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Schizofrenia

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"Il mattino ha l'oro in bocca" (da Shining)

Citazioni sulla schizofrenia.

  • C'è anche una pubblicità di una clinica per malattie mentali. Non le curano, le procurano. Il loro motto è "Non sarai mai solo con la schizofrenia"! (Dylan Dog)
  • L'intera umanità è eternamente schizofrenica. Forse esiste un comportamento nei confronti delle immagini della memoria che può essere definito ontogeneticamente originario e primitivo, benché rimanga secondario. In uno stadio successivo l'immagine della memoria non scatena un movimento riflesso pratico immediato, sia esso di natura religiosa o aggressiva. Ma le immagini della memoria sono ormai consciamente immagazzinate sotto forma di raffigurazioni o segni. Tra queste due fasi si situa un modo di trattare l'impressione che possiamo definire come forma di pensiero simbolico. (Aby Warburg)
  • La schizofrenia nasce sempre da una crisi d'identità. (Evilenko)
  • Lo schizofrenico è un'isola, una monade chiusa in una cella dell'esistere, in una prigione del mondo. In isolamento perché così può ancora respirare. (Vittorino Andreoli)
  • Mi prendono per il sedere tipo sedie | come quando sei malato di schizofrenia e il prete ti convince che il diavolo ti possiede. (Caparezza)
  • Se la specie umana sopravviverà, gli uomini del futuro considereranno la nostra epoca illuminata, immagino, come un vero e proprio secolo d'oscurantismo. Saranno indubbiamente capaci di apprezzare l'ironia di questa situazione in modo più divertente di noi. È di noi che rideranno. Sapranno che ciò che noi chiamiamo schizofrenia era una delle forme sotto cui – spesso per il tramite di gente del tutto ordinaria – la luce ha cominciato a filtrare attraverso le fessure delle nostre menti chiuse. (Ronald Laing)
  • Uno schizofrenico abbiente, ricoverato in una casa di cura privata, avrà una prognosi diversa da quella dello schizofrenico povero, ricoverato con l'ordinanza in ospedale psichiatrico. Ciò che caratterizzerà il ricovero del primo, non sarà soltanto il fatto di non venire automaticamente etichettato come un malato mentale "pericoloso a sé e agli altri e di pubblico scandalo", ma il tipo di ricovero di cui gode lo tutelerà dal venire destorificato, separato dalla propria realtà. (Franco Basaglia)
  • La passeggiata dello schizofrenico: un modello migliore di quella del nevrotico sul divano. Un po' d'aria aperta, una relazione con l'esterno. Per esempio la passeggiata di Lenz ricostruita da Büchner. È diverso dai momenti in cui Lenz si ritrova dal suo buon pastore, che lo forza a orizzontarsi socialmente, rispetto al Dio della religione, rispetto al padre, alla madre. Lí, al contrario, è nelle montagne, sotto la neve, con altri dei o senza dio del tutto, senza famiglia, senza padre ne madre, con la natura. «Che vuole mio padre? Può darmi di più? Impossibile. Lasciatemi in pace.»
  • Lo schizo dispone di modi di orientazione che gli son propri, perché dispone innanzitutto d'un codice di registrazione particolare che non coincide col codice sociale o non coincide con esso se non per farne la parodia. Si direbbe che lo schizofrenico passi da un codice all'altro, che confonda tutti i codici, in un rapido scivolamento, a seconda delle domande che gli vengono poste, senza dare da un giorno all'altro la stessa spiegazione, senza invocare la stessa genealogia, senza registrare allo stesso modo lo stesso avvenimento, accettando anche, quando glielo impongono e non è irritato, il banale codice edipico, salvo reinfarcirlo di tutte le disgiunzioni che questo codice era fatto per escludere.
  • Come si è potuto rappresentare lo schizo come uno straccio autistico, separato dal reale e tagliato fuori dalla vita? Peggio: come ha potuto la psichiatria farne praticamente uno straccio, ridurlo allo stato d'un corpo senza organi divenuto morto – lui che s'installava nel punto insopportabile ove lo spirito tocca la materia e ne vive ogni intensità, la consuma? E non bisognerebbe porre questo interrogativo in rapporto con un altro, in apparenza assai differente: come fa la psicanalisi per ridurre, il nevrotico questa volta, ad una povera creatura che consuma eternamente papà-mamma, e nient'altro? Come si è potuta ridurre la sintesi congiuntiva dell'«Era dunque questo!» del «Sono dunque io», all'eterna tetra scoperta dell'Edipo «È dunque mio padre, è dunque mia madre...» Non possiamo ancora rispondere a tali questioni. Vediamo solo a qual punto il consumo d'intensità pure sia estraneo alle figure famigliari, e quanto il tessuto congiuntivo dell'«È dunque...» sia estraneo al tessuto edipico.
  • Lungi dall'aver non si sa quale contatto con la vita, lo schizofrenico è piú di tutti vicino al cuore pulsante della realtà, a un punto intenso che si confonde con la produzione del reale, e che fa dire a Reich: «Ciò che caratterizza la schizofrenia, è l'esperienza di questo elemento vitale;... per quanto riguarda il loro sentimento della vita, il nevrotico e il perverso stanno allo schizofrenico come il bottegaio sordido al grande avventuriero». Allora ritorna la questione: cosa riduce lo schizofrenico alla sua figura autistica, ospitalizzata, dissociata dalla realtà? È il processo, o al contrario l'interruzione del processo, la sua esasperazione, la sua continuazione nel vuoto? Cosa costringe lo schizofrenico a ripiegarsi su un corpo senza organi ridiventato sordo, cieco e muto?
  • La fuga schizofrenica stessa non consiste solo nell'allontanarsi dal sociale, nel vivere ai margini: essa fa fuggire il sociale attraverso la molteplicità dei fori che lo rodono e lo trapassano, sempre in presa diretta su di esso, sempre in atto di disporre ovunque le cariche molecolari che faranno saltare quel che deve saltare, cadere quel che deve cadere, assicurando in ogni punto la conversione della schizofrenia come processo in forza effettivamente rivoluzionaria. Cos'è infatti lo schizo, se non prima di tutto colui che può sopportare «tutto questo», il danaro, la borsa, le forze di morte, diceva Nižinskij, valori, morali, patrie, religioni e certezze private? Tra lo schizo e il rivoluzionario c'è esattamente la differenza che passa tra colui che fugge e colui che sa far fuggire ciò che egli fugge, spaccando un tubo immondo, facendo passare un diluvio, liberando un flusso, incrociando una schiza. Lo schizo non è rivoluzionario, ma il processo schizofrenico (di cui lo schizo non è che l'interruzione, o la continuazione nel vuoto) è il potenziale della rivoluzione.

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