Attilio Brugnoli

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Attilio Brugnoli, fotografato da Mario Nunes Vais

Attilio Brugnoli (1880 – 1937), pianista, compositore, musicologo e didatta italiano.

La musica pianistica italiana dalle origini al 900[modifica]

  • [Alessandro Scarlatti] Egli ha indubbiamente i maggiori meriti come compositore teatrale, anzi, i suoi meriti in questo campo sono tali che molti hanno negato perfino aver egli mai scritto per clavicembalo. Il dubbio ha potuto nascere quando si è scoperto che alcune composizioni attribuite ad Alessandro erano invece del figlio Domenico; ma è avvenuto anche il contrario. (p. 56)
  • L'opera del Greco può stare a pari di quella di G. S. Bach e Pannain cita una Canzone Napolitana variata (il Ballo di Mantua) degna di stare vicino alla famosa Gavotta di Rameau. (p. 58)
  • Nella musica del Guglielmi tutte le risorse dell'opera buffa sono trasportate nel campo strumentale: ogni strumento è trattato con tale individualismo da assurgere all'importanza di un personaggio. (p. 64)
  • È cronologicamente probabile, anzi si può dire certo che l'opera di Paisiello abbia avuto influenza enorme nel pensiero e nella produzione di Mozart: non si capisce quindi per quale ragione si dica Mozartiana la sua musica e non Paiselliana quella di Mozart. (p. 65)
  • [...] nel 1866, [Giovanni Sgambati] eseguisce per la prima volta la Sinfonia a Dante di Liszt, che gliene aveva affidata la direzione. Qualcuno si maravigliò con Liszt che egli avesse affidato un còmpito di tanta importanza ad un giovane musicista ancora ignoto quale Sgambati, ma Liszt rispose semplicemente: «Sgambati comincia là dove altri non giungono quando finiscono». (pp. 99-100)
  • Nelle Melodie Poetiche certe audacie armoniche sono abbastanza significative e notevoli in uno spirito che si volle far passare per reazionario: ma tale non fu Sgambati. Spirito caustico, era per lui una necessità bollare coloro che in arte possono definirsi mezze figure, non dar quartiere a chi riteneva che dell'arte facesse mercimonio. Egli non sentì il Debussismo, il che può spiegarsi con la sua devozione alla musica dei suoi predecessori; ma ebbe sempre la sincerità di dichiararlo senza perciò diventare mai un denigratore. (p. 101)
  • [Sgambati] Fu un sincero in arte come nella vita e fu sinceramente Italiano. Mai e per nessuna ragione volle lasciare la sua Roma, malgrado gli fossero offerte condizioni invidiabili per recarsi all'estero. Ai giovani disse: «Studiate, se volete che ciò che scaturisce dalla vostra anima abbia virtù di comprendersi e di commuovere». (p. 101)
  • Chiunque supporrebbe che Giuseppe Martucci – data la sua origine meridionale e gli attributi che si affibbiano con grande faciloneria ai figli del Mezzogiorno – differisse dal suo quasi contemporaneo [Sgambati] per maggior copia di qualità esteriori: invece è difficile trovare uomo più austero, musicista più nobile ed elevato di Giuseppe Martucci. (p. 101)
  • Nella musica di lui [Martucci] troviamo dei meridionali tutte le qualità, ma nessun difetto, se si eccettua la sua primissima produzione. La passionalità vi si alterna con la gaiezza serena e l'espansività, le generosità proprie della razza si manifestano nell'abbondanza melodica che sempre accompagna la produzione martucciana. (pp. 101-102)
  • Martucci non conobbe feticismi musicali. Egli, pianista maraviglioso, direttore d'orchestra assolutamente eccezionale, accolse nei suoi programmi lavori anche di ignoti che giudicava degni di far conoscere al pubblico. Fu in Italia l'apostolo vero di Wagner e la prima esecuzione del Tristano che egli fece a Bologna è rimasta memorabile. (p. 103)

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