Utente:Dread83/DreadBox6

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La montagna incantata[modifica]

Incipit[modifica]

Nel colmo dell'estate un comune giovanotto partito da Amburgo, sua città natale, se ne andava a Davos-Platz, nei Grigioni, per un soggiorno di tre settimane.[1]

Citazioni[modifica]

  • Aspettare, si dice, è noioso. Ma è invece altrettanto, anzi propriamente, il contrario in quanto inghiotte periodi di tempo senza che siano vissuti e sfruttati per se stessi. (cap. V, Enciclopedia)
  • Di fatto il nostro morire riguarda più i sopravvissuti che noi stessi. (cap. VI, Soldato e uomo di coraggio)
  • [...] E mentre provava a mettersi nei panni del signor Albin e si figurava come dovesse sentirsi chi si fosse definitivamente liberato dal peso dell'onore e godesse per sempre gli inauditi vantaggi della vergogna, il giovane fu scosso da un senso di confusa dolcezza che per un po' impresse al suo cuore un palpito ancora più accelerato. (cap. III, Il sgnor Albin)
  • «Ha sentito parlare del terremoto di Lisbona?»
    «No... Un terremoto? Qui non leggo giornali...»
    «Lei mi fraintende. E giacché ci siamo, è deplorevole... e significativo di questo luogo... che lei trascuri di leggere i giornali. Ma lei mi fraintende. Il cataclisma cui alludo non è attuale, è avvenuto circa centocinquant'anni fa...»
    «Ho capito! Sì, sì... aspetti! Ho letto che quella notte, a Weimar, Goethe nella sua camera disse al domestico...»
    «Via, non volevo dir questo...» lo interruppe Settembrini chiudendo gli occhi e agitando la piccola mano bruna. «D'altro canto lei confonde le catastrofi. Lei ha in mente il terremoto di Messina. Io alludo alle scosse che sconvolsero Lisbona nel 1755.» (cap. V, Enciclopedia)
  • Il sintomo morboso, disse, sarebbe attività amorosa camuffata e ogni malattia amore trasmutato. (cap. IV, Analisi)
  • Io infatti non ho ancora incontrato un uomo perfettamente sano. (cap. I, Nel ristorante)
  • L'amore è opposto alla morte, esso solo, non la ragione, è più forte di essa. (cap. VI, Neve)
  • L'uomo non vive soltanto la sua vita personale come individuo, ma — cosciente o incosciente — anche quella della sua epoca e dei suoi contemporanei, e qualora dovesse considerare dati in modo assoluto e ovvio i fondamenti generali e obiettivi della sua esistenza ed essere altrettanto lontano dall'idea di volerli criticare quanto lo era in realtà il buon Castorp, è pur sempre possibile che senta vagamente compromesso dai loro difetti il proprio benessere morale. Il singolo può avere di mira parecchi fini, mete, speranze, previsioni, donde attinge l'impulso ad elevate fatiche e attività; se il suo ambiente impersonale, se l'epoca stessa, nonostante l'operosità interiore, è in fondo priva di speranze e prospettive, se furtivamente gli si rivela disperata, vana, disorientata e al quesito formulato, coscientemente o no, ma pur sempre formulato, di un ultimo significato, ultrapersonale, assoluto, di ogni fatica e attività, oppone un vacuo silenzio, ecco che proprio nel caso di uomini dabbene sarà quasi inevitabile un'azione paralizzante di questo stato di cose, la quale, passando attraverso il senso morale psichico, finisce con l'estendersi addirittura alla parte fisica e organica dell'individuo. Per aver voglia di svolgere un'attività notevole che sorpassi la misura di ciò che è soltanto imposto, senza che l'epoca sappia dare una risposta sufficiente alla domanda “a qual fine?”, occorrono una solitudine e intimità morale che si trova di rado ed è di natura eroica o una ben robusta vitalità. (cap. II, Dai Tienappel e le concezioni morali di Hans Castorp)
  • Ogni interessamento alla morte e alla malattia non è che un modo di esprimere l'interessamento alla vita. (cap. VI, Neve)
  • La malignità, caro signore, è lo spirito della critica, e la critica è l'origine del progresso e della civiltà. (cap. III, Satana)
  • La tolleranza diventa delitto quando riguarda il male. (cap. VI, Soldato e uomo di coraggio)
  • «[...] Qui c'è anzitutto molta Asia nell'atmosfera... non per nulla si vedono brulicare i tipi della Mongolia moscovita! Questa gente» e Settembrini accennò col mento dietro a sé, «non si regoli spiritualmente su di loro, non si lasci contagiare dai loro concetti, ponga invece la sua natura, la sua superiore natura contro la loro, e consideri sacro tutto quanto a lei, figlio dell'Occidente, del divino Occidente, figlio della civiltà, è sacro per natura e tradizione, per esempio il tempo! Codesta liberalità, codesta barbara larghezza nel consumo del tempo è stile asiatico... e forse per questo i figli dell'Oriente si trovano così bene quassù. Non ha mai notato che quando un russo dice "quattro ore" non dice più di quando uno di noi dice "una"? Non è difficile immaginare che la noncuranza di costoro in riferimento al tempo dipenda dalla selvaggia vastità del loro paese. Dove c'è molto spazio c'è molto tempo... infatti si dice che sono il popolo che ha tempo e può aspettare. Noi no, noi europei non possiamo. Abbiamo poco tempo, come il nostro nobile continente, articolato con tanto garbo, ha poco spazio, noi dobbiamo ricorrere alla precisa amministrazione dell'uno e dell'altro, allo sfruttamento, caro ingegnere! Prenda per simbolo le nostre grandi città, centri e fuochi della civiltà, crogioli del pensiero! Come il terreno vi rincara, e lo spreco di spazio diventa impossibile, nella stessa misura, noti, anche il tempo diviene sempre più prezioso. Carpe diem! Lo disse uno che viveva in una metropoli. Il tempo è un dono di Dio, dato all'uomo affinché ne usi... ne usi, ingegnere, al servizio dell'umano progresso!» (cap. V, Enciclopedia)
  • Scrivere bene significa quasi pensare bene, e di qui ci vuole poco per arrivare ad agire bene. (cap. IV, Sintomi di paura. I due nonni e la gita in barca nel crepuscolo)
  • [...] un fatto che fa sbollire i calori, che chiarisce; uno stato d'animo non resiste immutato al volgere delle ore.. (cap. VII, La grande irritazione)
Il tempo raffredda, il tempo chiarifica; nessuno stato d'animo si può mantenere del tutto inalterato nello scorrere delle ore.[2]
  • Un modo di pensare non è vivo se non ha occasione di combattere. (cap. VI, Dello stato di Dio e della mala redenzione)
  1. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.
  2. Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894