battaglia finale) cadrà dalle sue dita, Roland lo lascerà nella polvere. Lo strazio e la sete di sangue gli faranno dimenticare il Corno dell'Eld. "E ora, amici miei... hile!" "Hile!" grida l'ultima dozzina sotto quel sole scorticante. È la loro fine, la fine di Gilead, la fine di tutto, e Roland non ha più niente da perdere. L'antica furia rossa, folle e feroce, gli avvolge la mente, soffoca tutti i pensieri. Un'ultima volta, allora, pensa. Che così sia. "A me!" grida Roland di Gilead. "Avanti! Per la Torre!" "La Torre!" grida accanto a lui Cuthbert, vacillando. Leva verso il cielo il Corno di Eld in una mano, la rivoltella nell'altra. "Niente prigionieri!" urla Roland. "NIENTE PRIGIONIERI!"

  • Attento a che cosa preghi di ottenere, perché potresti essere esaudito.
  • «Colui che spara con la mano ha dimenticato il volto di suo padre. Io sparo con la mente. Io non uccido con la mia pistola; colui che uccide con la pistola ha dimenticato il volto di suo padre.» Jake fece una pausa. Prese fiato. Lo esalò parlando. «Io uccido con il mio cuore.»
  • Il tempo è un volto sull'acqua.
  • Prima vengono i sorrisi, poi le bugie. Per ultimi gli spari.
  • Mister, noi trattiamo piombo.
  • Noi spalmiamo il tempo come meglio possiamo, ma alla fine il mondo se lo riprende tutto.
  • Gli chiese che cosa facesse lì fuori e si scoprì impreparata sia alla sua risposta, sia al totale candore del volto che girò verso di lei. La sua franchezza l'atterrì. "Ho paura di addormentarmi", disse. "Ho paura che vengano da me i miei amici morti e che vederli mi uccida."
  • Ci sono strade segrete in America, strade occulte. [...] È nel modo in cui i bicchierini di plastica e i pacchetti di sigarette accartocciati corrono sull'asfalto spinti dal vento che precede l'alba. È nell'adolescente dall'altra parte della strada, seduto sul gradino di una veranda alle quattro e mezzo di notte con la testa posata sulle braccia, una silenziosa immagine di dolore. Le strade segrete sono vicine e vi parlano sussurrando. "Vieni amico", dicono. "Qui è dove puoi dimenticare ogni cosa, anche il nome che ti hanno affibbiato quando non eri che un bebè nudo e urlante ancora sporco del sangue di tua madre. Ti hanno affibbiato un nome come si lega un barattolo alla coda di un cane, vero? Ma qui non c'è bisogno che te lo trascini dietro. Vieni. Avanti."

La canzone di Susannah[modifica]

Incipit[modifica]

«Quanto durerà la magia?» Nessuno rispose alla domanda di Roland. Così la pose di nuovo, questa volta volgendo lo sguardo in fondo al soggiorno della canonica, dove Henchick dei Manni sedeva con Cantab, che aveva sposato una delle sue numerose nipoti. I due uomini si tenevano per mano, secondo l'usanza della loro comunità. Quel giorno il vecchio aveva perso una nipote, ma se provava cordoglio, nella compostezza del suo volto di pietra non lo si leggeva.

Citazioni[modifica]

  • «La collera è la più inutile delle emozioni», intonò Henchick. «Distruttiva per la mente e dolorosa per il cuore.»
  • A ben riflettere, come si faceva a sapere con certezza di non essere un personaggio della storia di qualche scrittore o il pensiero in transito nella testa di un qualsiasi babbeo alla guida di un autobus, o la pagliuzza momentanea nell'occhio di Dio?
  • La gatta può fare i gattini nel forno, ragazza mia, ma non per questo sfornerà pasticcini.
  • King notò il modo in cui Roland abbassò la testa durante quella parte del racconto e gli parlò con inaspettata dolcezza. «Non è il caso di vergognarsi tanto, signor Deschain. In fondo sono stato io a farti comportare così.»
  • Perché ciò che è visto non può più essere non visto. Ciò che è conosciuto non può più essere sconosciuto.
  • «Certe monete false saltano fuori in continuazione.»
  • Nel Paese della Memoria il tempo è sempre Ora.
  • Nulla apre gli occhi della memoria come una canzone.

La torre nera[modifica]

Incipit[modifica]

Père Donald Callahan era stato un tempo il sacerdote cattolico di un borgo, Salem's Lot si chiamava, che non esisteva più su nessuna carta geografica. Gli era indifferente. Per lui concetti come «realtà» avevano perso ogni significato.
Questo ex prete aveva ora nel palmo un oggetto pagano, una tartarughina d'avorio. Le era saltato via un pezzettino del becco e aveva un graffio a forma di punto interrogativo sul becco, ma per il resto era un piccolo gioiello.
Bello e potente. Ne avvertiva la forza nella mano come energia elettrica.

Citazioni[modifica]

  • Non ci si rialza in piedi attaccandosi ai lacci dei propri stivali, per quanto forte si possa tirare.
  • Chi di noi, se non in sogno, si aspetta veramente di riunirsi con il più puro amore del nostro cuore, anche quando ci abbandona solo per qualche minuto e per la più ordinaria delle commissioni? Nessuno. Ogni volta che il nostro amore scompare alla nostra vista, nel segreto del nostro cuore lo diamo per morto. Avendo avuto un così grande dono, ragioniamo, come potremmo sperare di non essere trattati come Lucifero, colpevoli noi stessi di una presunzione pari alla sua?
  • L'amore è da sempre la più distruttiva delle armi.
  • C'è un'espressione, «l'elefante in soggiorno», che vorrebbe descrivere una situazione eclatante: droga, alcolismo, violenza. Le persone talvolta chiedono, quando la magagna è saltata fuori: «Come hai potuto lasciare che andasse avanti così per tanti anni? Non hai visto l' elefante in soggiorno?» Ed è così difficile per chi vive in una situazione più normale capire la risposta che più si avvicina alla realtà: «Mi spiace, ma quando sono arrivato io era già lì. Non sapevo che fosse un elefante; credevo che fosse parte dell'arredamento.»
  • Susannah guardò Eddie inarcando le sopracciglia. Eddie le rispose con un'espressione che significava: te lo dico dopo. Fu quel tipo di comunicazione non verbale, semplice e perfetta, che viene così naturale alle persone che si amano.
  • Roland, lentamente, con l'atteggiamento di chi sta facendo qualcosa che non gli è consueto, protese le braccia. Guardandolo con un'espressione solenne, senza mai distogliere gli occhi dal suo volto, il piccolo Jake avanzò tra quelle mani di assassino e attese che gli si posassero sulla schiena. Aveva vissuto quella scena in sogni che non avrebbe mai osato rivelare.
  • «[...] Non possiamo pretendere che vada così, naturalmente, ma possiamo sperarlo.» Sì, tanto potevano fare... ma con la speranza in una mano e la merda nell'altra: vediamo quale si riempie per prima.
  • Sorrise come facciamo tutti quando veniamo colti di sorpresa dalla felicità.
  • La parola mai è quella a cui tende l'orecchio Dio quando ha voglia di farsi una risata.
  • «Roland», disse Ted. «Quello che hanno fatto non era interamente colpa loro. Pensavo di avertelo spiegato, ma evidentemente non sono stato molto abile.»
    Roland ripose la rivoltella. «Sei stato più che abile», lo tranquillizzò.
    «È per questo che sono ancora vivi.»
  • Noi siamo ka-tet, noi siamo uno da molti.
  • Il tempo era un ladro e una delle prime cose che ti portava via era il senso dell'umorismo.
  • Chiunque pensi che l'immaginazione non può uccidere, è uno sciocco.
  • Ho conosciuto altri narratori, e sono tutti chi più e chi meno ritagli della medesima stoffa. Raccontano storie perché hanno paura della vita.
  • Se la preghiera è un fatto così spirituale, perché ti inginocchi nella stessa stanza dove ti siedi a cacare? (Finli o'Tego)
  • Jake andò a quella che di sicuro sarebbe stata la sua morte ricordando due cose che gli aveva detto Roland Deschain, il suo vero padre. Le battaglie che durano cinque minuti generano leggende che vivono mille anni. E: non è indispensabile che tu muoia felice, ma devi morire soddisfatto, perché hai vissuto la tua vita dall'inizio alla fine e sempre si serve il ka.
  • Era insieme terribile e stranamente umiliante rendersi conto della facilità con cui il disagio fisico poteva avere il sopravvento sulla mente, dilagando come gas velenoso fino a impossessarsi di ogni piccolo angolo dell'organismo. Cordoglio? Lutto? Che cos'erano mai quando sentivi il freddo in marcia dalla punta delle dita di mani e piedi su, verso il naso, Dio del cielo, e poi dove ancora? Al cervello, di grazia. E al cuore. Nella morsa di un freddo così, cordoglio e lutto erano solo parole. Ma no, nemmeno, erano suoni. Erano blablà privi di significato, quando stavi seduto a rabbrividire sotto le stelle in attesa di una mattina che non arrivava mai.
  • Non ci furono parole nel grido né potevano esserci. I nostri più esaltanti momenti di trionfo sono sempre inarticolati.
  • «È stata una brutta vita», stava dicendo Joe. «Non la vita che mi ero aspettato, nemmeno per sbaglio, ma io ho una teoria: le persone che finiscono per vivere la vita che si erano aspettate sono il più delle volte quelle che finiscono per prendere sonniferi o ficcarsi una canna di pistola in bocca e tirare il grilletto.»
  • «ORA VIENE ROLAND ALLA TORRE NERA! HO MANTENUTO FEDE ALLA MIA PAROLA E PORTO ANCORA LA PISTOLA DI MIO PADRE E TU TI APRIRAl ALLA MIA MANO!»
    «Vengo nel nome di Steven Deschain, colui che è di Gilead!
    «Vengo nel nome di Gabrielle Deschain, colei che è di Gilead!
    «Vengo nel nome di Cortland Andrus, colui che è di Gilead!
    «Vengo nel nome di Cuthbert Allgood, colui che è di Gilead!
    «Vengo nel nome di Alain Johns, colui che è di Gilead!
    «Vengo nel nome di Jamie DeCurry, colui che è di Gilead!
    «Vengo nel nome di Vannay il Saggio, colui che è di Gilead!
    «Vengo nel nome di Hax il Cuoco, colui che è di Gilead!
    «Vengo nel nome di David il Falcone, colui che è di Gilead e del cielo!
    «Vengo nel nome di Susan Delgado, colei che è di Mejis!
    «Vengo nel nome di Sheemie Ruiz, colui che è di Mejis!
    «Vengo nel nome di Père Callahan, colui che è di Jerusalem's Lot e delle strade!
    «Vengo nel nome di Ted Brautigan, colui che è dell'America!
    «Vengo nel nome di Dinky Earnshaw, colui che è dell'America!
    «Vengo nel nome di zia Talitha, colei che è di Crocefiume, e qui poserò la sua croce, come ho giurato!
    «Vengo nel nome di Stephen King, colui che è del Maine!
    «Vengo nel nome di Oy, il coraggioso, colui che è del Medio-Mondo!
    «Vengo nel nome di Eddie Dean, colui che è di New York!
    «Vengo nel nome di Susannah Dean, colei che è di New York!
    «Vengo nel nome di Jake Chambers, colui che è di New York, colui che chiamo mio vero figlio!
    «Io sono Roland di Gilead, e vengo io stesso; tu ti aprirai per me.»
  • «ROLAND! CHE COSA STAI FACENDO! VIENI, PISTOLERO, CHE IL TRAMONTO È PROSSIMO!» (Il Re Rosso)
  • «ANCORA QUI!» urlò al vecchio Re Rosso. «ANCORA QUI, VECCHIO CIUCCIACAZZI, CHE TI SIA GRADITO!» (Roland di Gilead)

La leggenda del vento[modifica]

  • Il tempo era una faccia sull'acqua e, come il grande fiume davanti a loro, altro non faceva che scorrere. (p. 10)
  • Le storie che ascoltiamo da bambini sono quelle che ricordiamo per tutta la vita. (p. 81)
  • Era un filo molto sottile, ma certe volte, se stai attento a non spezzarlo, un filo sottile lo puoi tirare fino a disfare un intero indumento. (p. 81)

Bibliografia[modifica]

  • Stephen King, I lupi del Calla, traduzione di Tullio Dobner, Sperling & Kupfer, 2003. ISBN 882003574X
  • Stephen King, L'ultimo cavaliere, traduzione di Tullio Dobner, Sperling & Kupfer.
  • Stephen King, La canzone di Susannah, traduzione di Tullio Dobner, Sperling & Kupfer, 2004. ISBN 8820036770
  • Stephen King, La chiamata dei tre, traduzione di Tullio Dobner, Sperling & Kupfer, 1990. ISBN 8820010305
  • Stephen King, La sfera del buio, traduzione di Tullio Dobner, Sperling & Kupfer.
  • Stephen King, La torre nera, traduzione di T. Dobner, Sperling & Kupfer.
  • Stephen King, Terre desolate, traduzione di Tullio Dobner, Sperling & Kupfer, 1992. ISBN 8820014424

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