Nicola Tranfaglia

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Da sinistra: Nicola Tranfaglia, Oliviero Diliberto

Nicola Tranfaglia (1938 – vivente), storico e docente universitario italiano.

Citazioni di Nicola Tranfaglia[modifica]

  • L'Unità di Gramsci è il giornale legale del 1924-26, quello cioè che prefigura un largo movimento antifascista di massa, capace di scardinare le basi del consenso al regime. Nella sua prima fase di illegalità il giornale perde tale aspirazione di giornale di massa, confermando la linea dell'azione politica immediata voluta dall'Internazionale comunista. [...] Sarà necessario attendere non soltanto il trionfo e l'ascesa al potere di Hitler e del nazionalismo in Germania ma anche il XVII Congresso del partito comunista sovietico per promuovere, tra il '33 e il '34, il ritorno del giornale a una strategia che ricorda la lezione di Antonio Gramsci e si batte per l'unità delle forze politiche che lottano contro il fascismo, meglio ancora – ma è una fase successiva – all'interno dei fronti popolari che incominciano ad organizzarsi in Francia e in Spagna. È a questo punto che il progetto gramsciano di giornale di massa, per quanto questo attributo è conciliabile con la clandestinità e con la dittatura fascista, che sembra raggiungere proprio allora il massimo dell'appoggio popolare.[1]
  • [...], negli anni '50, l'ascesa di Poujade nel firmamento politico francese della IV Repubblica era parsa per un momento irresistibile: nel 1953 aveva capeggiato un movimento di protesta di artigiani e piccoli commercianti che si erano mobilitati contro le iniquità del fisco e avevano parlato dello Stato come di un vampiro. L'anno dopo aveva fondato un partito e nelle elezioni politiche del 1956 aveva conseguito un notevole risultato elettorale portando 52 deputati all'assemblea nazionale tra i quali il futuro tribuno della destra Jean-Marie Le Pen. (da Poujade, il populista del francese qualunque, in l'Unità, 28 agosto 2003, p. 25.)
  • Pochi giorni dopo la firma della pace[2], l'Assemblea Nazionale approvò la costituzione di Weimar (19 luglio 1919): si trattava di un testo assai avanzato da un punto di vista politico e sociale, fondato su principi di democrazia e di uguaglianza, che risentiva ancora dell'entusiasmo innovatore dei partiti di centro e di sinistra e della relativa timidezza dell'opposizione di destra rappresentata a Weimar. Ma non poté mai essere pienamente attuata. Anzi la reazione poté servirsi di un suo articolo, il 48, per aprire la strada alla dittatura. L'art. 48 conferiva al Presidente del Reich poteri dittatoriali (facoltà di emanare decreti-legge senza l'approvazione del Parlamento) in situazioni eccezionali: la norma, votata per difendere la repubblica da attentati antidemocratici, sarebbe servita alla reazione per impadronirsi del potere. (da La tragica alba di Weimar, in Storia illustrata, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, n. 132, vol. XXI, novembre 1968, p. 54)
  • [Riferendosi ad Andreotti] Ritengo infatti che si tratti di trascorsi così gravi e così inquietanti da consigliare alla classe politica e all'opinione pubblica un atteggiamento di maggior prudenza se non di diffidenza, rispetto a chi ha capeggiato una corrente politica in Sicilia fortemente inquinata da Cosa nostra, e ha avuto stretti rapporti con personaggi come Michele Sindona, Salvo Lima, Ignazio e Nino Salvo. (da La sentenza Andreotti, p. 9)

Note[modifica]

  1. Citato in Francesca De Sanctis, Alla ricerca dell'Unità, l'Unità, 21 agosto 2002.
  2. Il 28 giugno 1919, nella Galleria degli Specchi, La Germania sottoscrisse il Trattato di Versailles che pose fine alla prima guerra mondiale.

Bibliografia[modifica]

  • Nicola Tranfaglia, La sentenza Andreotti, Garzanti, Milano, 2001. ISBN 8811738989

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