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Nico Naldini

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Nico Naldini nel 1945

Domenico Naldini, detto Nico (1929 – 2020), scrittore e poeta italiano.

Il treno del buon appetito

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  • Il Tagliamento è un fiume strano. Il suo sconfinato letto di sassi si perde contro le montagne celesti, rosa, viola a seconda delle ore del giorno, e che d'estate si sbiancano e si dissolvono nel cielo caldissimo. (pp. 99-100)
  • Dopo i temporali in montagna si riempie di una sola corrente tra due rive lontane più di un chilometro, torbida e veloce, ma passati alcuni giorni restano soltanto dei rami divisi da dossi di sabbia e ghiaia su cui crescono cespugli di salici selvatici; e quando anche questi si esauriscono restano qua e là, filtrate dalle correnti sotterranee, delle pozze di acqua leggerissima e quasi profumata. Ma dopo pochi altri giorni si ricompone il deserto di sassi a perdita d'occhio. (p. 100)
  • Andare a nuotare nel Tagliamento è quindi un'impresa incerta: dove ieri si sprofondava per alcuni metri, oggi c'è una pozzanghera, e allora bisogna cercare altri corsi da una sponda all'altra e, per alcuni chilometri, a nord e a sud del Ponte della Delizia. (p. 100)
  • Quando, alcuni anni dopo la guerra, Carlo cominciò a manifestare i primi segni di squilibrio – sindrome paranoidea la definì un medico – e le sue scenate in casa non si esaurivano più nello smarrimento di una permanente ubriachezza, Pier Paolo cercò una spiegazione al di fuori del suo amore frustrato per Susanna. Me ne accennò una sola volta. Quando a Bologna ci fu il processo contro Andrea Zaniboni, presunto attentatore della vita di Benito Mussolini, Carlo Pasolini, presentatosi come testimone, aveva dichiarato non soltanto di riconoscere il giovane attentatore ma di aver deviato con un colpo al suo braccio la traiettoria dello sparo. Una testimonianza falsa com'era falso tutto il processo [...]. (pp. 103-104)
  • Avevamo sospeso le gite al Tagliamento perché era rischioso usare la bicicletta, non essendoci più gomme in commercio. Inoltre il fiume non ci attraeva più: con la minaccia dei bombardamenti sui suoi due ponti era diventato un luogo diverso, ostile. (p. 106)
  • Versuta dopo i primi giorni cominciò a disegnarsi anche nella sua forma reale: un villaggio di piccoli proprietari e mezzadri, pochi casolari con grandi tettoie e stalle. Un fossatello correva a fianco dell'unica strada bianca e un ponticello scavalcava la roggia Viersa, che fluiva trasparente con tante oche che strepitavano sulle sue sponde dove si allineavano i lavatoi. (p. 109)
  • Ogni casa aveva all'esterno scale di legno e ballatoi su cui si affacciavano le camere da letto, e i pavimenti di assi specchiavano l'immagine di pulizie rituali. (pp. 109-110)
  • A Versuta c'era la gente più accogliente, di una bontà insondabile, lontana e vicina come la luce di una stella. Dopo le bassure acquitrinose che circondavano Casarsa, i terreni di Versuta erano un manto di prati, vigne, gelsi che finiva nelle aperte terre ghiaiose del Tagliamento. (p. 111)
  • In quei giorni Guido viveva nascosto a Versuta dove andavo a portargli da mangiare. Era diventato affettuoso, una leggera ansia nello sguardo lo aveva distolto dalle solite prodezze per me sempre un po' paurose. Come quando era penetrato da solo in una caserma già occupata dai tedeschi per asportare quelle armi che poi aveva nascosto in camera sua. Mentre con un gruppo di amici stava nascosto dentro un fosso, lui con l'agilità che dà il cimento del pericolo aveva ripetuto più volte le sue incursioni sotto il naso delle sentinelle tedesche. (pp. 117-118)
  • Assieme al suo amico Renato era penetrato anche nel campo di aviazione e si era fatto fotografare a bordo di un caccia con le insegne tedesche. Un giorno ci salutò. Salì sul treno dicendo che andava a Bologna all'università ma tutti sapevamo che andava sulle montagne della Carnia per raggiungere i partigiani. (p. 118)
  • La notizia della sua morte assieme ai fatti che l'avevano preceduta giunse per vie ufficiali solo parecchi giorni dopo, ma a causa della nuova situazione politica era circondata da troppe reticenze. Guido e alcuni compagni della sua divisione partigiana, sopravvissuti agli scontri con i tedeschi, erano stati assassinati da partigiani sloveni e da comunisti italiani che intendevano così punire la loro opposizione al disegno di annettere parte del Friuli alla Jugoslavia di Tito. (p. 123)
  • Magherno, un paese sperduto nella pianura di Pavia, era formato da una serie di casupole ai lati di un'unica strada e dove esse finivano la campagna tornava a estendersi a perdita d'occhio con boschi geometrici di pioppi, risaie, campi di granoturco e qua e là delle case coloniche, rinserrate attorno a un cortile centrale come le antiche fortezze dei film giapponesi. (p. 172)
  • I ragazzi del paese andavano quasi tutti a lavorare nelle fabbriche di Milano, tornavano ogni sera con le corriere che partivano da Corvetto e seduti al Bar Sport ridiventavano degli spiriti selvaggi. (p. 172)
  • Avevo affittato un abituro in una minuscola frazione di case semiabbandonate. Mi piaceva perché era il luogo più inselvatichito e i pochi abitanti che vivevano in uno stato ancora più primitivo, quasi magico, avevano seminato dovunque elementi apotropaici tra cui una selva di piccole croci inchiodate sugli alberi. (p. 174)

Bibliografia

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  • Nico Naldini, Il treno del buon appetito, con cinque disegni di Pier Paolo Pasolini, introduzione di Franco Zabagli, Ronzani Editore, Monticello Conte Otto (VI), 2017. ISBN 978-88-94911-00-8

Voci correlate

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