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Rallye Monte-Carlo 1976

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La Lancia Stratos dell'equipaggio Munari-Maiga, vincitore del Rallye Monte-Carlo 1976, impegnata in un passaggio sul Col de Turini

Citazioni sul Rallye Monte-Carlo 1976.

  • Mancavano cinque o sei minuti alla partenza dell'ennesima prova di velocità, situata nel bel mezzo delle Alpi francesi. Dalla cima del colle che dovevamo scalare e scendere, ci informarono via radio che stava semplicemente piovendo. Via libera quindi al montaggio delle gomme da bagnato. Ma un minuto prima del via, la radio ricominciò a gracchiare: "Attenzione, attenzione: sta nevicando fortissimo!". Era troppo tardi per passare alle gomme coi chiodi [...]. Potevo solo andare, rischiando e sperando. La prova era lunga 38 chilometri; la neve comparve dall'ottavo in avanti. Era la prima volta che correvo con Silvio Malga come navigatore ed eravamo in testa con 4'30" su Guy Frenquélin su Porsche. Salivo mettendo le ruote ai lati della strada per cercare un po' di aderenza sull'erba. In quel momento mi sentivo attanagliato dal panico di non riuscire a raggiungere la vetta. Al di là della quale ci sarebbe stato ancora un filo di speranza di poter tentare una rimonta. Avanzavamo a fatica [...]. Gli altri erano partiti qualche minuto dopo e per questo avevano fatto in tempo a cambiare le gomme da pioggia con quelle da neve. Così molto presto cominciarono a superarci diverse vetture. [...] Alla fine, quei quattro minuti e mezzo si erano volatilizzati e noi retrocedemmo in seconda posizione con un distacco di 1" da Fréquelin. Waldegaard a sua volta era più indietro. [...] La strada del "St.-Jean-en-Royans", così si chiamava quel colle, aveva dato un colpo quasi mortale alla mia speranza di vincere per la terza volta il famoso Rally del mondiale. Ma naturalmente non mi arresi e all'ultima notte mi ritrovai ancora in testa con due minuti. [...] Sembrava fatta. Invece, al terzo passaggio sul colle del Turinì [...] mi si bloccò il cambio in quarta: un inconveniente che a quel tempo non era raro sulla [Lancia] Stratos. Avevo davanti dodici chilometri di salita e altrettanti di discesa. Il problema era quello di riuscire a superare i tornanti e raggiungere il colle. [...] I tornanti erano tutti molto stretti ed io disponevo soltanto della quarta... Ma prima di perdere una corsa come il "Montecarlo" solo perché ti si blocca il cambio, bisogna tentare tutto. Anche le follie. Si stava avvicinando il primo tornante. "Dobbiamo farcela – dissi a Silvio – altrimenti è la fine!". Entrai piano, per effettuare una traiettoria più rotonda possibile, ogni centimetro aveva la sua importanza. Credo di non aver mai curato tanto una curva in vita mia. Diedi solo un filo di gas [...] e un colpetto o due di frizione per alzare il numero dei giri senza correre il rischio di bruciarla. Un tornante era fatto, ne rimanevano ancora undici. A quel punto la speranza di farcela era sensibilmente aumentata. Piano piano, uno dopo l'altro, passarono tutti. [...] Finii la prova a circa un minuto da Waldegaard ma ancora con più di un minuto di vantaggio. Restava però l'incognita di sapere se il guasto fosse riparabile nei pochi minuti che avremmo potuto accumulare prima della partenza dell'ultima prova speciale. [...] decisi di continuare e di raggiungere l'inizio della successiva prova speciale dove sapevo che c'erano dei meccanici in grado di compiere forse un miracolo. Il nostro problema non era semplice: due forcelle del selettore si erano accavallate. Bisognava smontare la protezione della coppa dell'olio, svitare i bulloni della stessa, fare uscire l'olio bollente e recuperarlo in un contenitore di fortuna in quanto non c'era l'olio di scorta, toglierla, sbloccare le due forcelle, rimontare la coppa, rimettere l'olio. Un intervento che, nelle condizioni in cui ci trovavamo, richiedeva doti non comuni: tutto sotto la macchina scottava, c'erano pochi minuti a disposizione, era notte e pioveva. Arrivai un quarto d'ora prima della partenza per l'ultimo tratto cronometrato [...]. I meccanici erano stati avvisati via radio di prepararsi. Non scesi nemmeno di macchina. Ferdinando Casarsa e Piero Spriano si buttarono sotto la vettura. Sentii che qualcuno diceva: "Dai che ce la facciamo!". [...] Non montarono nemmeno la protezione della coppa dell'olio per guadagnar tempo. Esattamente quattordici minuti dopo il mio arrivo, il cambio era sbloccato. [...] Fu una sofferenza, ma quel "Montecarlo" non mi sfuggì. Ho vissuto decine e decine di volte i momenti degli arrivi vittoriosi, con la loro esaltazione e il loro stordimento, ma il trionfo di quel gennaio 1976 non l'ho mai dimenticato. Forse perché mi sentivo particolarmente in debito con Casarsa e Spriano: erano stati davvero eccezionali. (Sandro Munari)

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