Beatrice d'Este

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Presunto ritratto di Beatrice d'Este, cerchia di Leonardo da Vinci, Bernardino de Conti (?), Giovanni Ambrogio de Predis (?)

Beatrice d'Este (1475 – 1497), consorte di Ludovico il Moro e duchessa di Milano e di Bari.

Citazioni di Beatrice d'Este[modifica]

  • Aris confeci vestes varia arte Beatrix quas auro intextas Daedala pinxit acus. [Iscrizione nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano][1]
  • [Sul periglioso viaggio verso Venezia del maggio 1493, dove incontrarono mare mosso] Arrivassimo al porto de Chioza, dove cominzando [a] ballare le nave, io haveva grande piacere a vederle, [...] ma [...] li fu in la compagnia [di quelli] che temetteno molto bene".[2]
  • [Beatrice domanda aiuti economini e militari al padre Ercole I d'Este in una grave crisi dello Stato di Milano nel maggio 1495.] Io [...] credo che la Signoria Vostra, vedendo un tanto bisogno e una cosa dove consiste el perdere e 'l vinzere del Signore Ducha mio [...] porà [potrà] trovare qualche modo chomo meglio li parerà per fare questo efetto che me è tanto a core quanto cosa avese mai, perché, reusendo [riuscendo], el Signore Ducha conosca avere uno parente de chi el se posa vallere [fare affidamento], e valendosene ne farà molto più caso [considerazione], e, per consequente, fazendo caso de la Signoria Vostra, farà caso de mi.[3]
  • [Sagace risposta data ad alcuni veneziani inopportuni:] Io [...] haveva el vezo de perle a collo et lo rubino in pecto [...] che ce ne fu quelli che missano quasi l'ochi fin sopra el pecto per guardarlo et vedendo tanta anxietà io li disse dovessimo venire a casa che gli lo mostraria voluntera.[4]
  • [Sulla lega operata dal marito nell'aprile 1493] La Excellentia Vostra [Eleonora d'Aragona] poe [può] mo' vedere se Dio lo ha inspirato [Il marito Ludovico] ad fare la lega cum el Papa et Venetiani, et in quale periculo restava rimanendo in li termini consueti, essendoli praticato contra da la Maestà regia.[5]
  • [Beatrice racconta al marito della propria permanenza a Venezia:] Non tacerò già anche a la Excellentia Vostra che passando io [...] per questo frequente populo [...] ognuno firmava la vista verso le gioye quale io haveva sopra l'ornamento de testa et la veste del porto et in spetie sopra la puncta del dyamante quale haveva nel pecto, cum dire l'uno verso l'altro: «E x'è la mugliere del Signor Ludovico, guarda che belli ballassi et puncta de dyamante ha![6]
  • [Sulla morte di Bianca Giovanna Sforza] Quantunche sia certa che la S. V. per lettera de lo Ill.mo S. Duca mio consorte serrà avisata de la immatura morte de la Ill.ma M.ma Biancha [...] niente di meno per el debito mio ho voluto anchora mi dargliene notitia, cum dirli che d'epsa morte ne havemo sentito quello cordoglio et affanno che extimar se potesse, per el loco quale teneva presso noi, e N. S. Dio habbia l'anima sua.[7]
  • [Beatrice rimprovera aspramente il padre per non aver mandato loro gli aiuti richiesti per far fronte alle minacce del duca d'Orléans.] Questa resposta, como è stata aliena da la expectatione [aspettativa] del predicto Signore nostro consorte et del credere nostro, cusì ha portato incredibile admiratione [meraviglia] e dispiacere alla Signoria Sua e a noi, parendo che la Excellentia Vostra dovesse havere facto omne [ogni] altra resolutione che questa, essendoli in consideratione la qualità de li tempi, el bisogno quale occurre alla Signoria Sua, la quale se persuadea non solo essere servita da lei voluntera de queste gente d'arme sue, ma presupponea che lei propria fusse venuta in persona, quando l'avesse ricercata, movendone anche lo iudicio quale se farà in Italia de questa resposta [...] Né credemo che la Signoria Vostra deve estimare che li 200 homini d'arme soi gli siano necessarii per conservatione del Stato, però che, a turbatione [aggressione] quale gli volesse essere facta da potentato grosso, non sariano sufficienti senza altro presidio, né per cosa privata gli sono necessarii. [...] a nui è rincresciuto che la gli habii negato li homini d'arme soi, et haveressimo desiderato che gli havesse pensato meglio. E cusì la pregamo a volergli satisfare per honore et beneficio commune, come ne confidiamo che la se resolverà de fare per non lassare del animo et amore Suo verso el predicto Signore nostro consorte et a noi altro iudicio ch'a quello che 'l debito e la rasone de la coniunctione del sangue vorria.[8]
  • [Prima lettera di Beatrice alla madre, scritta a meno di cinque anni] Signora mia, credo che io non sia bastarda et peiore delli altri fillioli de Vostra Illustrissima Signoria. Como ben sape che llo Signore mio padre me donao che me facessino uno collaro de ioge [gioie], fin al presente io non lo agio [ho]. Se Vostra Signoria non se recorda de me, chi se ne recorderà?[9][10]

Citazioni su Beatrice d'Este[modifica]

  • Al nostro duca venne a mancare il consiglio più efficace, l'anima delle sue imprese, colla morte della invitta Beatrice d'Este, che lui a sua voglia dominava, ed alla quale ostentava pubblicamente uno straordinario affetto, e da quell'ora non gli arrise più infatti sì propizia fortuna. (Pier Ambrogio Curti)
  • Al principio di quell'anno, cioè il 2 gennaio 1497, Lodovico ebbe la fatale sventura di veder morire di parto in Pavia, nella giovane età di ventidue anni, insieme al neonato Leone la consorte Beatrice, lasciandogli due figli in tenera età, Massimiliano di sei anni e Francesco di quattro. Benché Lodovico avesse talora avuto con essa modi brutali e malgrado le sue palesi relazioni con Cecilia Gallerani e Lucrezia Crivelli, egli le aveva sempre dimostrato grandissimo affetto. Ma più forse che vero amore per la nobile giovanetta il Moro sentiva profonda devozione per la donna di alto sentire che lo aveva sempre virilmente rinfrancato, quando il suo animo astuto e fastoso, ma non coraggioso, si abbandonava a volgarissimo sconforto. (Gustavo Uzielli)
  • Altera ed ambiziosa, di persona dignitosa, di lineamenti belli sì, ma maschi, distinguevasi per un'aria grave e imperiosa. Vestiva principescamente; il suo sguardo respirava il comando; il sorriso non atteggiava il suo labbro; ma appariva però in esso una specie di giovialità di condiscendenza. Tale era questa donna, che non poco impero seppe esercitare sul marito stesso; il quale tanto sapea raggirar gli altri. Mancava a Lodovico il Moro l'ardimento; ed era Beatrice che in questa parte sempre veniva in suo soccorso. (Giovanni Campiglio)
  • Andò all'esercito Lodovico Sforza, e con lui Beatrice sua moglie, che gli era assiduamente compagna non manco alle cose gravi che alle dilettevoli. (Francesco Guicciardini)
  • Beatrice aiutò di savissimi consigli il marito negli uffizi non pure di principe, ma di principe italiano; e tanto tempo prosperò quello stato, quanto una tal donna stette con Lodovico. Morta lei, la pubblica rovina non ebbe più ritegno. (Ignoto[11])
  • Beatrice bea, vivendo, il suo consorte, | e lo lascia infelice alla sua morte; | anzi tutta l'Italia, che con lei | fia triunfante, e senza lei, captiva. (Ludovico Ariosto)
  • Beatrice d'Este moglie del Moro fu giudicata più variamente dai vecchi storici. Il Calmetta ne parlò con ammirazione vantandone il perspicace ingegno, l'affabilità, la grazia, la liberalità, ammirandone la corte di gentiluomini, di musici e di poeti, i passatempi letterari così da esiger di continuo la lettura e la rappresentazione di commedie e di tragedie, e da gustare il commento alla Divina Commedia fatto metodicamente per uno Antonio Gripho homo in quella facultà prestantissimo che lo stesso Lodovico, quando le cure dello Stato glielo consentivano, ascoltava volentieri. (Francesco Malaguzzi Valeri)
  • Beatrice d'Este riusciva a cacciare da Novara il duca di Orleans, che se n'era impadronito, minacciando direttamente Milano su cui vantava diritti di possesso. La pace fu sottoscritta, e Carlo ritornò in Francia, senza aver tratto alcun serio frutto dalla sua impresa. Lodovico Sforza gioiva di tale risultato. Ma fu breve tripudio il suo, perocché nel 1497 gli venne meno, sopraparto, la moglie Beatrice d'Este. Spegnevasi questa donna forte e avveduta a soli 23 anni, e lasciava al marito due teneri figli: Massimiliano e Francesco. (Francesco Giarelli)
  • Beatrice d'Este, vergognosa della condotta del marito, che non volle lasciare il castello di Milano, e che pensò solo a provvedersi, a vegliarsi bene, e a implorare umilmente Venezia, Beatrice, quella nobile donna, tutta animata dal soffio virile che, nell'Italia di quel tempo, parve passare di uomo in donna, lasciò Milano ella stessa con un gran numero di dame e andò in pompa magna a Vigevano. Lì ricevette un'accoglienza mediocre; la sua stessa fermezza mise in evidenza le colpe di Ludovico in modo più crudele. Si recò al campo, con i commissari ducali, e cercò di incoraggiare tutti questi uomini: sollecitò il capitano ad agire e a tentare qualcosa. Lei riesce; il 27 giugno l'esercito decise di fare un movimento. Contarini e Galeazzo montarono a cavallo la mattina del 28, e lasciarono Vigevano alla testa di tutte le loro truppe, in ordine di battaglia, molto lentamente, molto cautamente. [...] La duchessa passò in rassegna le truppe nel paese, e tornò a Vigevano, lasciando che l'esercito avanzasse senza sparare un colpo sulla riva destra del Ticino, lungo la strada per Trecate. [...] Gli stessi capitani che avevano impedito al duca d'Orléans di avanzare, si opposero con forza alla sua battaglia rischiosa, nonostante la superiorità delle loro truppe. [...] Luigi d'Orléans si piegò di nuovo... raccolse le sue truppe e tornò in città. [...] alla notizia della sua ritirata, l'esercito italiano avanzò e occupò, davanti a Novara, le due postazioni abbandonate pochi istanti prima, Cerano e Trecate [...]. Luigi annunciò al re la sua decisione di rinchiudersi a Novara; aggiunse di non conoscere l'esatta forza dell'esercito di Vigevano, nel quale si vedeva solo gente strana, armata di lance e di spade, con la barba lunga e il cappello in testa: in una parola, gli stratioti. [...] I capitani, preoccupati solo dell'incolumità del re, decisero di tornare a Novara, senza fare nulla, un piano goffo, mal concepito, mal eseguito, per il quale Luigi d'Orléans pagò a caro prezzo. (René Maulde-La-Clavière)
  • Beatrice moglie di Lodouico (era costei figliuola di Hercole da Este) donna di superbia & grandissima pompa, le più volte soleua molto più arrogantemente che a donna non conveniua, intromettersi ne maneggi delle cose importanti, dispensare gli uffici, & commandare anchora a giudici delle cose criminali & ciuili, talche Lodouico, il quale fino allhora concio dalle lusinghe di lei, era tenuto molto amoreuole della moglie, era talhora costretto compiacere al desiderio della importuna donna. (Paolo Giovio)
  • Beatrice, principessa di grande ingegno e perspicacia, e benché giovane, delle cose di stato intendentissima. Sposata da due anni, non ancor ventenne, a Lodovico che toccati già avea gli otto lustri, eragli consigliera ed eccitatrice, dicesi, per ambizione di regno e femminili gare con Isabella moglie del duca Galeazzo, alla malaugurata chiamata di Carlo. (Samuele Romanin)
  • Bella, accorta, moglie di un principe di tanta splendidezza, larga di protezione a coloro che a lei per impieghi o per grazia avevano ricorso, s'attirò attorno una fioritissima corte di cui ella si mostrava l'anima, la delizia. Il trionfo di lei segnò la sconfitta d'Isabella. (Ignazio Cantù)
  • Bramosa di potere e pronta, pur di appropriarselo, a correre e far correre tutte le avventure, dalla discesa in Italia del re di Francia alla caduta rovinosa di casa d'Aragona [...] [Beatrice] aveva rivelato un carattere insospettato, una vigorosità [...] indice sicuro di volontà tenacissima e di propositi fermi. E il Moro finì per amarla più di quanto si potesse prevedere. (Luciano Chiappini)
  • Cecilia Gallerani e Lucrezia Crivelli soddisfacevano a Lodovico le aspirazioni del cuore e dei sensi, Beatrice era sprone alla sua ambizione. Egli lo sentiva. Quindi la morte della Duchessa fu certo causa in lui di profondo e sincero pianto. Tale infausto avvenimento segnò per il Moro il principio di una serie di sventure che sembrarono realizzare i tristi presentimenti di lui e che lo accasciarono, come non avrebbe certamente fatto se esso avesse avuto a fianco la nobile e fiera Consorte. (Gustavo Uzielli)
  • Certo, il posto delle donne non è nei campi. La virago non è accettata: non si combatte contro una donna, non la si fa prigioniera. Beatrice d'Este conduce arditamente Ludovico il Moro all'accampamento dirimpetto ai francesi, e là, mostrandogli un esercito tremante, tra le acclamazioni, in quell'ora solenne che si chiama la vigilia di una battaglia, è lei che fa battere il debole cuore del marito. (René Maulde-La-Clavière)
  • Coniugi che furono, Ludovico il Moro e Beatrice d'Este, s'amarono e s'intesero come nessuno sforzesco avrebbe sperato, e dall'idillio si passò presto e pubblicamente alla vera signoria che la elegante Napoletana vantò sul torbido ed irresoluto Milanese. Questi, anzi, non solo non lo nascose, ma ebbe parecchie volte a dichiarare d'aver associata al principato la sua donna, e la morte improvvisa e prematura di costei fu infatti un disastro per l'indipendenza di Milano e la rovina di Lodovico. (Gaetano Sangiorgio)
  • [Su Beatrice d'Este bambina] De essa pronostico che parrà una donna de gran animo e da comandare. (Diomede I Carafa)
  • Donna di animo virile, Beatrice aveva un grande ascendente sulla volontà di Lodovico: era l'unica confidente e la reggitrice dei suoi pensieri. L'immatura di lei morte, seguita nel 1497, sparse d'amarezze i giorni di Lodovico; egli non ebbe di poi che disastri e rovine. (Jean de Préchac)
  • È bene evocare questa affascinante figura di giovane donna che, nella sua breve vita, nonostante la sua civetteria e il suo infantilismo, ebbe abbastanza fermezza di carattere e fascino d'animo da occupare uno dei primi posti tra le principesse più illuminate e gli uomini politici più saggi del suo tempo. (Gustave Clausse)
  • E di vero la morte di Beatrice, la superba ed intelligente ferrarese, fu una grave sciagura per Ludovico il Moro. Essa era l'anima d'ogni sua impresa, era la vera regina del suo cuore e della sua corte [...]. Se il duca di Bari [...] riuscì a rappresentare sul teatro d'Europa una scena d'assai superiore, come fu osservato, alla condizione sua, lo si deve in gran parte a questa donna, vana femminilmente, se si vuole, e crudele, specie con la duchessa Isabella, ma di carattere risoluto e tenace, d'ingegno pronto, d'animo aperto a tutte le seduzioni del lusso e a tutte le attrattive dell'arte. Quando essa [...] venne meno [...] fu come una grande bufera che venne a sconvolgere l'animo di Ludovico. Né da essa ei si rimise più mai; quella morte fu il principio delle sue sciagure. Tetri presentimenti gli traversavano la mente; parevagli d'essere rimasto solo in un gran mare in tempesta e inclinava, pauroso, all'ascetismo. [...] il fantasma della sua bella e povera morta gli stava sempre dinanzi allo spirito. (Rodolfo Renier)
  • E infatti fu questo il più forte dolore che il Moro avesse a soffrire, perché Beatrice fu forse l'unica persona al mondo che egli amò con passione viva, disinteressata e tenace. Quella donna rapita ai vivi mentre era ancora così giovane, mentre era l'anima di tutte le imprese e i diletti del marito, madre da pochi anni di due fanciullini adorati, colpì il cuore di tutti. (Alessandro Luzio e Rodolfo Renier)
  • E Moro e Sforza e Viscontei colubri, | lei viva, formidabili saranno | da l’iperboree nievi ai lidi rubri, | da l’Indo ai monti ch’al tuo mar via danno: | lei morta, andran col regno degl’Insubri, | e con grave di tutta Italia danno, | in servitute; e fia stimata, senza | costei, ventura la somma prudenza. (Ludovico Ariosto)
  • [Sull'incontro con Carlo VIII di Francia] E stava sopra un corsiero in foggia ch'ella stava tutta dritta, né più né meno di come sarebbe stato un uomo [...] e aveva il petto tutto nudo, e intorno tutto pieno di perle ben grosse, con un rubino [...] e vi assicuro, madama, ch'ella danzò bene alla moda di Francia, benché dicesse che non vi aveva giammai danzato.[12] (Anonimo informatore francese alla duchessa di Borbone)[13]
  • [Su una grave malattia di Beatrice nel 1492] El Signore Ludovico la acarezza per modo che l'è uno stupore, basandola spesso, dimandandola perlina mia, vita mia, per modo che me move et intenerisse me a lacrimare [...] Il Signore Ludovico persevera pur in demonstratione de smesurato amore, e dice non [havere altro] piacere sopra quello lui sente a stare, et a parlare cum lei; la acareza per modo che pare anche acarezare fina el fanzulino che l'ha nel corpo; lei se governa cum gesti et modi pieni de venustate et de honestate insieme, subridendo cum lei e dulcemente parlando e risguardandolo, che me representa una mixtura de Venere e de Diana [...] In summa, considerando ogni cossa cum lo amore smesurato del marito, non credo che se ritrovi al mundo una altra dona meglio maritata de epsa. (Ludovico Carri)
  • Ella si intromise in tutti gli affari politici in cui il suo carattere energico sostenne l'indecisione del marito [...] e se possiamo biasimare questa giovane donna per il suo attaccamento alla conquista del potere, è giusto dire che riuscì a far temere a tutti i suoi vicini un principe pusillanime e pauroso. (Gustave Clausse)
  • [Di Beatrice bambina] ey [è] cosa [che] mai non crederissivo se non lo vidite, quanta modestia et descrecione ey in essa, et ve dico ey lo mio spasso, che a pena me sente che me vene ad trovare et me ciama [chiama] "lo Signor comte mio bello." Se io l’amo la Signoria Vostra lo pò penzare. (Diomede I Carafa)
  • [Luigi duca d'Orléans] in pochi giorni allestì un'armata piuttosto bella, con cui entrò a Novara e la prese, e in pochi giorni parimenti ebbe il castello, cosa che incuté una grande paura a Ludovico Sforza e fu quasi prossimo alla disperazione per la sua sorte, se non fosse stato confortato dalla moglie Beatrice [...] O poca gloria di un principe, al quale bisogna che la virtù di una donna doni il coraggio e gli faccia la guerra, per la salvezza del dominio! (Alessandro Salvago)
  • La ill.ma nostra consorte, essendoli questa nocte alle due hore venuto le dolie, alle cinque hore parturite uno fiolo maschio morto, et alle sei et meza rese el spirito a Dio, del quale acerbo et immaturo caso se trovamo in tanta amaritudine et cordolio quanta sij possibile sentire, et tanta che più grato ce saria stato morire noi prima et non vederne manchare quella che era la più cara cossa havessimo a questo mundo. (Ludovico il Moro)
  • La principessa ai suoi [di Carlo VIII di Francia] occhi era sembrata molto amabile, egli le offrì di ballare; Ludovico non era così preoccupato per questo come per gli entusiasmi del sire di Beauveau nei confronti della principessa sua moglie: Beauvau era un signore della corte di Carlo VIII, il più abile a farsi rapidamente amare dalle donne; egli ebbe l'audacia di voler compiacere la principessa. Ludovico, che se ne accorse, vedendo che i francesi avevano l'ardire di aggredire la gloria di un principe il quale, benché non avesse ancora la qualità di sovrano, ne aveva tutta l'autorità, si congedò dal re, e si ritirò in un castello a due passi da Asti, dove ogni giorno il Consiglio del Re andava a trovarlo. (Pierre de Lesconvel)
  • La quale era in giovanile età, bella e di colori scuri, inventrice di nuovi vestiti, giorno e notte stando in danze e in delizie: era onorata con grandissima cura da Ludovico, benché egli accogliesse come concubina Lucrezia dalla famiglia dei Crivelli; a causa della quale, per quanto la cosa rodesse le viscere della consorte, l'amore tuttavia da lei non si allontanava. (Francesco Muralto)
  • Lodovico [...] talmente era avvilito d'animo, che divisava di ricoverarsi in Arragona, ed ivi tranquillamente finire i suoi giorni in condizione privata. Ma Beatrice d'Este, come donna d'animo forte e valorosa, lo rincorò, e lo fece una volta pensar da Sovrano. (Carlo Morbio)
  • Madona Beatrice duchessa moglie dil Duca, era partita lei sola senza el marito, in compagnia de molte donne di castello de Milan, et andata a Vegevene, essendo prima andata per la terra de Milan con gran- pompa, tamen era mal vista da ogni uno, per l'hodio haveano a suo marito, el qual stava in castello et lì faceva li soi provedimenti, con bona custodia di la persona soa, et molto dimostrava amar la Signoria. Or che ditta Madona era andata in campo, el qual ora lì a Vegevene a dì 27 ditto, et zonse a hore 2 con alcuni comessarii dil Duca, sì per sopraveder le cosse, quam per inanimar el capitan suo facesse qual cossa. Item che intendeva che a Novara Opizin Cazabiauco et el Negro et li altri primarii cittadini che fonno causa di dar Novara a Franzesi, dubitando el Duca di Orliens non se acordasse con Milan, era andati, col suo miglior poteno portar, ad habitar a Verzei, et era per numero zerca 50; et questo era signal consideravano nunquam el Duca di Orliens poteva tenir quella terra, et dubitavano di la vita loro. Et per lettere di Bernardo Contarini sora i Stratioti se intese che a dì 28, a hore 12, di comandamento dil Duca et hora astrologica, col campo si levò da Vegevene et venne mia 4 ad alozar in uno loco chiomato Caxolo. Et come fonno partiti di Vegeveno tutto el campo in ordene mia uno lontano, fo posto el campo come havesse a far fatto d'arme, zoè partino le zente d'arme in cinque squadroni: le fanterie elemane inanzi, le fanterie italiane a drieto, cavalli lizieri et balestrieri, et da uno canto li Stratioti, et dall'altro ditti cavalli lizieri; di qual fo fatto do ale a le zente d'arme; et che la Duchessa volse venir a veder l'ordene dil campo, et poi lei ritornò a Vegevene, et el campo venne di longo ad alozarsi a Caxuol. (Marin Sanudo il Giovane)
  • Nel principio dell'Anno 1497, adì 2 di Gennajo, terminò ancora i suoi giorni in Milano, nel parto di un maschio morto, Beatrice Estense [...] principessa per bellezza, e per ingegno elevato, degna di maggior vita. Le storie di Milano ci fanno sapere, che Lodovico tenerissimamente l'amava, e fu inconsolabile per la sua morte, siccome ancora che splendidissime furono le esequie a lei fatte, e descritte dal Corio. Ma quelle di Ferrara notano, che Lodovico era perduto dietro ad una Donzella della Moglie, e che da molti mesi non passava fra loro comunione di letto. Aggiunge un'altra, essere stata Beatrice avvelenata da Francesca dal Verme ad istanza di Galeazzo Sanseverino, per quanto essa Francesca dopo alcuni anni propalò morendo. Il perché non si dice, potendosi solamente osservare, che per attestato d'esso Corio era morta poco tempo prima Bianca bastarda d'esso Duca Lodovico, e moglie di Galeazzo suddetto. Ma perciocché di questi fatti entrano facilmente le dicerie del volgo, io non mi fo mallevadore d'alcuna di queste notizie segrete. (Ludovico Antonio Muratori)
  • [Lettera di condoglianze dell'imperatore al duca Ludovico] Niente di più pesante o di più molesto poteva accaderci in questo momento, che essere tanto repentinamente privato di una congiunta tra le altre principesse a noi carissima, dopo l'incominciata più abbondante familiarità delle sue virtù, e che tu in verità, il quale da noi primariamente sei amato, sia stato privato non soltanto di una dolce consorte, ma di un'alleata del tuo principato, del sollievo dai tuoi affanni e dalle tue occupazioni. [...] Alla tua felicissima consorte non mancò nessuna virtù o della fortuna o del corpo o dell'animo che da chiunque potesse essere desiderata; nessuna dignità, nessun merito che potesse essere aggiunto. (Massimiliano I d'Asburgo)
  • Non ancora ventenne [...] Beatrice d'Este era già certa delle sue mete, sicura delle strade che bisognava seguire per arrivare in fondo. Donna di gran capricci, di grazie rare, di raffinatezze intellettuali, di caparbio orgoglio, odiava su tutto al mondo colei che le rubava, a suo parere, il primo posto di principessa a Milano, la generosa Isabella d'Aragona [...] E se non si può dar la colpa ad una donna dei grossi avvenimenti di poi, forse necessari in quel momento storico, è però vero che, se vi fosse stato bisogno di qualcuno che spingesse il Moro a chiamare gli stranieri in Italia per schiacciare e disperdere l'odiata dinastia aragonese, non si sarebbe potuto trovare nessuno più adatto di Beatrice. Ella era l'anima, ed un'indemoniata anima, della lotta che gli Sforza avevano impegnato contro il regno napoletano. (Maria Bellonci)
  • Pesami ancora che tutti non abbiate conosciuta la duchessa Beatrice di Milano [...], per non aver mai più a maravigliarvi di ingegno di donna. (Baldassarre Castiglione)
  • Poche figlie d'Eva hanno esercitato sugli uomini e sui loro tempi tanto fascino e tanta influenza quanta Beatrice [...] Caratteristica giovane questa Napoletana! Che educata tra i chiassi e le scaltrezze degli Aragonesi, crebbe spigliata insieme e colta tanto da saper tenere a Venezia un discorso solenne in latino, ed entusiasmare di sé Massimiliano imperatore e Carlo VIII [...]. Frivola e civettuola nelle apparenze, e biricchina al punto di correr per le vie come una donnicina del popolo, ma superba e tenace sul suo trono [...] (Gaetano Sangiorgio)
  • Principessa di somma perspicacia, benché giovane, versata nelle cose di stato, più che non soglion le donne [...] dominava il marito irresistibilmente, eragli consigliera ed eccitatrice, e fu veduta più tardi sul campo di Novara rialzarne l'abbattuto coraggio. (Samuele Romanin)
  • Quivi fra Isabella moglie del Duca, et Beatrice, per voler ciascuna di loro prevalere all'altra, tanto del luogo, et ornamento, quanto in altra cosa, nacque sì gran concorrenza e sdegno, che finalmente sono state cagioni della total ruina del loro Imperio. (Bernardino Corio)
  • Rideva e scherzava con lui, cavalcava con lui nelle sue spedizioni di caccia, mostrando il coraggio di un uomo, e quello di un uomo intrepido, di fronte al pericolo. Aveva un fine gusto innato per l'arte, che era la passione di Ludovico; lei, donna non ancora ventenne, appoggiò la politica del marito davanti alla Signoria di Venezia, senza successo, è vero, ma con coraggio e determinazione. Era davvero una virago, nell'onorevole senso medievale della parola. Una donna, come la definisce Gregorovius, elevata per coraggio e comprensione al di sopra del suo sesso.[14]

Vincenzo Calmeta[modifica]

  • Ah, duro, acerbo e repentino caso! | Parto colmo de duol, pieno de morte, | che desti a doi sì matutino caso! | Lo innocente figlio, ah dura sorte | per legge al gran falir nostro nimica, | fu destinato a le tartaree porte; | ma Lei, per premio d'ogni sua fatica, | rese al ciel l'alma ne la età immatura | e 'l casto corpo alla gran madre antica. | Quanto a la gloria, vixe oltra misura, | morendo vecchia nel vigesimo anno, | ben che vivesse poco a la natura, Et ebbe quel che raro i cieli danno: | senno e fortuna in giovenil etate, | cortesia profusa in alto scanno, | mente pudica in singular beltate, | sublime ingegno in cor puro e sincero, | alti pensieri in quieta umiltate, | grazie che fan ciascun degno de impero.
  • Beatrice, de Ercule Estense clarissimo Duca de Ferrara figliola e de Ludovico Sforza invicto Duca de Milano consorte, de acerbissimo dolore de parto oppressa, rese l'alma al celo nel più bel corso del suo vivere, correndo l'anno de la nostra salute MCCCCXCVII, a' giorni cinque de genaro, non avendo Lei ancora vintidoi anni de la sua florida età compiti. Fu donna de littere, musica, sòno e d'ogni altro exercizio virtuoso amantissima, e ne le cose de lo stato sopra el sexo e l'età, de toleranzia virile. Expediva le occurrenzie con tal destreza e unità, e non manco se partiva satisfacto chi da sua Signoria non obteneva el beneficio, che quello che el conseguiva. Adiungevase a questo una liberalità con sé, unde ben se po' veramente dire Lei a' suoi tempi essere stata unico receptaculo de ogni virtuoso spirito, per mezzo del quale ogni laudabile virtù se comenzava a mettere in uso. Ruppe la inexorabile morte tanti alti principii, e in mezo del corso e la sua gloria e felicitade se oppose. Fu generalmente sua morte, non solamente da tutta Lombardia, ma da tutta Italia e Cristianità deplorata. Fece el Duca Ludovico suo consorte, e fa ogni dì, tante dimostrazione de inquieto dolore, che per ogni venturo secolo lasserà a li posteri un memorabile exemplo in tanta turbidine. Adonqua io, che in lei ogni mia speranza aveva collocata e mia servitù fin a morte aveva dedicata, e trovandoveme in Roma per alcune mie occurenzie e ignaro de tanto caso, poi che me fu sua repentina e immatura morte annunciata, così amaramente incominciai a deplorare.
  • Haveva per soa dilettissima consorte il Duca Ludovico Beatrice da Esti di Hercule Duca di Ferrara figliola, la quale, advengaché fusse su el fiore de la adolescentia soa, era di tanto perspicace ingegno, affabilità, gratia, liberalità e generosità decorata, che a qual se voglia memorabile Donna antica si poteva equiperare, non havendo mai el pensiero in altro che in cose laudabili dispensare el tempo. Era la corte soa de homini in qual se voglia Virtù et exercitio copiosa e sopratutto de Musici e Poeti da li quali oltra le altre compositioni mai non passava mese che da loro o Egloga o Comedia o tragedia o altro novo spettaculo e representatione non se aspettasse. Leggevasi ordinatamente a tempo conveniente l'alta Comedia del Poeta vulgare per uno Antonio Gripho homo in quella facultà prestantissimo, né era piccola relaxatione d'animo a Ludovico Sforza quando absoluto da le grandi occupationi del stato poteva sentirla. [...] Né bastava alla Duchessa Beatrice solamente li virtuosi di soa Corte premiare et exaltare, ma da quale se voglia parte de Italia, donde poteva havere compositioni di qualche elegante Poeta, quella como cosa divina e sacra in li suoi secretissimi penetrali reponeva, laudando e premiando ogniuno secondo era il grado e merito di soa Virtude, in modo che la vulgare Poesia et arte oratoria dal Petrarcha e Boccaccio in qua quasi adulterata, prima da Laurentio Medice e suoi coetanei poi mediante la emulatione di questa et altre singularissime Donne di nostra etade, su la pristina dignitade essere ritornata se conprhede. [...] sopragiunse poi in un subito la repentina morte di questa gloriosa donna che da gran dolore nel parto oppressa rese la felice alma al Cielo non havendo XXI anno della florida età compiti. Per la quale morte ogni cosa andò in ruina e precipizio, e de lieto Paradiso in tenebroso inferno la corte se converse, onde ciascuno virtuoso a prendere altro camino fu astretto.

Note[modifica]

  1. Io, Beatrice, confezionai i drappi per gli altari con arte versatile, i quali intessuti con l'oro ricamò l'ago industrioso (F. Leverotti, Organizzazione della corte sforzesca e produzione serica, p. 20.)
  2. Mary Cartwright, Beatrice d'Este, Duchessa di Milano, traduzione di A. G. C., Edizioni Cenobio, Milano, 1945, pp. 166-176.
  3. Luisa Giordano, Beatrice d'Este (1475-1497), vol. 2, ETS, 2008, p. 59.
  4. Mary Cartwright, Beatrice d'Este, Duchessa di Milano, traduzione di A. G. C., Edizioni Cenobio, Milano, 1945 pp. 177-181.
  5. Luisa Giordano, Beatrice d'Este (1475-1497), vol. 2, ETS, 2008, p. 50.
  6. Luisa Giordano, Beatrice d'Este (1475-1497), vol. 2, ETS, 2008, pp. 46-47 e 150-151.
  7. Alessandro Luzio e Rodolfo Renier, Delle relazioni di Isabella d'Este Gonzaga con Ludovico e Beatrice Sforza, Tipografia Bortolotti di Giuseppe Prato, Milano, 1890, p. 125.
  8. Luisa Giordano, Beatrice d'Este (1475-1497), vol. 2, ETS, 2008, p. 60
  9. Maria Serena Mazzi, Come rose d'inverno, le signore della corte estense nel '400, Nuovecarte, 2004, p. 49.
  10. Valentina Prisco, Eleonora d'Aragona e la costruzione di un "corpo" politico al femminile (1450 -1493), Universidad de Zaragoza, 2019, p. 362.
  11. Lodovico Ariosto, Orlando Furioso, corredato di note storiche e filologiche, Volume 1, Austriaco, 1858, p. 303.
  12. [...] et estoit sur ce coursier en façon qu' elle estoit toute droite, ny plus ny moins que seroit un homme [...] et avoit la gorge toute nue, et à l'entour tout plein de perles bien fort grosses, avec un rubi [...] et vous assoure, Madame, qu'elle dansoit bien à la mode de France, veu qu'elle disoit quelle n'y avoit jamais dansé.
  13. Alessandro Luzio e Rodolfo Renier, Delle relazioni d'Isabella d'Este Gonzaga con Lodovico e Beatrice Sforza, Milano, Tipografia Bortolotti di Giuseppe Prato, 1890, pp. 99-100
  14. She laughed and jested with him, rode with him on his hunting expeditions, showing the courage of a man, and that a stout-hearted one, in face of danger. She had a fine native taste in art, which was Ludovico's passion; she, a woman not yet twenty, supported her husband's policy before the Signory ofVenice—unsuccessfully, it is true, but yet with courage and address. She was indeed a "virago", in the honourable mediaeval sense of the word. A woman, as Gregorovius defines it, raised by courage and understanding above the level of her sex. ("A fiftheenth-century virago" in The Saturday Review 1900-04-21: Vol 89 Iss 2321, p. 496).

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