Carrubo: differenze tra le versioni
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*Chissà quale raziocinio o istinto, dottrina o presagio spinge un pittore a ritagliarsi questa o quella porzione nella totalità del visibile, per farne il proprio idolo iconico e quasi l'interprete privilegiato nel suo rapporto con l'infelicità della storia. Gli è sufficiente, talvolta, un elemento anche minimo – un manichino, una bottiglia, un muro – ed ecco, in virtù d'un miracolo che non finisce di meravigliarci, vivere in quella presenza, e splendere, il corpo intero dell'universo. Così per Piero Guccione l'albero: la vita, la morte e la passione dell'albero, sotto la specie doppia e contemporanea di creatura vegetale, inscritta all'anagrafe della nomenclatura botanica, e di carrubo-Cristo, emblema e testimonio incarnato del mondo offeso. ([[Gesualdo Bufalino]]) |
*Chissà quale raziocinio o istinto, dottrina o presagio spinge un pittore a ritagliarsi questa o quella porzione nella totalità del visibile, per farne il proprio idolo iconico e quasi l'interprete privilegiato nel suo rapporto con l'infelicità della storia. Gli è sufficiente, talvolta, un elemento anche minimo – un manichino, una bottiglia, un muro – ed ecco, in virtù d'un miracolo che non finisce di meravigliarci, vivere in quella presenza, e splendere, il corpo intero dell'universo. Così per Piero Guccione l'albero: la vita, la morte e la passione dell'albero, sotto la specie doppia e contemporanea di creatura vegetale, inscritta all'anagrafe della nomenclatura botanica, e di carrubo-Cristo, emblema e testimonio incarnato del mondo offeso. ([[Gesualdo Bufalino]]) |
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*''[[Settembre]], sono mature le carrube. Germa con sue maggiori quattro vele, | garbo o schirazzo, legni levantini | carichi di baccelli dolci e bruni | conduci verso l'[[Sardegna|isola dei Sardi]]. | E vien teco un odor di tetro miele. || La siliqua, che ingrassa la muletta | dall'ambio lene e in carestía disfama | la plebe dalla bianca dentatura,| lustra come i capelli tuoi castagni | mentre stai su la coffa alla vedetta. || Certo, d'olio di sèsamo son unte | quelle tue ciocche in forma di corimbi. | Certo, ritrovi or tu nel gran dolciore | del Mar Cilicio l'obliato carme | che alla Cipride piacque in Amatunte. || Settembre, teco esser vorremmo ovunque!'' ([[Gabriele D'Annunzio]]) |
*''[[Settembre]], sono mature le carrube. Germa con sue maggiori quattro vele, | garbo o schirazzo, legni levantini | carichi di baccelli dolci e bruni | conduci verso l'[[Sardegna|isola dei Sardi]]. | E vien teco un odor di tetro miele. || La siliqua, che ingrassa la muletta | dall'ambio lene e in carestía disfama | la plebe dalla bianca dentatura,| lustra come i capelli tuoi castagni | mentre stai su la coffa alla vedetta. || Certo, d'olio di sèsamo son unte | quelle tue ciocche in forma di corimbi. | Certo, ritrovi or tu nel gran dolciore | del Mar Cilicio l'obliato carme | che alla Cipride piacque in Amatunte. || Settembre, teco esser vorremmo ovunque!'' ([[Gabriele D'Annunzio]]) |
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==Galleria d'immagini== |
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File:Ceratonia siliqua p3.jpg|Rami |
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File:Ceratonia siliqua flower.jpg|Fiori |
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File:Ceratonia_siliqua_green_pods.jpg|Foglie e frutti |
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File:Carrube italia.JPG|Cesto di carrube |
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==Altri progetti== |
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Versione delle 17:06, 25 ago 2019
Citazioni sul carrubo.
- Chissà quale raziocinio o istinto, dottrina o presagio spinge un pittore a ritagliarsi questa o quella porzione nella totalità del visibile, per farne il proprio idolo iconico e quasi l'interprete privilegiato nel suo rapporto con l'infelicità della storia. Gli è sufficiente, talvolta, un elemento anche minimo – un manichino, una bottiglia, un muro – ed ecco, in virtù d'un miracolo che non finisce di meravigliarci, vivere in quella presenza, e splendere, il corpo intero dell'universo. Così per Piero Guccione l'albero: la vita, la morte e la passione dell'albero, sotto la specie doppia e contemporanea di creatura vegetale, inscritta all'anagrafe della nomenclatura botanica, e di carrubo-Cristo, emblema e testimonio incarnato del mondo offeso. (Gesualdo Bufalino)
- Settembre, sono mature le carrube. Germa con sue maggiori quattro vele, | garbo o schirazzo, legni levantini | carichi di baccelli dolci e bruni | conduci verso l'isola dei Sardi. | E vien teco un odor di tetro miele. || La siliqua, che ingrassa la muletta | dall'ambio lene e in carestía disfama | la plebe dalla bianca dentatura,| lustra come i capelli tuoi castagni | mentre stai su la coffa alla vedetta. || Certo, d'olio di sèsamo son unte | quelle tue ciocche in forma di corimbi. | Certo, ritrovi or tu nel gran dolciore | del Mar Cilicio l'obliato carme | che alla Cipride piacque in Amatunte. || Settembre, teco esser vorremmo ovunque! (Gabriele D'Annunzio)
Galleria d'immagini
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Rami
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Fiori
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Foglie e frutti
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Cesto di carrube
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