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Luca Raffaelli

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Luca Raffaelli nel 2012

Luca Raffaelli (1959 – vivente), giornalista, saggista e sceneggiatore italiano.

Citazioni di Luca Raffaelli

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  • Arriviamo così al dunque: Cocco Bill. Il quale, potremmo dire, è Tex che passa attraverso lo specchio. E, al di là dello specchio, c'è, appunto, il mondo al contrario di Jac, quello in cui un cowboy non beve whisky ma camomilla, in cui il Mito (in questo caso, del mondo western) non è preso in giro grazie a un imbecille contrapposto al protagonista (come nel caso di Lucky Luke.[1]
  • Con Jacovitti qualsiasi ambiente, qualsiasi genere, qualsiasi mondo diventa il suo mondo, assurdo, folle e geniale nel quale tutti i personaggi sono costretti a rispettare delle fantastiche non regole. Al di là dello specchio jacovittesco non c'è un paese delle meraviglie, ma un universo in cui tutto ciò che regola il nostro rapporto con la realtà viene messo in discussione.[2]
  • "Dylan Dog" è un terribile successo. È un fenomeno di costume, uno dei pochi fumetti che abbia l'onore di apparire, senza la complicità della grande notizia, sulle pagine culturali dei quotidiani.[3]
  • È bene ricordare che negli anni Ottanta e Novanta i cartoni giapponesi era il capro espiatorio delle incomprensioni generazionali. Gli adulti non capivano i gusti dei ragazzi (non accade mai, peraltro) e si accanivano contro quei cartoni che avevano una sola colpa, anzi due: quella di avere invaso i palinsesti pomeridiani per ragazzi azzerando l'industria italiana del film d'animazione.[4]
  • Gianluigi Bonelli non ha mai amato concedere interviste. Ma, per fortuna, ci sono state delle eccezioni. Una di queste l'ho trovata in un giornale molto particolare. Si tratta de "La Città Futura", settimanale della Federazione Giovanile Comunista Italiana. Il numero è il 23 del 2 novembre 1977. L'intervista è a cura di Lillo Gullo, giornalista, regista televisivo, poeta e scrittore, nato nel 1952 ad Aliminusa, in provincia di Palermo. Nel 1977, Gullo ha 25 anni, Bonelli 68. Ma cerchiamo di capire la situazione di allora. A quel tempo, sui giornali è molto difficile trovare un'intervista a un autore di fumetti oppure un articolo serio, di approfondimento, sulla materia. Il fumetto è ancora un marziano per la cultura italiana, anche se, negli anni Sessanta, sono stati compiuti passi fondamentali per la sua "emancipazione": a cominciare dai saggi di Carlo della Corte, Umberto Eco, Roberto Giammanco, cui seguirono le prime manifestazioni (nel 1965 a Bordighera, in seguito a Lucca) e le prime riviste a fumetti (nel 1965 "Linus", quindi "Sgt. Kirk" ed "Eureka").[5]
  • [Su V per Vendetta] Il film [...] ha solo spostato un po' più in là la data (siamo nel 2020) e reso meno complesso l'intreccio narrativo. Però, dopo "From hell" e "La leggenda degli uomini straordinari", finalmente un film tratto da un fumetto di Alan Moore riesce a reggere il confronto con l'originale. V è una sorta di supereroe, disperato e idealista. Non si sa se sia nero, pachistano, omosessuale, socialista. Si sa che è stato imprigionato, che su di lui sono stati effettuati esperimenti chimici, che rimase sfigurato dopo aver causato l'esplosione del campo di concentramento. Il fumetto e il film hanno inizio quando la sua vendetta prende il via, uccidendo uno a uno i responsabili della sua tragedia e incitando i cittadini alla rivolta. E forse è qui che il film si discosta appena dal fumetto, mostrando un V che non è solo simbolo della ribellione, ma anche fautore di una, come chiamarla, resistenza, rivoluzione popolare. Alan Moore non vuole sentire più parlare di trasposizioni cinematografiche delle sue opere, tanto è vero che il suo nome non appare nei titoli di coda.[6]
  • Nonostante sia pop, ad analizzarla per bene la comicità di Ortolani è una lezione accademica: sul linguaggio, sul fumetto, sull'emozione e sui miti di oggi.[7]
  • Ormai tanti appassionati lettori di Leo Ortolani sanno come fa. Lui prende un mito contemporaneo e, dopo averlo abbracciato (per amore vero), lo scardina, lo frantuma, lo riduce a brandelli. Con rispetto, s'intende. Così, soprattutto sui supereroi statunitensi, costruisce una parodia a fumetti in cui ogni quattro o cinque vignette si ride. Ma si ride davvero. E guai a cercare di prevedere la sua tecnica. Leo ti spiazza sempre e, quando credi di averlo sgamato, lui fa la finta, ti spiazza e segna ancora.[7]
  • [In risposta a un articolo di Vera Slepoj su Sailor Moon] Qual è il modello di comportamento che propongono infatti certi adulti facendo questo tipo di dichiarazioni ai giornali? Il modello del distratto, del disinteressato nei confronti dei più piccoli. Non c'è dubbio che certe cattiverie degli adulti nei confronti dei più piccoli rappresentano delle vere e proprie vendette contro il loro divertimento, le loro passioni. Si stanno divertendo come io non mi sono divertito? Si stanno appassionando loro come mentre io non mi appassiono più a niente? Stanno socializzando attraverso un comune interesse, mentre io non riesco più a stabilire un contatto che sia disinteressato? E allora li punisco io, e allora glielo dico io che così non va bene, che non possono continuare, che devono smettere. Che il loro divertimento è dannoso. Anche perché, come diceva Stan Lee a proposito della crociata che uno psichiatra americano fece contro i comic book: «Basta che tu ti alzi e dica Questo è pericoloso per i bambini, e avrai l'attenzione della stampa e della gente». È vero. Non c'è niente di più proficuo. Però bisogna dirlo che il modello che si propone in questo caso è quello di chi crea allarme inutilmente, di chi, per la soddisfazione di arrivare sulle prime pagine dei giornali, è pronto a tutto. D'altra parte è il modello vincente del momento: qualsiasi cosa purché si parli di me! (Viene da chiedersi: che cartoni animati ha visto da piccola la nostra psicologa?).[8]

Le anime disegnate

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  • Quando c'è dialogo non c'è bisogno di divieti (e se c'è il dialogo neppure il più cretino dei programmi può rincretinire).
  • Gruppi di genitori si sono organizzati in comitati, hanno inondato di lettere le reti televisive, hanno spedito missive terribili al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, e hanno fatto tutto questo senza mai guardare attentamente i cartoni che attaccavano, e soprattutto senza cercare il dialogo con i propri figli.
  • Quando un qualsiasi prodotto (una canzone, un fumetto, un libro) ha successo fra gli adolescenti, il mondo degli adulti lo tratta con sufficienza e superficialità, come a dire che "sono creati apposta per istupidirli"
  • Nei confronti della nostra infanzia la cultura occidentale, la nostra cultura, è molto più repressiva di quanto questa voglia riconoscere: e infatti, invece di cercare di capire cosa avessero per piacere tanto ai loro ragazzi, il mondo adulto ha preferito condannare ciò che si presentava come diverso, nuovo e incomprensibile.
  • È un problema di cultura quello di dividere il mondo dei bambini e quello degli adulti, quasi questi ultimi si vergognino di considerare alla loro altezza cartoni animati belli, divertenti, intelligenti, ben fatti.
  • Un pugno distruttivo di un eroe giapponese non è nulla al confronto della violenza verbale che a volte si respira nelle case. [...] E se gli adulti se la prendessero tanto con i cartoni giapponesi perché sospettano di essere i cattivi contro cui i bambini combattono insieme agli eroi?
  • Molti appassionati del genere, già scottati da disinformazione e luoghi comuni negli anni passati, ora chiedono di poter vedere, da adulti, quelle serie o quei film che il mercato ancora non reputa interessanti, o che si trasmettono in tv negli spazi per i più piccoli, con palesi censure.
  • Alla televisione viene consegnata una responsabilità troppo grande in qualità di baby-sitter, di parcheggio adolescenziale. Spesso questo non determina un maggiore per l'analisi dei prodotti destinati ai bambini, ma l'irrazionale terrore verso le possibili conseguenze della loro visione. E se si trattasse solo del ritorno del senso di colpa per aver scaricato il pupo davanti al piccolo schermo, o per non aver creato le possibilità di dialogo che lo avrebbero sottratto alla visione muta della tv?
  • I cartoni sono un'altra cosa in Giappone: tanto per cominciare non sono considerati affatto prodotti per bambini. Piuttosto, la vastità del successo dei manga e dell'anime ha fatto sì che nascessero produzioni differenziate per età e gusti.
  • Ogni tanto qualcuno ha il coraggio di parlare di medicina umana, che guarda al paziente e non alla malattia. Eppure nessuno parla di mondo, cultura, società moderna che deve adeguarsi ai bisogni dell’uomo. Come se il mondo fosse un involucro estraneo alle dinamiche umane. Così i ragazzi si devono inserire nel mondo del lavoro, e non gli si offre alcuna possibilità di inventare un nuovo modo di lavorare, una nuova filosofia di vita. Il mondo adulto dovrebbe sfruttare il pensiero giovane che, positivamente responsabilizzato, potrebbe favorire scenari nuovi, clamorosi. Certo che la giovinezza deve essere anche l’età della ribellione. Ma la ribellione ha in sé degli elementi costruttivi che il nostro mondo rifiuta categoricamente, perdendo due opportunità: quella dei giovani di crescere e quella degli adulti di cambiare. E invece: bambino, lasciali lavorare. E lasciaci portare avanti i nostri sporchi giochi di potere, i posti già assegnati per diritto di famiglia o politico, le corruzioni già previste, le ingiustizie già programmate, le nostre divisioni opportunistiche tra il bene e il male, la nostra paura dell’amore, le nostre fedi a cui non crediamo. Lascia fare e mettiti in riga, che tanto le cose vanno così e nessuno le può cambiare. Adeguati. Che gli ideali cadono con l’età adulta. Mettiti l’animo in pace. Tanto continuerai a sentire frasi ovvie come “sono i giovani del nostro futuro” e qualcuno comincerà ad applaudire annuendo perché vorrà farsi vedere mentre applaude e tutti si complimenteranno perché quella è davvero una banalità che non cambia nulla. I giovani saranno il nostro futuro. Perché anche loro, i giovani, impareranno presto, prestissimo, a perdere se stessi e i loro pensieri. Diventeranno adulti. Perché, dicono, diciamo, non c’è altra scelta.
    Il mondo adulto conta sui giovani. Per vendicarsi e rivivere attraverso di loro la propria perdita di identità.

Citazioni su Luca Raffaelli

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  • L'aria può sembrare quella di un eterno "Peter Pan", ma non fatevi ingannare: il rispetto e l'autorevolezza sono due qualità che vanno nutrite giorno dopo giorno e non si arriva per caso a dirigere festival e curare mostre anche internazionali. (Marco Pellitteri)

Note

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  1. Da Il mondo alla rovescia, in Benito Jacovitti, «Il giorno» di Cocco Bill, a cura di Gianni Brunoro, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, Viterbo, 2009, p. 4. ISBN 978-88-6222-098-9.
  2. Da Il mondo alla rovescia, 2009, p. 4.
  3. Citato in I classici del fumetto N.11, Dylan Dog, BUR, 2000.
  4. Dall'intervista di Marco Pellitteri, Intervista a Luca Raffaelli. La "conoscenza" prima di tutto, in Anime Cult n. 1, Sprea, Cernusco sul Naviglio, novembre 2022. ISBN 9788862671002.
  5. Da Quando Tex scatenò la rissa tra i i giovani comunisti, in Le grandi storie di Tex: Minaccia aliena, La Biblioteca di Repubblica-L'Espresso, n. 13, 2016, pp. 5-6.
  6. Da Arriva V, il terrorista buono contro l' Inghilterra fascista, la Repubblica, 17 marzo 2006.
  7. a b Da Metamorfosi di un bat-topo: è uno zombie un po' eretico, Il Venerdì, 11 novembre 2016, p. 100.
  8. Da Come un perioftalmo tra le mangrovie, in Animania n. 1 (nuova versione), Dynamic Italia, Bologna, maggio/giugno 1997, citato in Marco Pellitteri, 1978-1981: arrivano i giapponesi. Prima che li chiamassimo "anime", in Anime Cult n. 1, Sprea, Cernusco sul Naviglio, novembre 2022. ISBN 9788862671002.

Bibliografia

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  • Luca Raffaelli, Le anime disegnate: il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre, Minimum fax, Roma, 2005. ISBN 88-7521-067-5.

Altri progetti

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