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Margaret Mead

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Margaret Mead

Margaret Mead (1901 – 1978), antropologa statunitense.

Citazioni di Margaret Mead

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  • I nomi di luoghi e di popoli assumono per ognuno di noi significati diversi a seconda del tempo e delle circostanze in cui li abbiamo sentiti per la prima volta, della conoscenza più o meno diretta che ne abbiamo e a seconda di chi siamo noi stessi. Da tempo immemorabile l'Africa è stata sempre considerata il continente misterioso. Per i popoli mediterranei l'interno dell'Africa Occidentale, per duemila anni, volle dire oro e così in seguito anche per gli Europei: oro che veniva portato al nord attraverso il deserto del Sahara per essere venduto. Alla fine del Quattrocento gli Europei si spinsero navigando lungo la costa occidentale dell'Africa e, dopo averne aggirato la grossa prominenza, sbarcarono alla ricerca delle popolazioni che avevano l'oro. Uno dei luoghi dove approdarono, una sottile striscia di terra piatta ai bordi della fitta foresta tropicale, prese il nome di Costa d'Oro.[1]
  • In ogni società, o quasi, i nonconformisti sono di qualità probabilmente uguale e non migliore dei conformisti.[2]
  • La natura umana è incredibilmente malleabile, tale da adattarsi accuratamente, con aspetti contrastanti, a condizioni culturali in contrasto.
Human nature is almost unbelievably malleable, responding accurately and contrastingly to contrasting cultural conditions.[3]
  • Le donne vogliono uomini mediocri e gli uomini ce la mettono tutta per diventarlo.
Women want mediocre men, and men are working hard to be as mediocre as possible.[4]
  • Maiali, mucche, galline e persone si contendono i cereali.[5]

Attribuite

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  • Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. In realtà è l'unico modo in cui è sempre successo.
Never doubt that a small group of thoughtful, committed citizens can change the world. Indeed, it is the only thing that ever has.
Attribuita a Mead da Frank G. Sommers e Tana Dineen, Curing Nuclear Madness, 1984, p. 158, ed in And I Quote: The Definitive Collection of Quotes, Sayings, and Jokes for the Contemporary Speechmaker, a cura di Ashton Applewhite, Tripp Evans ed Andrew Frothingham, 1992. Non si conoscono fonti contemporanee. Ralph Keyes, nell'introduzione a The Quote Verifier, 2006, p. xvi, ne parla come un esempio di situazione in cui fonti secondarie si citano a vicenda ma nessuno conosce la fonte originale.

Maschio e femmima

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  • Educhiamo i nostri ragazzi a essere liberi e spontanei, in dimestichezza con le ragazze, e li abituiamo ad avanzare pretese verso di esse. Effettivamente poniamo la nostra gioventù in una situazione virtualmente intollerabile, offrendole ogni occasione di seguire una condotta considerata socialmente riprovevole, e punita, quando ci troviamo di fronte a essa, non si dà importanza alla verginità, ma sussiste la proibizione assoluta alla gravidanza. La civiltà americana ha cercato di risolvere questa strana situazione con il «petting». Il petting è la soluzione del problema: ma il petting ha a sua volta conseguenze emotive, richiede dal maschio e dalla femmina un particolare tipo di adattamento. (pp. 261-262)
  • La prima regola del petting è il completo controllo della propria condotta; un impulso travolgente, un desiderio realizzato di possesso completo o di completo abbandono, e il gioco è perso, e perso ignobilmente. Questo gioco pericoloso, tanto simile a una corsa in discesa sugli sci, pur non potendo mai essere considerato come tale, sfida tutto il controllo della ragazza. Il ragazzo è tenuto a chiedere il massimo, la ragazza a concedere il minimo. (p. 262)
  • Se l'attrazione fisica è forte durante il petting il giovane si aspetta che la ragazza lo trattenga; la ragazza si aspetta che il giovane le permetta di trattenerlo. Da questo gioco, che dura a lungo, talvolta per una decina d'anni prima del matrimonio, dipende il quadro futuro della vita coniugale americana, in cui spetta alla moglie determinare il tipo delle relazioni sessuali coniugali. Dall'abitudine al petting deriva l'incapacità di molte donne americane ad avere rapporti sessuali completi. È proprio questa incapacità che gli stranieri trovano così sconcertante e avvilente, che si associa all'uso dell'alcool per diminuire l'autocontrollo e che spiega le leggende dell'amante irresistibile e inconquistabile. (p. 262)
  • Noi siamo anzitutto esseri umani, e mentre l'orgoglio di appartenere al proprio sesso supera ben presto il sentimento di razza, al punto che ragazzi di una razza che si considera superiore preferirebbero essere maschi di una razza «inferiore» piuttosto che femmine della propria, nessuno sceglierebbe allo stesso modo di non appartenere all'umanità.[6]

Popoli e paesi

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Ovunque si incontrino esseri umani, si incontra anche l'umana curiosità per gli altri: gli "altri" che vivono al di là del monte, nella valle vicina, dall'altra parte dell'isola. Anche i più sprovveduti selvaggi delle montagne della Nuova Guinea, o delle foreste del Sud America, sanno l'esistenza di "altri" diversi da loro, di gente che ha un altro aspetto, cammina in un altro modo e parla un'altra lingua. Se li possono avvicinare senza correre rischi, trovano che questi altri hanno persino odore diverso perché mangiano cibi diversi e usano sostanze diverse per la pelle e i capelli. Questi piccoli raggruppamenti umani, che vivono in un loro mondo ristretto, come devono aver vissuto un tempo gli uomini delle origini, cioè i nostri remoti antenati, conoscono gli altri sotto nomi particolari, mentre molto spesso chiamano se stessi semplicemente "gli uomini".

Citazioni

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  • Gli Aztechi avevano una specie di scrittura figurativa, gli Incas non ne avevano nessuna. Però gli Incas avevano inventato un sistema per scrivere i numeri e per inviare messaggi nelle parti più lontane dell'impero servendosi di corde intrecciate in complicatissimi nodi, detti quipu, per mezzo dei quali il messaggero poteva rinfrescarsi la memoria. (p. 22)
  • Nello Yucatan, i Maya più antichi – dai quali gli Aztechi avevano derivato l'idea della loro scrittura – avevano scoperto il concetto di zero (ignorato invece dai Greci e dai Romani) e per mezzo della matematica e dell'astronomia, da loro elaborate, avevano inventato un calendario così complesso che potevano pensare a cicli di 144.000 giorni. (pp. 22-23)
  • Vi sono molte cose interessanti da sapere sugli Eschimesi: come costruiscono le loro case di neve, come si vestono, come viaggiano con le mute di cani feroci e come vanno a caccia sul mare in caiàk, la piccola canoa di pelle nella quale il corpo di un uomo entra come un turacciolo nel collo della bottiglia. (p. 66)
  • Un uomo e sua moglie, o le sue mogli, costituiscono un insieme autosufficiente, dove ognuno è necessario all'altro. L'uomo costruisce l'ossatura di legno del caiàk da caccia, ma è la donna che ne prepara l'involucro di pelle. (p. 68)
  • Benché non si sappia ancora esattamente da dove provengano gli Eschimesi, né quando il primo Eschimese sia arrivato in Alasca, essi vivono nell'Artico da almeno duecento anni e forse molto di più. Il nome ch'essi si danno è "Inuit" che significa semplicemente "uomini". Il nome "eschimese", che deriva da una parola indiana (Weyaskimowok) e vuol dire "mangiatori di carne cruda", è stato dato loro da Europei. (p. 69)
  • La stessa importanza che ha la slitta d'inverno, ha il caiàk d'estate, poiché serve per andare a caccia sulle acque aperte. Oltre a questa imbarcazione leggera e veloce, gli Eschimesi usano una larga barca con ossatura di legno ricoperta di pelle, nella quale possono remare o veleggiare. Questo è l'umiàk o barca delle donne, così chiamata perché quando un'intera famiglia viaggia con tutti i suoi beni, sono le donne che remano. Tuttavia la stessa barca, con equipaggio maschile, viene usata per la caccia alla balena. (p. 75)
  • [Sugli Indiani delle praterie] Questi Indiani vivevano in alte tende di pelle, i tepee, che si potevano montare e smontare a volontà. (p. 85)
  • A differenza dei Piedi-Neri, i Cheyenne avevano dei veri capi che sedevano in un consiglio di quarantaquattro anziani e pensavano a tutta la tribù. Ogni dieci anni il consiglio si rinnovava e ogni capo sceglieva il suo successore; non poteva succedere a se stesso, però poteva essere scelto e prendere il posto di un altro. (p. 99)
  • Al pari di tutti gli altri Indiani delle praterie i Cheyenne consideravano la guerra l'attività adatta a un uomo coraggioso, però sceglievano i loro capi fra uomini posati e tranquilli, estremamente controllati e non facili all'ira. Una volta divenuto capo, un uomo non poteva più andare in guerra, né essere ufficiale in una società militare. I capi servivano da pacieri e si prendevano cura delle vedove, degli orfani, dei vecchi e dei poveri. Le loro responsabilità erano così grandi che taluno a volte si rifiutava di diventare capo. (p. 99)
  • I ragazzi Cheyenne non entravano a gruppi nelle società degli adulti, ma ogni singolo riceveva l'invito a divenire membro di una società, e restava sempre in quella a meno che ne fosse espulso per condotta sconveniente. Le ragazze Cheyenne invece – che, come i ragazzi Piedi-Neri rimanevano nel loro clan per tutta la vita, avevano una società nella quale potevano avanzare di grado: una società di ricamatrici in setole di porcospino. Nella sezione più bassa di tutte stavano le ragazze che ricamavano mocassini; venivano poi le ricamatrici di culle; quelle che facevano le stelle per decorare le tende; le ricamatrici di abiti di pelle di bisonte e infine quelle che decoravano il rivestimento interno delle tende e i cuscini. (pp. 100-101)
  • [Sui Cheyenne] La vita della tribù era imperniata su due grandi oggetti sacri, le Sacre Frecce e il Sacro Berretto. I custodi di questi oggetti ereditavano l'incarico di custodirli e i loro tepee erano come chiese in cui tutti, anche i bambini più piccoli, dovevano comportarsi con reverenza. (p. 101)
  • Fra i Cheyenne anche la danza del sole era una cerimonia di rinnovamento. La eseguiva un uomo o una donna per voto fatto in un momento difficile. Questi, e coloro che l'avevano eseguita in precedenza, erano chiamati "riproduttori" o "moltiplicatori". Con questa danza si aiutava la terra a produrre, animali e uomini a moltiplicarsi, e la vita della tribù si rinnovava. (p. 102)

Note

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  1. Da Gli Ascianti dell'Africa Occidentale, in Popoli e paesi, p. 103.
  2. Da Redbook, gennaio 1961. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  3. (EN) Da Sex and Temperament in Three Primitive Societies, 1935, p. 191.
  4. In Quote magazine, 15 giugno 1958.
  5. Citato in Will Tuttle, Cibo per la pace, traduzione di Marta Mariotto, Sonda, Casale Monferrato, 2014, p. 189. ISBN 978-88-7106-742-1
  6. Da Maschio e femmina, traduzione di Maria Luisa Epifani e Roberto Bosi, il Saggiatore, Milano, 2016. ISBN 9788865765036

Bibliografia

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  • Margaret Mead, Maschio e femmima, traduzione di Maria Luisa Epifani e Roberto Bosi, Mondadori, Milano, 1991. ISBN 88-04-342073-0
  • Margaret Mead, Popoli e paesi, traduzione di Giannantonio De Tomi, illustrazioni di W. T. Mars e Jan Fairservis, Feltrinelli, Milano, 1988. ISBN 88-07-81045-X

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