Patrizia Sandretto Re Rebaudengo

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Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (2017)

Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (1959 – vivente), collezionista d'arte e mecenate italiana.

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Citazioni in ordine temporale.

Patrizia Sandretto Re Rebaudengo

Intervista di Camilla Baresani, iO Donna, aprile 2014; ripubblicata in camillabaresani.com.

  • [«Lei è laureata in economia e commercio, ha lavorato nell'azienda meccanica di suo padre, si è sposata, ha due figli. Come mai a un certo punto l'arte contemporanea si è impossessata della sua vita?»] Non è accaduto per caso, sono partita da una mamma che mi portava nei musei e collezionava oggetti antichi. Però il mio interesse specifico per l'arte contemporanea è nato dal nulla, anzi da un'amica collezionista, Rosangela Cochrane, una donna visionaria e anticipatrice, che mi ha portato con sé nel '92 in un viaggio a Londra. Lì, insieme a Nicholas Logsdail, il fondatore della Lisson Gallery, abbiamo visitato decine di studi di artisti.
  • [«Incontrare gli artisti è stato decisivo?»] Sì, fondamentale. L'arte contemporanea è l'unica che ti metta a contatto con chi produce l'opera, che poi è la cosa più semplice, non costa nulla ma fa la differenza: permette di fare amicizia con gli artisti e capire cosa pensano. È stato a quel punto che ho iniziato a collezionare. Negli anni 90 non era di moda come adesso, e a Torino – così come in tutta Italia – c'era carenza di musei di arte contemporanea. Benché qui fosse nata l'Arte Povera, c'era solo il Castello di Rivoli. Io però volevo condividere le opere acquistate e desideravo supportare gli artisti che non sapevano dove esporre.
  • [«Perché una fondazione e non un museo?»] Ho immaginato lo spazio non come la casa delle mie opere, come fanno molti collezionisti, bensì come un luogo con due obiettivi: il supporto e sostegno agli artisti (lei non immagina la gioia che provo nel vedere un'idea che da progetto diventa opera) e la creazione di uno spazio che permettesse a tutti, a partire dai giovani, di comprendere l'arte contemporanea.
  • [«C'è poi il capitolo della "costume jewellery", l'altra sua collezione spettacolare. Di che tipo di gioielli si tratta?»] Sono "gioielli fantasia", vale a dire bigiotteria la cui storia particolare mi ha appassionato: sono stati creati in America negli anni '30, durante la crisi della Grande Depressione. Sono falsi, però sontuosi, allegri, fantasiosi, eccentrici. Molto grossi e molto colorati. La bellezza di questi gioielli è che sono i più democratici al mondo, ognuno è stato prodotto in milioni di copie. Io mi vesto sempre in modo piuttosto rigoroso, uso il bianco, il nero o tuttalpiù il grigio, ma con questi gioielli mi lascio andare. Quando penso cosa indossare parto dai gioielli, soprattutto collane e spille, e poi arrivo al vestito. Per me è diventato un gioco, a maggio tiro fuori le ciliege, a Natale i pinetti.
  • [«Si riesce a guadagnare collezionando arte?»] No, è praticamente impossibile, anche perché oggi c'è una competizione agguerrita, da Dubai a Pechino, con nuovi collezionisti che hanno mezzi inarrivabili. Direi che si può andare in pari.

Patrizia Sandretto Re Rebaudengo: "Le donne nell'arte? La collezione del Moma nel 2004 ne aveva il 5%, nel 2019 l'11%, l'evoluzione è lenta. Mi hanno corteggiata con la politica ma io mi occupo di cultura"

Intervista di Francesco Canino, ilfattoquotidiano.it, 3 aprile 2024.

  • Avere una visione e una capacità di anticipare le scelte sono fondamentali per un collezionista [d'arte]. Io non scopro, ma riesco ad anticipare e leggere un'opera un momento prima che entri sul mercato. Se questa visione e questa capacità ti vengono riconosciute, allora sai influenzare. E questo ti permettere di avere credibilità e di essere ascoltata.
  • [...] ho sempre collezionato. Da ragazzina collezionavo i portapillole – tutti catalogati su un quadernetto –, poi ho iniziato con le spille [...]. Negli anni '90 a Londra, un'amica, una grande collezionista d'arte di Torino, mi portò alla Lisson Gallery di Nicholas Logsdail e con lui andiamo a visitare gli studi degli artisti. [«Cosa accadde?»] Ricordo tutto: la pioggerellina, il cielo scuro e l'ora di auto per arrivare in un enorme loft. Entrammo e sul pavimento vi erano delle piccole sculture con delle forme meravigliose, ricoperte di pigmenti rossi, gialli, e blu. Ricordo l'emozione forte e intensa, aumentata dal racconto dell'artista, lo scultore Anish Kapoor. In quel momento ho realizzato che potevo iniziare a collezionare, a vivere d'arte.
  • [«Perché ha iniziato a collezionare proprio arte contemporanea?»] Per l'attrazione verso le opere e perché ho conosciuto le persone che le realizzavano: ho parlato con gli artisti, sono andata nei loro studi, ho cercato di capire cosa ci fosse dietro il loro lavoro. La differenza l'ha fatta proprio la possibilità di entrare in relazione con persone creative, con cui ho cominciato un percorso [...]
  • [«Smontiamo un cliché. Si dice spesso: "Io quest'opera d'arte contemporanea non la capisco"»] L'unica possibilità per smontarlo è dare alle persone gli strumenti per portela capire. [...] non semplificare ma raccontare un'opera. E quando tu la capisci – ti poni delle domande, ti sforzi – magari ti piace. O forse non ti piacerà: a me non tutte le opere piacciono, alcune mi disturbano, altre le sento più affini e vicine a me.
  • [«Quando un'opera è riuscita, secondo lei?»] Quando ti racconta il mondo in cui viviamo, quando prova a spiegarlo: non ti dà delle soluzioni ma ti offre delle domande. Quando un'opera mi fa pensare, ha raggiunto il suo risultato. L'arte contemporanea è uno strumento per parlare ai giovani, e non solo, a chiunque abbia voglia di ascoltare. Nell'arte, se ci pensa, c'è tutto: passato, presente e futuro.
  • Quando entri in una galleria, se sei accompagnata da un marito pongono più l'attenzione su di lui che su di te. Ma se mostri interessi, conosci, frequenti, la situazione cambia totalmente. Diciamo che io ho saputo impormi.
  • Sono convinta di essere arrivata all'arte contemporanea perché sono cresciuta a Torino. Qui nel '59 ha aperto la Gam, la prima galleria civica con opere di collezioni private, nello stesso anno in cui apriva il Guggenheim. A Torino nascono movimenti come l'Arte povera, nasce il Deposito d'arte negli anni '60 dove dei collezionisti illuminati come Marcello Levi iniziano a mettere le loro collezioni e ad invitare intellettuali come Pasolini. Ho imparato molto quando con mia madre andavamo a visitare la Gam e le mostre, ho imparato da un'istituzione come il Castello di Rivoli, con una direttrice come Ida Gianelli mi ha fatto un corso accelerato di storia dell'arte. A Torino ho trovato terreno fertile per una crescita culturale importante e ricca.
  • [...] in generale, l'arte contemporanea non è elitista: non puoi comprare il quadro ma con un biglietto di pochi euro entri al museo.

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