Maria Carolina d'Asburgo-Lorena

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Maria Carolina d'Asburgo-Lorena

Maria Carolina Luisa Giuseppa Giovanna Antonia d'Asburgo-Lorena, nota come Maria Carolina d'Austria (1752 – 1814), arciduchessa d'Austria, regina consorte di Napoli e Sicilia come moglie di Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia, dal 1816 al 1825 Ferdinando I delle Due Sicilie.

Carteggio di Maria Carolina Regina delle due Sicilie con Lady Emma Hamilton[modifica]

  • Mia cara Miledy. — Da giovedì non abbiamo notizia di Mack dagli Abruzzi. Ciò mi fa vivere in palpiti ed in continue ambasce. Ardisco inviarvi questa sera tutto il nostro danaro di Spagna del re e mio. Essi sono 60m ecco tutto il nostro avere, ma noi non abbiamo mai tesorizzato. I diamanti di tutta la famiglia, uomini e donne, verranno domani sera, per essere tutto consegnato al rispettabile ammiraglio Lord Nelson. Il generale (Acton) gli avrà parlato del nostro danaro, ma è quello per pagare l'esercito, marina ecc. Infine, la viltà, il tradimento, la paura, la costernazione generale, ed il nessun vigore mi fanno molto temere. Ciò mi rende completamente sventurata; ma adempierò a tutti i miei doveri fino alla fine. Addio, i miei complimenti al cavaliere, al rispettabile Milord, nostro liberatore. Conservatemi la vostra amicizia. Voi me ne date tante pruove, e credetemi per la vita, la vostra sincera amica — Carolina.
    Saverio, uomo fedele e sicuro accompagnerà il danaro. Questa era scritta jeri, ma sapendo la festa in casa di Nizza, non ho voluto mandare, per non incomodarvi. Lo farò stasera e v'invierò tutto, gioje, danari e quant'occorre, perché la nostra sventura incalza. I nostri[1]sono de' vili, degli infami, degli esseri esecrati. Il fratello d' Acton è giunto e racconta orrori. Mack è alla disperazione. Sono fra duolo e fra sbalordimento.
    Addio, i miei complimenti all'eroe Nelson ed alla sua buona nazione: arrossisco dell'infame viltà della nostra. Addio, tutta vostra per la vita e per la morte — Carolina. (dalla lettera del 17 dicembre 1799, pp. 31-32)
  • Càra Miledi. — lo abuso della vostra bontà e di quella del nostro bravo ammiraglio. Le casse grandi fatele riporre a fondo di stiva. Le piccole più a mano. Egli è che io ho, disgraziatamente, una numerosa famiglia. Sono nel colmo della desolazione e delle lagrime, persuasa che il colpò sarà da sbalordire; la rapidità sopratutto, e parmi di non venirne mai a fine. Esso m'abbatterà e lo sbalordimento mi condurrà alla tomba. Piacciavi, mia cara, farmi tutto sapere, tutto. Siate certa della mia discrezione. Mio figlio è ritornato da Capua e racconta orrori delle truppe ritornate fuggenti. È una sventura di meno. Addio, mia cara, l'orribile ruina abbrevia due terzi della nostra pura esistenza. Mi rimetterò alla divina Provvidenza e me ne farò una ragione. Il momento è crudele, mortale. Porgete i miei saluti al nostro stimabile liberatore. Addio, mille complimenti. Abbiatevi la mia riconoscenza. (da Lettera del 19 dicembre 1799, p. 33)
  • Mia cara Miledy — Son più morta che viva. I rapporti di Pignatelli fatti a Luzzj , i documenti forniti da quelle canaglie di nobili provano che la rivoluzione è intieramente consumata. Il popolo è unito col potere costituente. Essi hanno disarmata tutta l'infame truppa, castelli, arsenale ec. Mack è scomparso. Calandra con 2500 uomini dice di non poter far nulla. Tutta la truppa chiama il popolo e dà loro le armi. Zurlo è stato trascinato ferito innanzi il tribunale dell'infame città e messo in castello. Ciò prova che la nobiltà dirìge tutto. Tre colonnelli, Fardella, Bologna e Baumont tradotti innanzi al tribunale; i due primi messi in libertà, il terzo imprigionato, infine orrori. Castellammare e Salerno sono già in rivoluzione. M'aspetto domani sentir l'istesso delle Calabrie. Sono così afflitta, che preferisco l'entrata dei Francesi e che tolgano a quei miserabili fino all' ultima camicia, piuttosto che di vedere i nostri proprii sudditi bestie vili, poltroni, ma furfanti, condursi in tal guisa. Il pranzo è contramandato. Ohimè, mia cara Miledi, sono molto sventurata. Dio voglia che il contro colpo non si faccia sentire in Sicilia: sono desolata, ma bisogna riacquistar Napoli e difendere la Sicilia. Egli è certo che qualche birbante nascosto vi tien la mano. Questi sciocchi... non ho più testa: in una parola, sono molto fuor di speranza. Se potessi vedervi alle ore 23 o 24 col cavaliere ed il nostro eroe Nelson mi sarebbe di sollievo, bisogna efficacemente pensare a salvarci. Compatite un onesta amica, un alleata fedele, ma un affettuosa madre, sposa e sventurata regina. (dalla lettera del gennaio 1799, p. 59)
  • Mia cara Miledy. — Di ritorno dal convento ho saputo la felice nuova che i castelli sono stati in parte presi. Ad onta del perdono accordato, i furfanti si battevano ancora al palazzo da disperati, avendone distrutta una parte. Alcuni se ne sono fuggiti, ed il popolo fa delle giustizie parziali su quei birbanti. Ciò che ci bisogna è un secondo 1° agosto, un Aboukir del nostro bravo generale. Datemi vostre care nuove. Curate la vostra salute, la quale mi mantiene inquieta e contate sull'inviolabile attaccamento e sincera riconoscenza della vostra leale amica Carolina. (dalla lettera da Palermo del 18 giugno 1799, p. 66)
  • Mia cara Miledy — Nessuna lettera né vostra da Napoli, né da Procida. Il cardinale dal 17 non dà più segni di vita. Da Napoli non giunge né Tschudy , né Micheroux , né Don Scipione. Sono convinta che tutto sia consigliato, fatto, eseguito. Possa egli essere per il bene. Conto sul vostro arrivo con la squadra, e sulla fermezza dell'ammiraglio. Son decisa di non rimettere mai più il piede a Napoli, se le cose andranno poco onorevolmente e in modo da far temere una recidiva pel futuro. Confido tutto in voi altri. (dalla lettera da Palermo del 24 giugno 1799, p. 67)
  • Infine, una severità esatta, pronta, giusta. L'istesso si farà per le donne che si sono distinte nella rivoluzione, e ciò senza pietà. Non v'è bisogno di una giunta di Stato. Non è processo, né opinione : è un fatto avvenuto provato, stampato: o gli scellerati si arrendano all'imponente forza dell'ammiraglio, o bisognerà riunire i corpi di truppe, farne venire anche da fuori se fa uopo, avvisare le povere donne e fanciulli di uscire, prendendo per forza i due castelli secondo le norme della guerra con coloro che son dentro, e cosi terminare questa colpevole e pericolosa resistenza.
    Il cardinale non deve nominare nessun impiegato senza proporlo. I sedili, sorgente di tutti i mali, e vera prima riunione dei ribelli, che hanno rovinato il regno e detronizzato il re, restano per sempre aboliti, come pure i diritti, e giurisdizioni baronali per sollevare dalla schiavitù un popolo fedele che ha rimesso il re sul trono, donde il tradimento, la fellonia e la colpevole indifferenza dei nobili l'hanno cacciato. Ciò non piace, ma è d'assoluta necessità; senza ciò il re non governerà sei mesi tranquillamente. I popoli aspettano dalla sua giustizia d'esser sollevati dopo aver fatto tanto per lui. Infine mia cara Miledy, raccomando a Milord Nelson di trattar Napoli come se fosse una città ribelle d'Irlanda che si fosse condotta così. Non bisogna aver riguardo al numero, le migliaia di scellerati di meno renderanno la Francia più debole e noi staremo meglio. Essi avranno meritato d'esser gettati in Africa, in Crimea. Gettarli in Francia sarebbe una carità. Meriterebbero d'esser bollati, affinché nessuno fosse ingannato da loro; cosi è un bene che gli si concede. Vi raccomando dunque, mia cara Miledy, la più gran fermezza, forza, vigore, rigore; ne va della nostra considerazione e futura tranquillità: il popolo fedele lo desidera. Vi raccomando di darmi spesso vostre nuove: potete immaginare la mia premura.
    Credetemi per la vita, la vostra più che sensibile, affettuosa riconoscente amica — Carolina. (dalla lettera da Palermo del 25 giugno 1799, pp. 74-75)
  • Questo poi e il colmo della bassezza vilta non si domanda l'aprovazione dell proprio Sovrano contro le cui ordine e istruzione diametralmente contrario si opera e si domanda la provazione dei Ribelli di un piccolo numero di Francesi cio mostra la viltà dei Ribelli. Invito di Nelson a Ferdinando IV di recarsi in Napoli l'inconcepibile Reita stupidita o non intelligenza dei sottoscrivendo.E questo un cosi infame trattato che se per un miracolo della Providenza non nasce qualche evento che lo rompe distrugge mi conto per perduta disonorata e credo che a costa di morire della mail aria della fatigha du/na scopetata dei Ribelli il Re da un lato il Princpe dair altro devono imediatamente armare le Province marciare contro la ribelle Citta e morire sotto le di lei rovine se vi e resistenza ma non restare ville schiavi dei Birbanti francesi e loro infami Emuli i Ribelli. Tale e lo mio sentimento questa capitolazione infame se avrà luogo mi aflige assai più della perdita del Regno ed allora assai peggiore efetti.[2] (p. 79-81)
  • In questo momento, mia cara Miledy, interpreto la vostra amicizia, poiché mi scrivete ogni cosa, mentre che tutti i miei corrispondenti si tacciano, vedendo la mia inutilità e temendo di compromettersi. Io però spero che la mia buona amica Emma non mi dimenticherò affatto, benché io sia relegata a Palermo. Ciò farà epoca. Dal canto mio non crediate affatto che non abbia voluto venire per qualche motivo, o capriccio. Vi sono stata indotta da più ragioni. D'altra parte non volendomi nessuno ho temuto far torto all'affetto ed all'entusiasmo che il re ispirerà, e che non è l'istesso per me. Infine, mille motivi di prudenza m'han fatto una legge che mi addolora grandemente. Continuerò a profittare della vostra amicizia, indirizzandovi le mie differenti lettere e ordinando agli altri che ve le portassero da parte mia. Voglio augurarmi che le cose s'accomoderanno col cardinale ma prevedo delle tempeste ed allora mi rimpiangeranno. Infine, il mio cuore trabocca ed avrei molto a dirvi. Addio, mia cara Miledy, compiangetemi e non mi dimenticate. Vi scongiuro farmi sapere tutte le cose che succederanno.
    Credetemi di cuore e per la vita la vostra affettuosa e riconoscente amica — Carolina. (dalla lettera del 2 luglio 1799, pp. 91-92)

Citazioni su Maria Carolina d'Asburgo-Lorena[modifica]

  • Bella di forme, d'ingegno non comune, d'animo eccelso e superbo, era dell'assoluta signoria tenacissima. I fatti della rivoluzione francese, e più che tutto l'orribile eccidio della sorella Maria Antonietta, valsero a suscitar nel cuor suo sensi di vendetta e ad un tempo di paura; onde mischiatasi ad ogni costo nei negozi di Stato, dispose a grado suo del debole marito[3], e gli orrori che nel 99 si commisero in Napoli[4] furono a lei imputati, quantunque forse senza fondamento di prove. (Enrico Poggi)
  • Durante il regno dei Napoleonidi il brigantaggio risorse difensore dei Borboni. Soldavalo ed infiammavalo[5] alle stragi Maria Carolina, tanto dalle infami voglie degli eccidi dominata, che, prima di fuggire per la seconda volta in Sicilia, proponevasi, secondo scriveva al suo imperial fratello il 7 marzo 1806, di fare evadere dalle galere quattromila galeotti per dare ai liberali di Napoli una lezione da ricordare quella del novantanove[4]. Se la figliuola d Maria Teresa, sitibonda di sangue per vendicare la morte di sua sorella Maria Antonietta[6], non poté porre in atto, a cagione della precipitosa fuga, il suo iniquo disegno, rivolse tutta l'energia a riorganizzare il brigantaggio. (Nicola Nisco)
  • Le riforme [nel Regno di Napoli] dipendevano unicamente dal capriccio della Corte e dai nervi di Maria Carolina la quale, sia per desiderio d'imitare il fratello Giuseppe II[7] sia per accrescere l'autorità del monarca, favori calorosamente il moto riformatore finché non ebbe paura che si rivolgesse contro lei stessa. Non era amore del pubblico bene, convincimento di un bisogno dei tempi, bensì desiderio di rendere più forte e assoluto il potere regio. (Francesco Lemmi)
  • Maria Carolina [...] considerò le riforme sociali quasi un giuoco di fanciulli, che si lascia quando sia venuto a noia; e fu infatti un vero scherzo la colonia di S. Leucio, fondata nel 1789, fra gli inni della colta borghesia napoletana, e posta sotto l'immediata autorità regia, la quale riuscì un capriccioso miscuglio di principii filosofici innestati sull'assolutismo monarchico, degno riscontro alle pastorellerie del Trianon e ai boschetti dell'Arcadia, mentre si appressava gravido di tempeste il nembo della rivoluzione francese. (Francesco Lemmi)

Note[modifica]

  1. Sudditi. Cfr. Carteggio di Maria Carolina Regina delle due Sicilie con Lady Emma Hamilton, p. 3.
  2. Osservazione di Maria Carolina alla Capitolazione concordata tra il cardinale Ruffo ed i rivoluzionari assediati nei castelli, l'osservazione è scritta in margine all'art 10 della Capitolazione. Una copia del testo della Capitolazione di Castel Nuovo e Castel dell'Ovo venne inoltrata da Nelson a Palermo e rispedita dopo poche ore con le osservazioni e le istruzioni della regina apposte in margine agli articoli; esse sono riprodotte nel testo così come vennero scritte, senza apportare correzioni.
  3. Ferdinando I delle Due Sicilie (1751–1825).
  4. a b La repressione seguita alla caduta nel giugno 1799 della Repubblica napoletana.
  5. Lo finanziava e incitava.
  6. Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI e regina di Francia.
  7. Giuseppe II d'Asburgo-Lorena (1741 – 1790), imperatore del Sacro Romano Impero e arciduca d'Austria.

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