Ruggero Zangrandi: differenze tra le versioni

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*Vittorio era un ragazzo buono, leale, semplice, un po' indolente. Era cresciuto nella strada e con il padre, fino a quell'autunno, aveva avuto scarsi contatti. Dalla modesta casa di Milano, in via Foro Bonaparte, dove aveva vissuto gli anni dell'infanzia, non sempre facili, era capitato adesso a Roma, nella dimora principesca di Villa Torlonia e in una condizione che, presto, lo avrebbe esposto a favori e piaggerie.<br>Dotato di una intelligenza acuta, di un attento spirito critico, di una percezione precisa dell'indole – e delle intenzioni – del prossimo, egli tollerava per pigrizia quelle manifestazioni di servilismo, ma aveva finito col concepire per gli uomini un disprezzo che, a differenza di quello del padre, era indulgente e bonario. (cap. 1, p. 14)
*Vittorio era un ragazzo buono, leale, semplice, un po' indolente. Era cresciuto nella strada e con il padre, fino a quell'autunno, aveva avuto scarsi contatti. Dalla modesta casa di Milano, in via Foro Bonaparte, dove aveva vissuto gli anni dell'infanzia, non sempre facili, era capitato adesso a Roma, nella dimora principesca di Villa Torlonia e in una condizione che, presto, lo avrebbe esposto a favori e piaggerie.<br>Dotato di una intelligenza acuta, di un attento spirito critico, di una percezione precisa dell'indole – e delle intenzioni – del prossimo, egli tollerava per pigrizia quelle manifestazioni di servilismo, ma aveva finito col concepire per gli uomini un disprezzo che, a differenza di quello del padre, era indulgente e bonario. (cap. 1, p. 14)

*[...] i [[Littoriali]] divennero una di quelle manifestazioni − cui ho più volte accennato − nelle quali il fascismo non so se volle o fu costretto a comportarsi con relativa liberalità. Che ciò fosse dovuto a calcolo delle autorità politiche o – come ritengo più probabile – alla pressione, alla spregiudicatezza e, magari, all'intemperanza di molti partecipanti non è, in fondo, troppo importante. Ciò che conta è che, in quei dibattiti, trovarono riscontro tutte le posizioni che i giovani andavano assumendo di fronte al fascismo. (cap. 7, pp. 104-105)


*Salto a piè pari ciò che furono capaci di scrivere, nel corso del conflitto di Spagna, tra gli altri, inviati come Luigi Barzini senior, Indro Montanelli, Alberto Consiglio, Virgilio Lilli, Lamberti Sorrentino, Giovanni Artieri, Riccardo Forte. ecc. [...]<br>Mi limito per questo capitolo, a rammentare a mo' d'epigrafe le parole che [[Mario Missiroli]], un autore attento, misurato e cauto che aveva da difendere un passato e, più ancora, riuscì a salvaguardare, splendidamente, un avvenire di direttore di grandi quotidiani, seppe scrivere (''Raccolta'', giugno '40) in un articolo intitolato ''La guerra liberatrice'' che era tutto un atto di fede (di cattiva fede, evidentemente): "L'imperativo del Duce sarà gloriosamente attuato con una luminosa vittoria delle armi italiane: vinceremo perché è il Duce che ci guida!". (Appendice 4, pp. 414-415)
*Salto a piè pari ciò che furono capaci di scrivere, nel corso del conflitto di Spagna, tra gli altri, inviati come Luigi Barzini senior, Indro Montanelli, Alberto Consiglio, Virgilio Lilli, Lamberti Sorrentino, Giovanni Artieri, Riccardo Forte. ecc. [...]<br>Mi limito per questo capitolo, a rammentare a mo' d'epigrafe le parole che [[Mario Missiroli]], un autore attento, misurato e cauto che aveva da difendere un passato e, più ancora, riuscì a salvaguardare, splendidamente, un avvenire di direttore di grandi quotidiani, seppe scrivere (''Raccolta'', giugno '40) in un articolo intitolato ''La guerra liberatrice'' che era tutto un atto di fede (di cattiva fede, evidentemente): "L'imperativo del Duce sarà gloriosamente attuato con una luminosa vittoria delle armi italiane: vinceremo perché è il Duce che ci guida!". (Appendice 4, pp. 414-415)

Versione delle 15:08, 31 ago 2019

Ruggero Zangrandi (1915 – 1970), giornalista, scrittore e storico italiano.

Il lungo viaggio attraverso il fascismo

Incipit

Il mio lungo viaggio ebbe inizio da un porto molto remoto: sono stato, per dieci anni, amico di Vittorio Mussolini, il primogenito del duce.
Ci conoscemmo in terza ginnasio, nel '29. Provenivamo entrambi da un'altra scuola. Eravamo tutti e due di Milano. Vittorio era giunto a Roma in quei giorni e mi parlò della sua infanzia meneghina. Aveva giuocato a piazza Cordusio, io avevo giucato al Sempione: a Roma, quei due luoghi sembravano prossimi come l'Ortigara e il Monte Grappa nel ricordo nostalgico di vecchi combattenti. Simpatizzammo e rimanemmo compagni di banco fino all'ultimo anno di liceo.

Citazioni

  • Vittorio era un ragazzo buono, leale, semplice, un po' indolente. Era cresciuto nella strada e con il padre, fino a quell'autunno, aveva avuto scarsi contatti. Dalla modesta casa di Milano, in via Foro Bonaparte, dove aveva vissuto gli anni dell'infanzia, non sempre facili, era capitato adesso a Roma, nella dimora principesca di Villa Torlonia e in una condizione che, presto, lo avrebbe esposto a favori e piaggerie.
    Dotato di una intelligenza acuta, di un attento spirito critico, di una percezione precisa dell'indole – e delle intenzioni – del prossimo, egli tollerava per pigrizia quelle manifestazioni di servilismo, ma aveva finito col concepire per gli uomini un disprezzo che, a differenza di quello del padre, era indulgente e bonario. (cap. 1, p. 14)
  • [...] i Littoriali divennero una di quelle manifestazioni − cui ho più volte accennato − nelle quali il fascismo non so se volle o fu costretto a comportarsi con relativa liberalità. Che ciò fosse dovuto a calcolo delle autorità politiche o – come ritengo più probabile – alla pressione, alla spregiudicatezza e, magari, all'intemperanza di molti partecipanti non è, in fondo, troppo importante. Ciò che conta è che, in quei dibattiti, trovarono riscontro tutte le posizioni che i giovani andavano assumendo di fronte al fascismo. (cap. 7, pp. 104-105)
  • Salto a piè pari ciò che furono capaci di scrivere, nel corso del conflitto di Spagna, tra gli altri, inviati come Luigi Barzini senior, Indro Montanelli, Alberto Consiglio, Virgilio Lilli, Lamberti Sorrentino, Giovanni Artieri, Riccardo Forte. ecc. [...]
    Mi limito per questo capitolo, a rammentare a mo' d'epigrafe le parole che Mario Missiroli, un autore attento, misurato e cauto che aveva da difendere un passato e, più ancora, riuscì a salvaguardare, splendidamente, un avvenire di direttore di grandi quotidiani, seppe scrivere (Raccolta, giugno '40) in un articolo intitolato La guerra liberatrice che era tutto un atto di fede (di cattiva fede, evidentemente): "L'imperativo del Duce sarà gloriosamente attuato con una luminosa vittoria delle armi italiane: vinceremo perché è il Duce che ci guida!". (Appendice 4, pp. 414-415)

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