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Paola Mastrocola

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Paola Mastrocola (1956 – vivente), scrittrice italiana.

  • Poeta difficilissimo, ma di una difficoltà chiarissima: illuminata a giorno dalla luce del raziocinio e dell'intelletto. (da Michelangelo poeta metafisico)
  • Odio i treni che partono. Anche quelli che arrivano. Non sopporto le partenze; ma nemmeno gli arrivi e i ricongiungimenti, perché vuol dire comunque che un distacco c'è stato: mi prende un groppo in gola, forse più ancora se il treno arriva, che non se sta partendo. Mi commuove ancora di più il ritrovarsi, perché mi cade addosso tutto il dolore di essere stati divisi, lontani. Non sopporto che due persone che si amano possono stare lontane. Tutto mi sembra brutto e si stacca, si divide, si saluta. Il mio mondo perfetto è essere uniti sempre, vicini stretti. Una follia. (da Più lontana della luna)

Una barca nel bosco

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Non è per il tram. Il tram lo devo prendere per cinque anni alle sette di mattina. Ma non mi pesa.
Mi pesa tutto quello che viene prima, quando sono ancora a casa al buio, e la luce non la posso accendere se no mia madre si sveglia e, visto che viene a letto così tardi, meglio di no; mi pesa che devo lavarmi al freddo perché il riscaldamento non è ancora partito, mettermi su il latte nel pentolino e stare attento quando sfrigola che non si metta a bollire, se no se ne esce tutto sul fuoco, ed è incredibile quanto puzza il latte quando cade sul fuoco.

Citazioni

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  • Il problema è che io veramente, più che sogni, faccio degli incubi. E quelli me li ricordo sì, perché poi mi sveglio tutto sudato. L'altra notte ho sognato che veniva la Preside Sogliola con la scopa. Un'enorme scopa in mano, di quelle vecchie di saggina. Noi ne abbiamo una così sul balcone, e zia Elsa le ha messo in testa un paio delle sue calze di nylon. Credo l'abbia fatto perché la scopa non si arruffi. Un po' come una donna che la sera si mette la retina sui bigodi prima di dormire. Anche mia madre si mette i bigodi, poi ci dorme sopra, al mattino toglie tutto, si impiastriccia di lacca e così la piega le dura ancora una settimana. Questo lo dice lei, io non so. Quando mi viene a svegliare la domenica mattina col bicchiere di caffè, sento la puzza di lacca mentre si china su di me. Lacca e caffè mescolati: mi è diventato un po' l'odore della domenica.
  • Ho raccontato il mio sogno a un mio compagno detto Flipper, così, tanto per raccontare qualcosa a un mio compagno, che se no mi sembra che non ci diciamo mai niente tra compagni. Flipper mi ha guardato storto e poi mi ha detto:
    «Ma sei fascista?»
    Io non so, mi aspettavo: «ma sei scemo?» Qualcosa così. Invece: ma sei fascista?» Siccome si vedeva che non capivo, ha aggiunto:
    «Hai il mito dell'autorità!»
    Lo ha detto come uno che si trova una brutta malattia addosso, non so la lebbra, o uno scarafaggio nelle mutande.
    D'altronde... Cosa vado a raccontare il sogno proprio a lui che porta la kefiyyah. Anzi, che ci vive con la kefiyyah avvolta al collo. Io poi, non ne avevo mai visti di questi tovaglioloi a quadretti legati al collo e non sapevo cosa proprio fossero, e anche adesso che me lo hanno spiegato, non ci ho mica fatto l'abitudine e ogni volta mi viene da chiedermi; cosa c'entriamo noi con i palestinesi?
    Forse però io ho troppo distacco dal Mondo. Dovrei interessarmene di più, invece di chiudermi nel mio stupido latino.
    Ma noi extraterrestri abbiamo altri pensieri.
    Ad esempio quel nefas, come diavolo lo traduco?
  • Come mi aspettavo. L'esattezza delle cose che ti aspetti, la perfetta coincidenza di ciò che hai immaginato con ciò che è, la felicità di vedere che le due cose si sovrappongono esattamente e non c'è più divario tra pensiero e realtà. Stupendo. Non facile. Quasi sempre ti fai un'idea delle cose che poi non è mai quella.
  • Anch'io avrei avuto bisogno di un buon drenaggio. Sono stato, in tutti questi anni di liceo, una pianta a cui dovevano drenare il terreno. Possibile che non si siano accorti che ingiallivo? Ingiallivo e mi marcivano le radici. Ma niente, hanno continuato a innaffiarci. Facile: porti ogni giorno la tua bella pompa e giù acqua. Tutti livellati a bagno nello stesso terreno intriso d'acqua da far paura: tutti belli marci. Ma tanto, chi le vede le radici?
  • Il colloquio con l'avvocato famosissimo comunque non era andato male: ero arrivato secondo.
    «Ah, bene!» mi dice Furio. «E, per curiosità, chi è arrivato primo?»
    I nomi non sono importanti. Vorrei dire con totale sicurezza a Furio che i nomi sono solo nomi, parole con cui nella vita, per convenzione, veniamo chiamati. E invece devo riconoscere che non è così: i nomi sono importanti! A volte sono spade che ci trafiggono. E quindi, visto che lo vuole sapere, glielo dico il nome di colui che ha vinto al posto mio: Cartonzi.
    «Cartonzi Federico.»
  • Non importa, dominus. Non si preoccupi. Nulla importa davvero. A noi son state date piccole cose a cui badare, qualche foglia che ingialla, un rametto spezzato. In queste minuzie ci siamo beatamente perduti. E ci siamo resi, così, imprendibili.
    Eh, sì, non ci prenderete mai! Abbiamo certi rivoletti e sentierini, noi, che voi neanche immaginate, cari signori del mondo. Non ci prenderete nella vostra rete, maramao.
    Ci resta soltanto, caro dominus, un sottile dolore, come una puntura che ci prende, a volte, all'imbocco dello stomaco. Questo sì, un punctum. Qualcosa che non va né su né giù. Come un cucchiaio di minestrone e noi lì come cretini, senza un bicchiere d'acqua che riesca a mandarlo giù.
  • L'irreversibilità degli eventi. Non è vero un cappio che nulla è irreversibile. Tutto, perlopiù, è irreversibile. Tutto quel che avviene non potrebbe non avvenire, o avvenire in un altro modo. Aviene perché doveva avvenire, punto e basta

Incipit di alcune opere

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Michelangelo poeta metafisico

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Michelangelo ha scritto nella sua vita più di trecento poesie. Ma le scriveva su fogli sparsi, sul retro di conti o sul margine di disegni. Non le ha mai raccolte, non le ha curate né divulgate se non agli amici per i quali le aveva scritte. Solo una volta, nel 1545, ha pensato a un'edizione, perché il suo grande amico letterato Luigi del Riccio lo spingeva a farlo e lo aiutava personalmente.

Più lontana della luna

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Veniva a trovarci tutti i venerdì, portando le bignole. Puntualmente come la morte, verso le sei. Assurdo imbottirsi di pasticcini a quell'ora, che non è merenda né cena. Ci si sente colpevoli e grassi. Ma lei era così gentile a portarceli, volevi dirle di no?

Bibliografia

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  • Paola Mastrocola, Una barca nel bosco, Ugo Guanda Editore, 2004.
  • Paola Mastrocola, Più lontana della luna, Ugo Guanda Editore, 2007.
  • Paola Mastrocola, Michelangelo poeta metafisico, Poesia, Anno XII, marzo 1999, n. 126, Crocetti Editore.

Altri progetti

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Opere

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