Mario Pomilio

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Mario Pomilio

Mario Pomilio (1921 – 1990), scrittore, giornalista e politico italiano.

Citazioni di Mario Pomilio[modifica]

  • L'onestà intellettuale è un esercizio di moralità, una religiosità che si esplica non nei proclami, ma nella giustezza delle opre, non nel parlare in nome di Dio, ma nel fare quanto si fa come se si fosse al cospetto di Dio. (da Scritti cristiani, Rusconi, Milano, 1979, pp. 65-66)
  • La cattedrale di Teramo è una delle cose più singolari, più composite e insieme più schiette, che possegga l'arte italiana... il ricco portale cosmatesco e l'alta guglia gotica che lo corona slanciandosi al di sopra del cornicione, creano una dimensione nuova e rendono affatto inedita questa singolare facciata. (Da La Cattedrale di Teramo)
  • [Virgilio e Leopardi] [...] questi due solitari e pur diversi poeti della malinconia, questi due perpetui esuli della loro città natale, ambedue innamorati della natura e portati per temperamento ai toni dell’idillio, ma che ambedue scavarono dentro le misure dell’idillio per cantare la fatale tristezza dell’uomo; e pensate anche a ciò che ha significato per l’uno e l’altro l’incontro con Napoli, se l'Eneide intera, nella sua stessa dimensione religiosa, e in quel di più che essa ha rispetto alle opere precedenti, non la si potrebbe concepire senza la presenza di questo mare e di questi dintorni, e se l’ultima e più alta impennata di Leopardi e la stessa disperata religione de La ginestra presuppongano come scenario, "e di Capri la marina | e di Napoli il porto e Mergellina".[1]
  • "Più in là che Abruzzi",[2] faceva dire il Boccaccio a un suo personaggio per dare il senso del lontano, dell'appartato, del favoloso. E la sua può sicuramente essere assunta a espressione proverbiale per designare la condizione e la storia abruzzesi. (da Terra d'Abruzzo)
  • Tra i ricordi più nitidi che mi porto dietro dall'Abruzzo c'è quello del Gran Sasso, e della Maiella, veduti come li vidi, tutti pieni di neve, venendo giù in treno lungo la ferrovia che collega Roma a Pescara. Le parole servono a poco. Ma bisogna provare a figurarsi che cosa può diventare, per gli occhi, un'immensa parete di un bianco abbagliante alta in media 2500 metri e lunga circa 70 km. (da Abruzzo sospeso tra cielo e terra, 1983)

Introduzione a Il papa[modifica]

Incipit[modifica]

Che Il papa di Giorgio Saviane sia un romanzo per vari versi sconcertante dovettero accorgersene già i suoi primi recensori, che subito furono posti di fronte al problema d'una sua collocazione e d'una sua interpretazione. Ma non è che col passar del tempo le cose siano molto mutate. Il libro resta sconcertante. Lo è già per come è strutturato, secondo una serie d'epicentri narrativi che rompono la continuità d'un'opera che all'inizio sembrerebbe avviata entroi comodi alvei del romanzo-biografia, per un verso risolvendolo in una successione di scene-madri a forte tensione ideologica e drammatica, per l'altro lasciando filtrare una serie di suggestioni collaterali affidate a personaggi ed eventi che sembrerebbero a prima vista di semplice appoggio, ma poi alla resa estetica risultano non minori.

Citazioni[modifica]

  • In pochi romanzi s'avverte, come in questo, una sorta di dismisura tra lettera e senso o, se si preferisce, tra pretesto e metafora: cosicché, a provarsi a tracciare in un immaginario diagramma la curva delle cose effettivamente rappresentate e quella delle cose significate, è come se corressero assai più divaricate di quanto accada solitamente, è come se insomma qualsiasi tentativo di qualificare il romanzo in base a materiali narrativi che esso propone dovesse restar frustrato rispetto alla sostanziale alterità del suo effettivo messaggio. (p. 7)
  • [...] solo per un malinteso a Il papa ha potuto essere attribuita quella etichetta di «romanzo cattolico» che nella fretta dei primi approcci critici venne proposta da qualche parte e che, alla luce dei successivi sviluppi dell'arte di Saviane, si sarebbe dimostrata per lo meno provvisoria. (p. 7)
  • C'è certamente al fondo della personalità di Saviane un forte problematismo che lo configura come un tipico scrittore d'idee. (p. 11)
  • Dietro il profetismo illuminato di don Claudio c'è in fondo il volontarismo dei solitari, destinato come sempre a scontrarsi con le inerzie del reale. (p. 11)

Explicit[modifica]

Non è tanto per il personaggio recitare una sconfitta, quanto per l'autore investire di malinconia le sue tensioni d'intellettuale proiettato verso l'utopia.

L'uccello nella cupola[modifica]

Incipit[modifica]

Nulla sarebbe forse successo, quella sera, se le campane non avessero cominciato a suonare. Don Giacomo si trovava ancora nel confessionale: aveva appena finito di confessare le sue penitenti, che come al solito affluivano alla spicciolatatra le sei e le sette del giovedì, ed adesso di sentiva in preda a quello stato di raccoglimento, fatto di lassitudine ma anche un po' di contentezza e quasi di ebbrezza, a cui amava tanto abbandonarsi a quell'ora.

Citazioni[modifica]

  • Ecco, pensò, sono ancora come prima: ecco, ancora me stesso e il mio orgoglio, ancora la presunzione che possa essere una vittoria mia, e l'errore di pensare al male come ad una sostanza che va annientata, quand'esso è il contrario, è un'assenza, l'assenza d'amore che va riempita d'amore, il vuoto che va colmato. (p. 10)

La compromissione[modifica]

Incipit[modifica]

L'avevo accettato volentieri, quel pomeriggio, l'incarico di portare il saluto del partito. Ora però davanti al microfono avevo a un tratto paura, e non tanto della piccola folla adunata sotto il balcone, ma del vuoto, che scorgevo alle sue spalle e di quella città silenziosa, così indifferente al nostro comizio. Improvvisavo. Ma parlavo senza difficoltà, sebbene le parole mi venissero prive di calore. La colpa, senza dubbio, era del microfono. Come al solito, davanti al microfono mi sentivo disorientato: mi strappava via la voce senza che io potessi controllarla: come quando si parla a orecchie chiuse, o a occhi chiusi, che qualcosa toglie ogni concretezza a quel che si dice. Durò cinque, dieci minuti. Era poco?

Citazioni[modifica]

  • «Dalla cellula al quartiere, dal quartiere alla città; suscitare dal basso un'ondata d'entusiasmo popolare; fare in modo che la campagna elettorale del Fronte s'identifichi coi sentimenti più profondi delle masse...» Come se a Teramo fossero mai esistite delle tradizioni comunali, e come se le tradizioni comunali o gli stemmi dei quartieri avessero un rapporto qualsiasi con la campagna del Fronte. Ma Perrone era tornato il giorno prima da Roma, e a Roma, evidentemente, mettevano sullo stesso piano Teramo e Siena. (cap. I, 1)
  • In certi casi diventava quasi aggressivo: «Oh, oh, il socialista che va a messa! La domenica si lava i piedi e porta la moglie a messa.» «E tu non vai al casino?» provava a rispondergli goffamente Arrigo. (cap. II, 2)

Explicit[modifica]

Parlavo per loro, ma pensavo a me stesso e a quante altre cose, a mia volta, ho sperperate. Pensavo ad Arrigo che, ancora un mese fa, è venuto a domandarmi: «Ma perché non torni tra noi?» «E per che fare?» «Ma per lottare!» Per poco non gli ho riso in faccia. Eppure, subito dopo, ho capito d'invidiarlo e ho riflettuto, una volta di più, a quanto possa essere duro scoprirsi divenuti affatto incapaci sia di rifiuti che di certezze.

Citazioni su Mario Pomilio[modifica]

  • L'intellettuale, malgrado il non-conquistato e il non-adempiuto, è ancora sulla via di Damasco. È nato per significare a se stesso e agli altri una semplice verità riassuntiva: in tempi di decisioni supreme la esistenza del giusto e in tempi di conformismo la necessità della ricerca. L'intellettuale, che Pomilio ci ha dato, è forse l'uomo responsabile del nostro tempo preoccupato di non perdere il contatto con il reale già proteso verso «qualcosa» che è il domani. (Francesco Grisi)

Note[modifica]

  1. Citato in Fabio Pierangeli, «La luce volatile» di Napoli e «i paesi dell'anima»; in Le ragioni del romanzo Mario Pomilio e la vita letteraria a Napoli. In memoria di Carmine di Biase, a cura di Fabio Pierangeli e Paola Villani, presentazione di Lucio d'Alessandro, prefazione di Maria Antonietta Grignani, Edizioni Studium Roma, 2014, p. 156. ISBN 978-88-382-4283-0
  2. La citazione corretta è "Più là che Abruzzi", dal Decameron, giornata VIII, novella III.

Bibliografia[modifica]

  • Mario Pomilio, introduzione a Il papa; citato in Giorgio Saviane, Il papa, TEN, 1995. ISBN 88-7893-771-0
  • Mario Pomilio, L'uccello nella cupola, Rusconi, 1978. ISBN 8818133713
  • Mario Pomilio, La compromissione, Rusconi, 1965. ISBN 9788818134070
  • Mario Pomilio, Terra d'Abruzzo, in Abruzzo. La terra dei santi poveri. (Raccolta di scritti abruzzesi a cura di Dora Pomilio e Vittoriano Esposito), Edigrafital, Teramo, 1997.

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