Marina Mander
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Marina Mander (1962 – vivente), scrittrice italiana.
marieclaire.it, 26 gennaio 2020.
- In un momento non precisato, agli albori del 2020, il gene mutato e poco conosciuto DRD4-7R, di cui sono sicuramente portatrice, è entrato in conflitto, a mia e sua insaputa, con il tristemente noto agente patogeno SARS-CoV-2. Il gene in questione, chiamato anche "gene di Wanderlust" nella sua variante vagabonda, e da me affettuosamente soprannominato, a ragion di indole e cognome, "gene di Manderlust", pare responsabile della propensione al viaggio in quel 20% della popolazione mondiale, piuttosto irrequieta, che tra le pareti domestiche si sente in gabbia, che tifa per Ulisse e non per Penelope.
- Alcuni chiamano il Wanderlust, da Wander (errare) e Lust (desiderio), più prosaicamente, "mal di casa", quella sofferenza emotiva che si prova quando si è costretti a stare in cuccia pur sapendo che c'è un mondo là fuori; altri lo definiscono dromomania, nelle sue manifestazioni più nevrotiche. Naturalmente, io credo fermamente nelle teorie scientifiche che considerano il suddetto gene motore delle grandi migrazioni e delle esplorazioni, cioè dell'evoluzione dell'umanità e, con ancora maggior certezza, sposo le teorie psicanalitiche secondo le quali, dopo il parto - prima esperienza di separazione - e il successivo distacco dal rapporto simbiotico con la madre, ogni partenza sia viatico per l'individuazione e il nostro essere-nel-mondo. Ed è qui che il Wanderlust coincide con il Manderlust perché io viaggiando trovo me stessa, l'ho sempre saputo, anche prima che i ricercatori sequenziassero una briciola di Dna e i risultati degli studi venissero pubblicati sulla rivista Evolution and Human Behaviour. È a stare ferma troppo a lungo che mi smarrisco. Mi manca l'altro, mi manca l'altrove.
- Le alternative al viaggio, ai miei voyage autour de ma chambre, un po' de Maistre, un po' casalinga disperata, e le soluzioni improvvisate quanto improbabili neologismi, mi sgomentano. I nowhere flights, per esempio, inaugurati all’aeroporto di Taipei da Eva Air e China Airlines e subito emulati da altri Paesi: salire su un aereo che non decolla e non atterra ma consumare pranzo e drink serviti da un impeccabile personale di bordo, un po’ come quando da bambina passavo i pomeriggi con gli amichetti nella Citroën Pallas del vicino, il mitico squalo dalle sospensioni che parevano far volare l'auto, facendo finta di andare chissà dove.
- Ci sarà da fidarsi dello sconosciuto del posto accanto che ci toccherà in sorte? E lui, potrà fidarsi di noi? Non c'è altra via, non solo osservare le nuove regole della jetiquette, ma ripensarsi in relazione ai nostri simili, mai come oggi simili a noi. Il mio gene di Manderlust dice che ce la possiamo fare. Anche stavolta usciremo dalla capanna. È un gene ottimista, dopotutto.
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