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Processo a Galileo Galilei

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Galilei accusato dall'Inquisizione romana

Citazioni sul processo a Galileo Galilei.

  • Certo ora noi vorremmo che la questione galileiana non fosse mai sorta; posto però il fatto, nella legislazione e nelle condizioni del tempo e degli uomini ben dovremmo sapercela spiegare, e pur riconoscendo i torti dove ci furono, non cadere in ingiustizie con nessuno, né in recriminazioni tribunizie, in tutto portando invece serenità ed equità. Del resto qualche cosa di quello, che intervenne a Galileo, non intervenne forse sempre? Ricordisi la Grecia antica. E presso i moderni?... Un maestro, un professore insegna una dottrina, che si giudica non buona: che si fa? Si provvede! Non ci sono per questo i Provveditori?... E si è pure, e da quanto tempo, nelle somme e inviolabili libertà! (Pietro Maffi)
  • Galileo si presentò [a Roma, per il suo processo] il 12 aprile 1633, e fu subito dichiarato in stato d'arresto. [...]. Al primo interrogatorio gli chiesero se si riconosceva colpevole. Rispose di no. Ma alcuni giorni dopo ammise di aver esposto la dottrina copernicana con più vigore di quella tolemaica, e si offrì di purgare il testo e di fare penitenza. Negli interrogatori successivi dichiarò che dall'editto del 1616[1] aveva smesso di dubitare della validità del sistema tolemaico, e ormai anche lui era arciconvinto ch'era il Sole a girare intorno alla Terra, non viceversa. Qualcuno dice che gli avevano strappato questa menzogna con la tortura. Con la tortura, no. Ma con la minaccia della tortura – ch'è già di per se stessa una tortura –, è probabile. (Indro Montanelli e Roberto Gervaso)
  • L'Inquisizione proclamò Galilei colpevole di eresia e gl'impose di rinnegare le sue teorie. Per quell'uomo orgoglioso dovett'essere terribile pronunciare, inginocchiato, l'atto di ritrattazione: «Con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie... e giuro che per l'avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o per iscritto, cose tali per le quali si possa haver di me simil sospitione, ma se conoscerò alcun heretico o che sia sospetto d'heresia, lo denuntiarò a questo Santo Offizio...». Dopodiché il Tribunale gl'inflisse la prigione «per un periodo da determinarsi a nostro piacere», e come penitenza, per tre anni, la recitazione quotidiana dei sette salmi penitenziali. Il Papa [Urbano VIII] non volle firmare la sentenza. Forse aveva tentato di addolcirla, ma i gesuiti gliel'avevano impedito. (Indro Montanelli e Roberto Gervaso)

Note

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  1. Il 5 marzo 1616, la Sacra Congregazione dell'Indice aveva pubblicato un decreto di condanna per il De revolutionibus orbium caelestium di Niccolò Copernico.

Voci correlate

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