Nicola Raponi
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Nicola Raponi (1931 – 2007), storico e accademico italiano.
L'ecumenismo tra Ottocento e Novecento
[modifica]- Lo sviluppo dello spirito ecumenico nella seconda metà dell'Ottocento fu sicuramente favorito dalla consapevolezza dello scandalo che le divisioni confessionali comportavano nell'annuncio del Vangelo, non meno che dalla riflessione teologica sul patrimonio dottrinale delle Chiese e i principi essenziali della fede cristiana.
Il risveglio evangelico nelle Chiese protestanti, l'espansione missionaria della Chiesa cattolica e delle altre Chiese cristiane, l'emigrazione nelle Americhe e negli altri continenti misero a confronto i diversi modi di interpretare e vivere il Vangelo, i contenuti di fede, la vita liturgica ed ecclesiale. Il proselitismo esasperato, i contrasti e gli antagonismi fra gruppi etnici e religiosi accrebbero specialmente fuori d'Europa, nei paesi di nuova colonizzazione, nell'America del Nord, le divisioni e le contraddizioni, favorendo spesso il conservatorismo dei gruppi religiosi, l'individualismo e il settarismo (alla fine dell'Ottocento si potevano contare nell'America del Nord quasi centocinquanta denominazioni cristiane), ma inducendo pure inevitabilmente l'esigenza di superare le divisioni confessionali. (3.1, pp. 65-66)
- La Chiesa anglicana ha svolto un ruolo determinante nel dialogo interconfessionale e nella promozione dell'ecumenismo sia attraverso le relazioni con le molteplici branche del protestantesimo mondiale, sia partecipando ai tentativi di avvicinamento tra le chiese, sia indirizzando la propria riflessione sul concetto di Chiesa universale e sull'esigenza di concorrere alla realizzazione dell'unità. (3.2, p. 68)
- Nell'ambito della High Church, cioè della Chiesa anglicana ufficiale, l'ideale ecumenico dell'unità della Chiesa fu portato avanti soprattutto dai teologi del movimento di Oxford[1]. Partiti dall'analisi dei motivi di debolezza e di divisione esistenti nella Chiesa i teologi e gli autori dei Tracts passarono ad approfondire la vera dottrina sulla Chiesa nell'ambito della tradizione anglicana; la riflessione sulle note della Chiesa portò inevitabilmente a un confronto con la tradizione di Roma e dunque ad una ulteriore attenzione ai problemi dell'unità. Questi problemi furono riassunti, come si sa, nel noto novantesimo e ultimo Tract pubblicato anonimo dal Newman[2] il 27 febbraio 1841, nel quale si sosteneva che i trentanove articoli elisabettiani della Confessio anglicana non erano in contraddizione con il concilio di Trento e quindi non anticattolici, sebbene formulati in un'epoca di contestazione a Roma. (3.2, p. 70)
- Il concetto di ecumenismo come cammino verso la riunificazione dei battezzati in Cristo nell'unità della Chiesa sembrava poco compatibile con l'ecclesiologia cattolica prevalente nell'Ottocento, che insisteva particolarmente sulla visione della Chiesa come società perfetta, completa, autonoma, unica vera erede dell'insegnamento e dell'opera di Cristo e depositaria della fede, e che riteneva le altre chiese sorte da errori e deviazioni dall'unico corpo della Chiesa, e i non cattolici, ancorché battezzati, esclusi dall'appartenenza alla vera Chiesa. (3.4, p. 81)
Note
[modifica]- ↑ Anglo-cattolicesimo.
- ↑ John Henry Newman (1801–1890), teologo, filosofo e cardinale britannico della Chiesa cattolica.
Bibliografia
[modifica]- Nicola Raponi, L'ecumenismo tra Ottocento e Novecento, in AA.VV., Storia del cristianesimo 1878-2005, vol. 2, La Chiesa e la modernità, supplemento a Famiglia cristiana, Periodici San Paolo, Milano, 2005, cap. 3, pp. 65-97.
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