Sedili di Napoli
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Citazioni sui Sedili o Seggi o Piazze di Napoli.
- Nelle lotte che precessero, prepararono e accompagnarono la rivoluzione detta di Masaniello, Giulio Genoino, che ne fu la mente direttrice, coltivava il concetto o l'utopia del pareggiamento dei due primi sedili nobili e del sedile del Popolo, che si sarebbero dovuto dividere tra loro in parti uguali il governo della città. Utopia affatto anacronistica, di carattere medievale, perché la realtà effettuale era che i sedili invecchiavano, e invecchiava la nobiltà e il suo correlativo, il buon popolo; e fuori dei sedili così dei nobili come del popolo si moveva la nuova vita sociale, gli avvocati, i letterati, i pubblicisti, tutti quelli che poi, nel secolo decimottavo, promossero le riforme e fecero la rivoluzione dell'anno 99.
Che cosa potevano essere agli occhi di costoro i sedili, che usurpavano l'amministrazione della città, e anzi addirittura la rappresentanza del Regno, in nome di una tradizione illanguidita, di classi sociali logore, e con gli abiti del servilismo e della vuota esteriorità formatisi durante il viceregno spagnuolo e non certo radicalmente mutati durante il nuovo regno borbonico? (Benedetto Croce) - Una cosa, di cui non mi so dar pace, è che in Napoli siano spariti tutti gli edifizi dei «Sedili» o «Seggi» della città.
Si pensi un po'! Per secoli e secoli, dal medioevo fino all'anno 1800, i seggi avevano rappresentato l'organamento della cittadinanza napoletana, la distinzione della nobiltà e del popolo, l'amministrazione municipale. «Cavaliere di seggio» era la denominazione usuale del patriziato, che risonava accompagnata da ammirazione e reverenza: e aneddoti e novelle e commedie ne rimandavano a lor modo l'eco, quando si facevano a ritrarre scherzosamente i napoletani e le loro vanterie. Di una leggiadra gentildonna si madrigaleggiava, talvolta, che era un «fiore» del suo «seggio»; e «a la flor de Nido» è indirizzata una celebre canzone de Garcilaso de la Vega. Gli stemmi dei sedili – lo sfrenato cavallo di bronzo in campo d'oro di Nido, quello frenato in campo azzurro di Capuana, i tre verdi monti in campo d'argento di Montagna, la porta d'oro in campo azzurro di Portanova, l'Orione o, come si diceva popolarmente, il Pesce Nicolò di Porto – stavano innanzi agli occhi di tutti, familiari geroglifici, e il primo, il cavallo sfrenato, fu sovente tolto in iscambio con lo stemma stesso della città di Napoli. (Benedetto Croce)
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