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Leopoldo Galeotti

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Leopoldo Galeotti (1813 – 1884), avvocato e politico italiano.

Citazioni di Leopoldo Galeotti

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  • Una cosa sola ti raccomando perché tu la inculchi a tutti di costà[1]. Usino alla Toscana ogni sorta di riguardi: accarezzino Firenze, onde non abbia a rimpiangere la corte granducale: pensino che la Toscana non può essere trattata come Biella e Cuneo: si ricordino che è paese di vecchia civiltà e di tradizioni politiche, convegno di forestieri e di artisti, luogo di monumenti, di delizie e di eleganze di ogni genere. Rispettino le suscettibilità: ammirino le nostre leggi che sul serio valgono più delle loro. E soprattutto non ci secchino colle pedanterie, colle regole minute, e non ci mandino né de' cosi duri, né della gente noiosa. In queste parole sta il segreto della situazione, onde il matrimonio in ogni evento sia stabile, e si eviti il pericolo di seccarsi reciprocamente dopo la luna di miele. Tu conosci la Toscana e capisci la importanza delle mie parole.[2]

Incipit di alcune opere

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Considerazioni politiche sulla Toscana

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Se in questi gravi momenti io rompo il silenzio, e individualmente prendo la penna per dichiarare con semplici e schiette parole ciò che io pensi delle pubbliche cose; non vogliasi questo attribuire né a superbia di mostrarmi importuno consigliatore, né a desiderio di suscitare opposizioni contro il Governo.
Alieno per natura, e per consuetudine di vita, da qualunque arte di setta, non ebbi mai né il desiderio né la pretensione di farmi innanzi. E d'altra parte l'esperienza, acquistata nella lettura delle Storie, nello studio dei fatti politici, e più che altro nelle vicende di questi ultimi tempi, mentre mi ha persuaso la vanità del porgere consigli a chi non li cerca, o non li vuole, mi ha fatto pure apprezzare il valore di certe dottrine e di certi sistemi, che un tempo procacciarono fama di sapienza e credito di sottile accorgimento.

Della riforma municipale

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Se la Consulta di Stato devesi considerare come riordinamento del Governo, la riforma municipale devesi considerare come riordinamento del paese. E di essere riordinato ha bisogno il paese. Imperrocché[3] noi soffriamo le conseguenze estreme dei mali che, parte per l'individualismo antico, parte per dissolventi di origine più fresca, hanno concorso a decomporre e dilaniare la società italiana. La quale dopo aver scontato con tre secoli di dolori l'infausto pregio di essere stata alle altre maestra di civiltà e di colture, deve attribuire a prodigio, se le tante arti adoperate ad avvilirla, e le insidie usate a pervertirla, sieno state impotenti ad abolire quel senso di squisita moralità, che sempre è stato il pregio maggiore della dottrina civile, che ereditammo dai padri nostri.

Della sovranità e del governo temporale dei papi

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La riabilitazione del Cattolicesimo e del Papato, nell'opinione dei dotti del secolo e nel linguaggio degli scrittori, costituisce il fatto più maraviglioso dell'età nostra: maraviglioso, ove si osservi esser questo un omaggio reso al principio dell'autorità, quando il concetto morale della libertà umana è divenuto ormai un sentimento universale; maraviglioso, ove il pensiero ricordi le accuse e le calunnie che, pochi anni or sono, piovevano a scroscio sopra queste venerande istituzioni; maraviglioso, infine, ove si rifletta che le apologie e le difese più efficaci, perché meno sospette, sono venute dal partito protestante e dalle scuole dei razionalisti.

L'Assemblea toscana

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Mentre la parte più eletta della stampa straniera rende ampia giustizia al senno, alla temperanza, all'accorgimento politico, ed alla concordia meravigliosa di cui fornì ampia e luminosa prova la Toscana nostra sia nelle ultime elezioni, sia nelle deliberazioni della sua Assemblea, alcuni giornali inspirati non so da quali intendimenti, cercano con sofismi insidiosi e menzogneri di gettare discredito su quelle elezioni, ed il biasimo su quelle deliberazioni, quasi l'Assemblea non fosse rappresentanza vera del paese, o quelle deliberazioni fossero frutto di violenza anziché espressione della sincera volontà del popolo toscano. A ribattere quei sofismi e quelle menzogne, a togliere di mano ai nostri avversarii queste armi poco leali, ad illuminare la pubblica opinione dell'Europa, scrivo poche parole, che mi sono dettate dalla mia persuasione, e dalla evidenza dei fatti.

La prima legislatura del Regno d'Italia

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Quali fossero le nostre condizioni nel marzo del 1860 tutti bene lo ricordano. Interrotta coi capitoli di Villafranca la gloriosa campagna del 1859[4], i popoli dell'Italia centrale avevano dato uno stupendo esempio di concordia, di patriottismo e di senno politico, contrapponendo al pericolo di possibili e temute restaurazioni il voto delle assemblee, che univa le loro sorti a quelle dei popoli già felicemente raccolti sotto lo scettro costituzionale di Casa Savoia. Quell'atto memorando di sapienza italiana altro non fu, né altro poteva essere, se non che la prima pietra dell'unità nazionale, che, stata per secoli la idea prediletta di tanti pensatori e di tanti martiri, entrava allora nel primo stadio della realtà e della sua pratica effettuazione.

Note

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  1. Si riferisce ai politici e ai governanti del Regno di Sardegna che si apprestavano ad annettere il Granducato di Toscana
  2. Da una lettera di Leopoldo Galeotti a Massari, del 3 settembre 1859, ripr. in Raffele Ciampini, I Toscani del '59, Roma 1959, p. 107; citato in Denis Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Gius. Laterza & Figli, 1968; edizione Club del Libro, 1981, pp. 537-538.
  3. Nel testo: Imperrocchè.
  4. L'armistizio di Villafranca dell'11 luglio 1859, tra Napoleone III e Francesco Giuseppe I, pose le premesse per la fine della seconda guerra d'indipendenza italiana.

Bibliografia

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Altri progetti

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