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Norma Cossetto

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Norma Cossetto

Norma Cossetto (1920 – 1943), studentessa italiana, istriana uccisa dai partigiani jugoslavi.

Citazioni su Norma Cossetto

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  • Alla memoria di Norma, la cui famiglia lamentava altri sette infoibati, nel dopoguerra venne un riconoscimento autorevole. L’Università di Padova, su proposta di Concetto Marchesi e con l’unanimità del Consiglio della facoltà di lettere e filosofia, le conferì la laurea honoris causa. In quell’occasione, qualcuno obiettò che Norma non meritava tale riconoscimento perché "non era caduta per la libertà", ma Concetto Marchesi, benché militante comunista, affermò che Norma Cossetto era caduta per l’italianità dell’Istria e che meritava più di chiunque altro quel riconoscimento.
  • La morte di Norma Cossetto, istriana di Santa Domenica di Visinada, un paesino vicino a Visignano, è uno dei tanti episodi drammatici che simboleggiano la bestiale ondata di violenza che si abbatté sugli italiani della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia dopo l’8 settembre del 1943. Ma è forse l’unico che si può raccontare dall’inizio alla fine.
  • Norma, come racconta lo storico istriano Antonio Pitamitz, aveva 23 anni ed apparteneva ad una famiglia di possidenti. Suo padre aveva ricoperto incarichi nella locale sezione del partito fascista. Nell’estate del 1943, la giovane, iscritta all’Università di Padova e allieva del professor Concetto Marchesi, stava preparando la tesi di laurea dedicata alla storia della sua Istria. Aveva scelto il titolo dal colore della sua terra fertile e arrossata dalla presenza della bauxite: "Istria Rossa". Un soggetto classico destinato ad approfondire quella ricerca storica e culturale che da tempo conduceva per sostenere, con la testimonianza della pluricentenaria civiltà latina e veneziana, l’italianità di quelle terre che gli slavi rivendicavano. La figura di Norma era diventata familiare agli abitanti del circondario. Girava in bicicletta da un paese all’altro visitando municipi e canoniche per frugare negli archivi e sfogliare vecchie carte. Era uno studio in cui metteva tutto il suo giovanile entusiasmo, ma non poté condurlo a termine. Il 26 settembre venne infatti prelevata da una volante rossa, composta di comunisti italiani e croati, e rinchiusa nell’ex caserma dei carabinieri di Visignano. Qui i suoi carcerieri cercarono con blandizie e minacce di convincerla a collaborare e di aderire al loro movimento, ma Norma rifiutò recisamente. Fu allora trasferita insieme ad altri parenti ed amici, arrestati come lei, in un carcere di Antignana dove ebbe inizio per la giovane una straziante via crucis. Nei giorni che seguirono, la prigioniera dovette subire ogni sorta di tormenti. Fu anche legata sopra un tavolo e violentata ripetutamente dai suoi aguzzini.
  • Una donna che abitava nei pressi della scuola-prigione, udendo i suoi lamenti, ebbe il coraggio, verso sera, di avvicinarsi alle imposte: Norma, ancora legata al tavolo, invocava i genitori, chiedeva aiuto, chiedeva acqua, chiedeva pietà. Dopo giorni di sofferenza, la povera ragazza fu condotta nel paese di Santa Domenica dove il solito «Tribunale del popolo» la condannò sbrigativamente a morte insieme ad altri ventisei compagni di sventura. Per tutti, la tomba doveva essere una foiba di Villa Surani. I morituri furono legati insieme e scortati fino al luogo dell’esecuzione da sedici partigiani titini. Norma non si reggeva in piedi, ma prima di precipitarla nella voragine, i giustizieri vollero ancora approfittare di lei. E dopo avere infierito su quel povero corpo ormai inanimato, le recisero i seni e le conficcarono un legno nei genitali.

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