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Shirley Jackson

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Shirley Jackson

Shirley Jackson (1916 – 1965), scrittrice e giornalista statunitense.

La lotteria

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La mattina del 27 giugno era limpida e assolata, con un bel caldo da piena estate; i fiori sbocciavano a profusione e l'erba era di un verde smagliante. La gente del villaggio cominciò a radunarsi in piazza, fra l'ufficio postale e la banca, verso le dieci. In alcune città, dato il gran numero di abitanti, la lotteria durava due giorni, e bisognava cominciare addirittura il 26; ma in questo villaggio di trecento anime o giù di lì bastavano meno di due ore. Si poteva iniziare alle dieci del mattino e finire in tempo per il pranzo.

Citazioni

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  • "Ho saputo" disse Mr Adams al Vecchio Warner accanto a lui "che nel villaggio su a nord parlano di lasciar perdere la lotteria". Il Vecchio Warner sbuffò. "Pazzi scatenati" disse. "Se stai a sentire i giovani, non gli va bene niente. Manca poco che vorranno tornare a vivere nelle caverne, nessuno più che lavora, e prova a vivere così per un po'. Una volta c'era un detto, "Lotteria di giugno, spighe grosse in pugno". In men che non si dica mangeremmo tutti erba bollita e ghiande. Una lotteria c'è stata sempre" soggiunse stizzito." (p. 22)

Incipit di alcune opere

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Abbiamo sempre vissuto nel castello

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Mi chiamo Mary Katherine Blackcwood. Ho diciott'anni e abito con mia sorella Constance. Ho sempre pensato che con un pizzico di fortuna potevo nascere lupo mannaro, perché ho il medio e l'anulare della stessa lunghezza, ma mi sono dovuta accontentare. Detesto lavarmi, e i cani, e il rumore. Le mie passioni sono mia sorella Constance, Riccardo Cuor di Leone e l'Amanita phalloides, il fungo mortale. Gli altri membri della famiglia sono tutti morti.

Colloquio

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Il dottore aveva un'aria competente e perbene. Mrs Arnold fu vagamente confortata dal suo aspetto, e si sentì un po' meno agitata. Quando si sporse per farsi accendere la sigaretta capì che si era accorto che le tremava la mano, e fece un sorriso di scusa, ma lui la guardò serio.

Gente d'estate

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Il cottage di campagna degli Allison, a sette miglia dalla città più vicina, sorgeva sulla sommità di una collina; dava da tre lati su alberi e prati che raramente, persino in piena estate, erano asciutti. Sul quarto c'era il lago che lambiva il pontile di legno che gli Allison dovevano continuamente riparare e che appariva ugualmente bello sia che lo si guardasse dal portico frontale, sia da quello laterale, sia da qualsiasi altro punto delle scale di legno che scendevano all'acqua. Sebbene gli Allison amassero il loro cottage estivo e non vedessero l'ora di raggiungerlo all'inizio dell'estate e odiassero ripartire in autunno, non si preoccupavano di apportarvi alcun miglioramento, considerando il cottage stesso e il lago già un miglioramento della vita che rimaneva loro da vivere.

Il fantoccio

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Era un ristorante rispettabile, ovattato, con un buon cuoco e uno spettacolino di varietà; la gente che ci veniva rideva quietamente e mangiava di gusto, accettando che il conto fosse di regola un po' superiore a quanto il locale, il trattenimento e la compagnia giustificassero; era un ristorante rispettabile, simpatico, e due donne potevano andarci da sole con perfetto decoro, per una cena blandamente eccitante. Quando Mrs Wilkins e Mrs Straw, scendendo i gradini vestiti di moquette, entrarono senza rumore nel ristorante, nessun cameriere diede loro più di una rapida occhiata, pochi clienti si girarono, e il capocameriere le accolse con garbo, inchinandosi affabile, prima di volgersi alla sala e ai pochi tavoli vuoti giù in fondo.

Il meraviglioso estraneo

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Quella che potrebbe essere definita la prima avvisaglia di estraneità si ebbe alla stazione ferroviaria. Margaret c'era andata con i bambini, Smalljohn e la bimba, ad aspettare il marito che tornava da un viaggio d'affari a Boston. Poiché era insolitamente preoccupata di fare tardi, e magari di dare l'impressione di non essere ansiosa di rincontrare il marito che era" rimasto assente per una settimana, Margaret aveva vestito i bambini e li aveva sistemati nell'automobile e si erano recati alla stazione parecchio tempo prima dell'arrivo del treno.

Incubo

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Era una di quelle mattine primaverili di marzo; il cielo tra i palazzi era scintillante e azzurrissimo e nell'aria della città, scaldata dai motori e da un milione di respiri, c'erano una freschezza e un senso d'eccitazione che potevano provenire soltanto da una brezza partita dalla campagna, molto lontano da lì, e arrivata in città mentre tutti ancora dormivano, a rinfrescare l'aria del mattino. Miss Toni Morgan, andando dalla metropolitana al suo ufficio, si sistemò sul volto un morbido, dolce sorriso e lo lasciò lì mentre i suoi piedi ticchettavano veloci sul selciato. Indossava un cappello color blu reale con una scherzosa piuma rossa in cima, il suo completo era blu e il soprabito di tweed rosso e grigio, e le sue scarpe erano strette e a punta e un po' sgraziate quando camminava; erano blu scuro, con una riga rosso pallido che bordava la suola. Portava una borsetta blu con le sue iniziali in oro, e indossava dei guanti blu scuro con i bottoni rossi. Il soprabito le svolazzò attorno quando oltrepassò la porta girevole dell'alto edificio, e quando entrò nel suo ufficio, sessanta piani più in alto, si tolse con cura il soprabito e lo appese per bene nell'armadio, posando il cappello e i guanti sul ripiano in alto; era sempre precisa in tutto, e infatti erano le nove in punto quando si sedette alla scrivania, consultò l'agenda, strappò la prima pagina del calendario da tavolo, raddrizzò le spalle e aggiustò il sorriso. Il suo datore di lavoro arrivò alle nove e mezzo e la trovò impegnata a battere a macchina, ma lei alzò prontamente lo sguardo, sorrise e disse: «Buongiorno, Mr Lang», per poi sorridere di nuovo.

Invito a cena

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Non è possibile, ci penso spesso, camminare più in fretta che si può e allo stesso tempo prendersi a calci da soli. Certo, uno si può fermare, se proprio ci tiene, e provarci, ma sembrerà un po' sciocco, e io sciocca lo sembro già fin troppo.

L'incubo di Hill House

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Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant'anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva da sola.

La luna di miele di Mrs. Smith

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QUEL CHE RICORDO
Quel che ricordo con chiarezza dell'avere sedici anni è che si trattava di un'età particolarmente angosciante; dalla California, la nostra famiglia si stava trasferendo sulla costa Est, e io dovetti adattarmi a una nuova scuola e a nuove abitudini, tutte cose che sono convinta producano un forte senso di disagio in una sedicenne. Nella nuova scuola sospesero una lezione di chimica perché io potessi assistere alla mia prima nevicata; l'intera classe si precipitò fuori e si divertì a osservare le mie reazioni a un evento che non mi sognavo potesse accadere davvero.

La meridiana

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Dopo il funerale fecero ritorno alla villa, che ora apparteneva incontestabilmente a Mrs. Halloran. Si fermarono a disagio, senza alcuna certezza, nel grande e magnifico atrio, guardando Mrs. Halloran dirigersi nell'ala destra della villa per far sapere a Mr. Halloran che le esequie di Lionel si erano svolte senza melodrammi. La giovane Mrs. Halloran, seguendo con lo sguardo la suocera, disse senza speranza: «Magari schiatta sulla soglia. Fancy, tesoro, ti piacerebbe vedere la nonna schiattare sulla soglia?».

La nonna di Whistler

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L'anziana signora sul treno aveva chiaramente voglia di parlare. Era salita ad Albany ed era seduta nel posto accanto al corridoio. Elegante, nel suo impeccabile cappotto nero e un cappellino da vecchia signora, osservava la donna accanto a lei, impegnata a leggere un giallo, sorrideva ai bambini che correvano senza posa su e giù per la carrozza affollata, e guardava con affetto i due ufficiali di marina seduti dall'altra parte del corridoio.

La ragazza scomparsa

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Canticchiava, stonata, aggirandosi qua e là per la stanza e spostando gli oggetti con delicatezza, senza smettere di canticchiare. Betsy, curva sulla scrivania, irrigidì le spalle e chinò la testa sul libro con enfasi, sperando che quella parvenza di concentrazione potesse in qualche modo comunicare un desiderio di silenzio, ma la cantilena proseguì. Prendendo in considerazione l'idea di un gesto teatrale, scaraventare per terra il libro o urlare di fastidio, Betsy si disse, una volta di più, però non puoi prendertela con lei, proprio non puoi, e affondò ancora di più la testa.

Lizzie

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ELIZABETH
Anche se il museo godeva di notevole fama in quanto sede di un sapere immenso, le sue fondamenta avevano cominciato a cedere. Così si era prodotta nell'edificio un'inclinazione verso ovest, bizzarra e fastidiosamente vistosa, e nelle giovani donne della città, le cui energiche questue avevano sostentato il museo, una sconfinata vergogna e la tendenza a incolparsi a vicenda. Al tempo stesso il cedimento aveva divertito non il poco il personale, le cui diverse attività erano state alterate dalla decisa pendenza assunta dai pavimenti. Il responsabile del dinosauro, in effetti, aveva descritto con molto spirito la disposizione quasi fetale assunta dalle anguste ossa a lui affidate; e il numismatico, i cui esemplari mostravano la tendenza a scivolare battendo gli uni contro gli altri, fu sentito proferire commenti – fino alla noia – sugli armoniosi accostamenti venutisi così a creare. Il naturalista che si occupava degli uccelli impagliati e l'astronomo, le cui vite potevano quasi prescindere dall'equilibrio terreno, non risentirono in alcun modo del cedimento, se si eccettua la necessità di procedere come imboccando una curva inclinata per bilanciare il pavimento sghembo; camminare era, in ogni caso, un'attività poco familiare a entrambi, giacché l'uno s'interessava solo al volo, e l'altro al ruotare pago di sé delle sfere. Il dottissimo professore di archeologia, percorrendo distratto i corridoi obliqui, era stato visto mentre contemplava speranzoso le disgregate fondamenta. L'ingegnere e l'architetto, insieme alle stizzite cittadine, tentarono di dare la colpa in primo luogo alla scarsa qualità dei materiali utilizzati per la costruzione, in secondo luogo al peso eccezionale di alcune delle antichità ospitate all'interno; sul quotidiano locale un editoriale criticò la direzione del museo, la quale aveva consentito che le raccolte di meteoriti e minerali e un intero arsenale della Guerra Civile, disseppellito appena fuori città e comprendente due cannoni, venissero collocati nella parte occidentale dell'edificio; l'articolo sottolineava in tono asciutto che, se quell'ala avesse accolto invece l'esposizione di firme celebri e quella di abiti storici, forse le fondamenta non avrebbero ceduto o, quanto meno, non mentre i benefattori del museo erano ancora in vita. Poiché il quotidiano – contingente e non durevole – non era ammesso al di sotto del terzo piano, ovvero quello degli uffici, i cannoni e il resto poterono conservare la loro maldestra collocazione in barba agli editoriali, benché gli impiegati del terzo piano continuassero a leggere tutti i giorni le vignette e scorressero la prima pagina sperando di scoprirci le modalità della propria morte. La gente del terzo piano era portata alla riflessione, e credeva quasi a tutto quello che leggeva. In ciò, naturalmente, differiva poco o punto dagli eruditi residenti del primo e del secondo piano, i quali vivevano fra le vestigia imperiture del passato e facevano argute battutine sulla disintegrazione.

Lo sposo

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Non aveva dormito bene; dall'una e mezzo, quando andato via Jamie si era messa lentamente a letto, fino alle sette, quando si era risolta ad alzarsi per fare il caffè, aveva dormito a strappi, rivoltandosi tra le lenzuola, aprendo gli occhi nella semioscurità, rimuginando, scivolando di nuovo in sogni febbrili.

Magia di famiglia

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Ovviamente ricordo bene l'estate che Mallie passò con noi. Fu quando diventai capitano dei Crocodile e battemmo i Nine-Man Wonders di Acacia Street. Era solo tre estati fa, e ci eravamo trasferiti il primo dell'anno, quindi eravamo ancora relativamente nuovi in città. La mamma impazziva per tener dietro alla casa e occuparsi di noi. Quando era vivo il papà aveva avuto una domestica, ma adesso fare tutto da sola probabilmente era troppo per lei. E Dottie non la aiutava granché. Aveva lasciato una cinquantina di spasimanti nella città dove vivevamo prima e, quando non scriveva lettere a qualcuno di loro, se ne stava in camera a singhiozzare sulle loro fotografie e a tormentare la mamma con la storia che loro non scrivevano a lei. Io ero fuori allenamento col braccio di lancio e non sapevo se mi avrebbero fatto entrare nella squadra. E questo è quanto.

Nei momenti bui

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Mrs. Garden era seduta sulla poltrona imbottita nella sua stanza ammobiliata, e fumava. Era giovane, sui ventitré o ventiquattro anni. Esile e minuta, indossava una vestaglia azzurra di velluto a coste e aveva i bigodini sui capelli. Erano le undici del mattino. Stava finendo la terza tazza di caffè dalla caffettiera posata sulla piastra elettrica. Sul tavolino accanto a lei c'era una lettera. Posò la tazza, sollevò il foglio a righe e lo lesse un'altra volta. «Cara Mrs. Garden,» diceva «sento che in questo momento lei ha bisogno di un'amica. Quando ci siamo incontrate mi è parsa così forte e coraggiosa, malgrado i grandi problemi che la affliggono, e sono sicura che il suo giovane cuore sarà all'altezza di qualsiasi fardello. Nei momenti bui, ricordi sempre che i suoi amici pensano a lei e le augurano ogni bene». Firmato «A.H.». Qualche istante dopo, Mrs. Garden posò la lettera sul tavolino e si diresse verso il comò. Prese la borsetta e rovistò in cerca di una bustina di fiammiferi. Nella parte interna c'era scritto: «Mrs. Amelia Hope, 111 Mortimer Street, Brooklyn Heights».

Offre la casa

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Seduto su una seggiola pieghevole dietro il bancone del negozio di liquori, Artie Watson leggeva il giornale. Nelle sere di pioggia c'era poco lavoro e Steve, il suo socio, aveva fatto un salto alla gastronomia aperta di notte per comprare sandwich e latte. Artie sospirò e da sotto il bancone prese la matita per il cruciverba. Potevano anche chiudere, pensò. Se quando torna Steve non sarà ancora arrivato nessuno, gli proporrò di chiudere prima e andare a casa.

Pomeriggio d'estate

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Rosabelle Jemima Henderson, che poteva aprire e chiudere gli occhi e aveva veri capelli da arricciare e acconciare, era adagiata sul cuscino rosa nel suo passeggino di bambola. Accanto a lei, le lunghe ciglia che ombreggiavano le guance delicatamente incarnate sotto il tettuccio della carrozzina di bambola, dormiva Amelia Marian Dawson, che, tenuta per le mani, sapeva camminare e diceva mamma e papà su richiesta. Sui gradini d'ingresso della casa dei Dawson, accantonati per un momento i doveri materni, Jeannie Dawson e Carrie Henderson erano chine con fare solenne sul loro secondo gioco preferito, che chiavano il Popoli dei fiori. Jeannie aveva capelli biondi raccolti in una coda di cavallo con un nastro rosa, mentre Carrie aveva un taglio a caschetto scuro e indossava una camicia rossa. Per Carrie la mamma di Jeannie era la seconda mamma più bella del mondo, e il papà di Carrie, con le smorfie, riusciva a far ridere Jeannie fino a squittire.

Un'anziana signora in ristrettezze

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Era pomeriggio inoltrato ma, anche se si sentiva stanca dopo aver fatto compere per tutto il giorno, Kitty si sforzava di infilare dei veri salti nella camminata precipitosa dietro la bisnonna. Alla bisnonna piacevano le ragazzine attive, e lei stessa era ancora fresca come al mattino, quando erano uscite a comprare un cappotto nuovo per Kitty. Se Kitty camminava piano, lei si fermava e, dando colpetti severi con la punta del bastone, diceva: «Passo indolente, mente vacillante». Con tutta quella gente per strada, qualcuno puntualmente si metteva a ridere di loro, quindi Kitty accelerava, a volte aggrappandosi al braccio della bisnonna, a volte andando un po' più avanti, così da poter rallentare un istante mentre lei la raggiungeva.

Viaggio con signora

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«Tesoro,» disse Mrs Wilson incerta «sicuro che starai bene?».
«Sicuro» disse Joseph. Si tirò indietro velocemente mentre lei si chinava per baciarlo di nuovo. «Mamma» disse lui. «Ci stanno guardando tutti».
«Non so, secondo me qualcuno dovrebbe accompagnarlo» disse sua madre. «Sei sicuro che starà bene?» domandò a suo marito.
«Chi, Joe?» disse Mr Wilson. «Starà benissimo, non è vero, figliolo?».
«Certo» disse Joseph.
«Un ragazzo di nove anni dev'essere in grado di viaggiare da solo» disse Mr Wilson con il tono paziente di uno che abbia ripetuto queste stesse parole all'infinito per molti e molti giorni a una madre ansiosa.

Bibliografia

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  • Shirley Jackson, Abbiamo sempre vissuto nel castello (We Have Always Lived in the Castle, 1962), traduzione di Monica Pareschi, Adelphi, Milano, 2009. ISBN 9788845923661.
  • Shirley Jackson, Gente d'estate (The Summer People, 1950), traduzione di Grazia Alineri, in "Il colore del male. I capolavori dei maestri dell'horror", a cura di David G. Hartwell, Armenia, Milano, 1989. ISBN 8834404068.
  • Shirley Jackson, Il meraviglioso estraneo (The Beautiful Stranger, 1968), traduzione di Laura Pignatti, in "Il colore del male. I capolavori dei maestri dell'horror", a cura di David G. Hartwell, Armenia, Milano, 1989. ISBN 8834404068.
  • Shirley Jackson, L'incubo di Hill House (The Haunting of Hill House, 1959), traduzione di Monica Pareschi, Adelphi, Milano, 2004. ISBN 9788845918742.
  • Shirley Jackson, La lotteria (The Lottery, 1948), traduzione di Franco Salvatorelli, Adelphi, Milano, 2007. ISBN 9788845921841.
  • Shirley Jackson, La luna di miele di Mrs. Smith (The Honeymoon of Mrs Smith, 1996), traduzione di Simona Vinci, a cura di Laurence Jackson Hyman e Sarah Hyman DeWitt, Adelphi, Milano, 2020. ISBN 9788845935169.
  • Shirley Jackson, La meridiana (The Sundial, 1958), traduzione di Silvia Pareschi, Adelphi, Milano, 2021. ISBN 9788845936159.
  • Shirley Jackson, La ragazza scomparsa (The Missing Girl, 1957), contiene anche Viaggio con signora (Journey with a Lady, 1952) e Incubo (Nightmare), traduzione di Simona Vinci, Adelphi, Milano, 2019. ISBN 9788845933486.
  • Shirley Jackson, Lizzie (The Birdʼs Nest, 1954), traduzione di Laura Noulian, Adelphi, Milano, 2014. ISBN 9788845928918.
  • Shirley Jackson, Pomeriggio d'estate (Summer Afternoon, 1996), contiene anche Invito a cena (Dinner for a Gentleman, 2016), traduzione di Simona Vinci, Adelphi, Milano, 2020. ISBN 9788845982545.
  • Shirley Jackson, Un giorno come un altro (Just an Ordinary Day, 1996), contiene anche Offre la casa (On the House, 1943), Un'anziana signora in ristrettezze (Little Old Lady in Great Need, 1944), Nei momenti bui (When Things Get Dark, 1944), La nonna di Whistler (Whistler's Grandmother, 1945), Magia di famiglia (Family Magician, 1949) et.al., traduzione di Simona Vinci, a cura di Laurence Jackson Hyman e Sarah Hyman DeWitt, Adelphi, Milano, 2022. ISBN 9788845937385.

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