Luca de Samuele Cagnazzi
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Luca de Samuele Cagnazzi (1764 – 1852), scienziato ed economista italiano.
La mia vita
[modifica]- Esaminando allora me stesso relativamente alle cognizioni che avevano gli altri giovani miei coetanei, vidi che io era male istruito nelle materie legali ed ecclesiastiche, passabilmente nelle belle lettere, ma con sorpresa mi vidi fornito di cognizioni di matematica pura al pari de' primi Matematici napolitani della mia età, anzi superiore. Il solo che mi faceva ombra era Annibale Giordani. (p. 4)
- Conforti era di un'indole più cordata. Io lo amava assai, e mi piaceva molto conversarlo. Debbo assai alla sua confidenziale conversazione, più che alle sue lezioni. Io credo che sia la sorte più grande de' giovani ben intenzionati pel sapere l'avere la confidenza degli uomini grandi, e poterli riconoscere nella loro vita privata. (p. 5)
- L'economia è la scienza di trarre profitto immediato da tutto lo scibile. Su tutte le scienze si poggia l'Economia. Che giova sapere l'Economia senza l'estensione del sapere negli altri rami? Si saprà per casi e mai per principi. (p. 9)
- [Sulla Rivoluzione altamurana] Ciò non ostante vollero destinarmi Commissario del Cantone di Altamura. Io mi tenni riservata la carta, e non volli manifestare ciò ad alcuno per due mesi. Intanto i spiriti fervidi della mia patria, tra i quali molti studenti che allora vi erano al nostro Liceo, volevano piantare l'albero, e predicavano libertà ed eguaglianza, il che o mal annunziato o mal appreso dal popolo veniva preso per un sistema di libertà ed uguaglianza di beni, onde si erano accinti a dare il saccheggio alle case ricche. Io andava una mattina alla chiesa mentre il popolo era a ciò istigato,e fui interrogato da alcuni villani in Piazza, e dissi che la vera libertà ed eguaglianza era quella di Gesù Cristo insegnataci col Vangelo, e progredii alla Chiesa. [...] Spesso mi rimproveravano della moderazione che loro inculcava. Così fu mantenuto in calma il popolo di Altamura per circa due mesi. (pp. 17-18)
- [Sulla Rivoluzione altamurana] Quello che avvenne ad Altamura nel saccheggio non mi fermo a dirlo avendone altri scritto. Dico solo che sono incredibili le scelleraggini commesse dai Calabresi sotto l'occhio del Cardinale Ruffo. (p. 20)
- [Durante la presa del ponte della Maddalena a Napoli nel giugno del 1799, mentre si trovava nei pressi del Castello di Sant'Elmo] Ritornai in casa di de Gemmis, ma con gravissimi pericoli. Conobbi in quel punto che io era dotato di molto coraggio ne' pericoli con molta sorpresa. Per le strade si tiravan delle fucilate tra Calabresi e Patriotti, e molti ne vidi cadere da una parte, ma io credei dover camminare moderatamente, senza di che avrei potuto perdermi inevitabilmente. (p. 22)
- [Durante la sua permanenza di due giorni a Castellammare di Stabia] Mi ci portai e mi stiedi due soli giorni, poiché essendovi ivi molta della massa, ossia l'Armata Cristiana che erano stati in Altamura a saccheggiare, e che raccontavano le loro prodezze, e parlavano di me, dovei fuggire. (pp. 22-23)
- Il Ministro dell'Ecclesiastico [Giovanni d'Andrea] si avvale di me nel bisogno, come ci avvaliamo del vaso di notte nei bisogni corporali, e poi mi trascura in tutte le occasioni. (p. 215)
- [Riguardo la scelta di Napoli come sede della Riunione degli Scienziati del 1843] [...] il Ministro dell'interno era persuaso che avrebbe determinato il Re a non permetterla in Napoli, oltreché una prova del vero merito letterario non piace qui, ove vale più l'intrigo e l'impostura. (p. 265)
- [Relativamente ai fatti del 15 maggio 1848] Se non fossi vecchio decrepito e non temessi che il carcere potrebbe uccidermi, mi reputerei fortunato d'essere menzionato nella storia del Regno come martire, pel massimo dei beni prodotto questa popolazione. Vi prego di tenere questo un tempo su la mia tomba, e sarà il solo mio elogio. (p. 329, not 315, da una lettera di Cagnazzi a Gennaro Serena di Lapigio datata ottobre 1848, Archivio Serena di Lapigio in Altamura)
Saggio sopra i principali metodi d'istruire i fanciulli
[modifica]- Il principale scopo dell'educazione esser deve il benessere della persona che si educa; non già che al benessere di questa sagrifigar si debba quello degli altri, ma fare in modo che vadano d'accordo. Alcuni genitori bene spesso deviano da questo principio, giacché cercano il solo benessere loro, e della famiglia, a costo dell'infelicità che va ad incontrare il loro figlio. L'indole di un fanciullo per esempio sia portata per le belle arti: abbia egli facilità a disegnare i contorni e ad imitare le ombre, la sua fantasia sia vivace ad esprimere gli affetti col pennello, la sua pazienza a perfezionare il tutto: ecco un abile pittore. Il padre sdegna avere un figlio, che degrada la nobiltà di sua famiglia col pennello, e vuole che l'onori colla toga; oltre ché l'arte del Foro per una famiglia è ciò che è l'arte della guerra per una nazione, vale a dire che serve a farla rispettare. Tutto egli fa per ismorzare nel figlio la felice inclinazione per l'arte imitatrice, e lo forza a divenire forense; onde invece di trovarsi padre di un abile pittore, si trova in seguito padre di un meschino forense. (pp. 2-3)
- [Riprendendo il pensiero di Immanuel Kant] Del pari lo scopo dell'educazione pubblica, per un Sovrano, deve essere il bene di ciascuno individuo, e dell'intero Stato; ed ecco come sempre più si conferma, che l'arte di educare non differisce da quella di governare. (p. 3)
- Questo sistema è contra l'inclinazione, che la natura ha data a' fanciulli per far loro sviluppare le facoltà meccaniche: vale a dire di rendere facili e destri i moti delle loro membra, e raffermare il corpo in una robusta costituzione. Da ciò avviene, che molti fanciulli in tal modo allevati si rendano viziosi al camminare, e preso inabili nell'età adulta, cadendo in mali di debolezza. I fanciulli bisogna che corrano, saltino, giuochino al pallone, e principalmente zappino la terra, essendo questo un esercizio, che rinforza tutto il tronco del corpo. Oggetto d'importanza ne' regolamenti di essi. Non si devono inoltre smorzare in modo alcuno le facoltà meccaniche ne' fanciulli [...]. (p. 8)
- La storia ci fa costantemente vedere, che le Nazioni prosperano a misura che la loro ignoranza si dilegua, onde il saggio Cancelliere de l'Hopital diceva: 'I popoli non sono infelici, che per la loro ignoranza'. (pp. 11-12)
- Non è poi sperabile, che ciascuno faccia il buon soldato, ed esponga con coraggio la sua vita a sostenere l'ordine politico contra l'esterne aggressioni, o le interne turbolenze, se non sia persuaso della giustizia e bontà di un tale ordine. Le arringhe fatte sul momento per incoraggiare i soldati nulla valgono quando questi non abbiano la detta persuasione, o al più servono a farli combattere macchinalmente, e senza vivo impegno nella vittoria. In fine non si può essere buon soldato, come ogni cittadino è obbligato, senza saper leggere e scrivere. (p. 19)
- [Sul sistema d'istruzione del Regno delle Due Sicilie] Nelle nostre scuole il Maestro non è che un despota, che pone tutta la sua potenza nella ferula, e con questa crede egli di poter sostenere l'ordine. (p. 22)
- Non vi è miglior mezzo agli educatori e percettori, per rendere efficace la loro voce ai fanciulli, che persuaderli, come sopra ho detto, della loro saviezza, probità ed affezione per essi, coi fatti più che colle parole. In tal modo possono conciliarsi la confidenza amorosa de' fanciulli, e renderli non solo ubbidienti, ma sinceri, essendo i fanciulli proclivi al mendacio per effetto di timore. (p. 30)
Bibliografia
[modifica]- Luca de Samuele Cagnazzi, La mia vita, a cura di Alessandro Cutolo, Ulrico Hoepli, Milano, 1944.
- Luca de Samuele Cagnazzi, Saggio sopra i principali metodi d'istruire i fanciulli , Tipografia di Angelo Trani, Napoli, 1819
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